Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2280 del 30/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 2280 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso

GAMBRU

28535 – 2013 proposto da:

DASCO

S.P.A.,

in

persona

del

legal

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio
dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ANDREA RONDO,
2017

GERMANO DONDI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

3804

contro

ANTONINI

ROBERTO,

CAPODILUPO

GIUSEPPE,

CENTRA

CLAUDIO, CERRONI ALDO, CIUFO RENATO, DI TRAPANO

Data pubblicazione: 30/01/2018

SALVATORE,

DI MACIO GAETANO,

COLASANTI LUIGI;

MOLINARI VINCENZA e GALASSI ADELE, queste ultime due
non in proprio ma quali eredi di PIETRO GALASSO,
GAMBA CLAUDIO, GAMBA EZIO, GENOVESI SALVATORE,
GIONGATI ERNESTO, FILIGENZI GIUSEPPE, MAMMUCARI

ENRICO, TASCIOTTI ROBERTO, VASTO ANGELO, VERARDI
GIUSEPPE, CORIDDI MAURO, DI CARLO LINO, LA PENNA
FABIO, RUSSO CARLO, CUPICCIA GIUSEPPE;
– intimati –

Nonché da:
ANTONINI

ROBERTO,

CAPODILUPO

GIUSEPPE,

CENTRA

CLAUDIO, CERRONI ALDO, CIUFO RENATO, DI TRAPANO
SALVATORE, DI MARCIO GAETANO, COLASANTI LUIGI;
MOLINARI VINCENZA e GALASSI ADELE, queste ultime due
non in proprio ma quali eredi di PIETRO GALASSO,
GAMBA CLAUDIO, GAMBA EZIO, GENOVESI SALVATORE,
GIONGATI ERNESTO, FILIGENZI GIUSEPPE, MAMMUCARI
CLAUDIO, MENEGHINELLO CLAUDIO, PELOSO ANGELO, ROSSI
ENRICO, TASCIOTTI ROBERTO, VASTO ANGELO, VERARDI
GIUSEPPE, CORIDDI MAURO, tutti elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 131, presso lo
studio dell’avvocato RENATO ARCHIDIACONO,
rappresentati e difesi dagli avvocati MAURIZIO
MANSUTTI, FRANCESCA OLIVA, giusta delega in atti;
– controricorrentí e ricorrenti incidentali –

CLAUDIO, MENEGHINELLO CLAUDIO, PELOSO ANGELO, ROSSI

contro

GAMBRO

DASCO

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio
dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e

GERMANO DONDI, giusta delega in atti;
– controricorrente ai ricorsi incidentali nonchè contro

DI CARLO LINO, LA PENNA FABIO, RUSSO CARLO, CUPICCIA
GIUSEPPE;

intimati

Nonché da:
DI CARLO LINO, RUSSO CARLO, CUPICCIA GIUSEPPE, LA
PENNA FABIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato PIER
LUIGI PANICI, che li rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

GAMBRO

DASCO

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio
dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ANDREA RONDO,
GERMANO DONDI, giusta delega in atti;

difende unitamente agli avvocati ANDREA RONDO,

- controricorrente ai ricorsi incidentali –

avverso la sentenza n. 7323/2013 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/10/2013 R.G.N.
549/2012+1;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

BALESTRIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato GERARDO VESCI;
udito l’Avvocato MAURIZIO MANSUTTI;
udito l’Avvocato ALESSANDRO BRUNETTI per delega
verbale Avvocato PIER LUIGI PANICI.

udienza del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO

RG 28535/13

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il ricorso al Tribunale di Latina i lavoratori di cui all’epigrafe
convenivano in giudizio la Gambro Dasco s.p.a. (d’ora in poi Gambro)
e la S.C.M. s.r.l. (d’ora in poi SCM), affinché fosse accertata e
dichiarata la nullità e l’invalidità dell’atto di cessione di ramo d’azienda
(stabilimento di Latina della Gambro, producente componentistica ed in

extracorporea del sangue, cui erano addetti), avvenuto in data
1.7.2008 dalla Gambro alla SCM; che lo stabilimento di Latina era solo
una unità produttiva priva di rilevanza ed autonomia ex artt. 2555 e
2112 comma 5 c.c.; che l’atto negoziale non configurava fattispecie di
cessione di azienda ed era dunque inefficace nei loro confronti; che essi
ricorrenti vantavano pertanto un diritto al risarcimento del danno in
misura di 5 mld. di C., oltre al trattamento economico reddituale
evincibile anche dall’accordo integrativo sottoscritto in data 23.5.06.
Le società convenute contestavano la fondatezza delle domande.
Il Tribunale, esperita l’istruttoria, con sentenza del 26.7.11, respingeva
il ricorso, compensando le spese di lite.
Avverso detta sentenza, hanno proposto appello Di Carlo Lino, Russo
Carlo, La Penna Fabio e Cupiccia Giuseppe per chiedere, in sua riforma,
l’accoglimento delle conclusioni formulate con l’originario ricorso.
Avverso la medesima sentenza hanno proposto distinto appello tutti gli
altri lavoratori indicati in epigrafe.
La Gambro si è costituita in entrambi i giudizi resistendo ai gravami,
mentre la SMC è rimasta contumace.
Con sentenza depositata il 21.10.13, la Corte d’appello di Roma
dichiarava inefficace la cessione del ramo di azienda in questione nei
confronti dei lavoratori in causa, condannando la Gambro al pagamento
delle spese del doppio grado.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Gambro, affidato a
cinque motivi.
Resistono, con distinti controricorsi, contenenti ricorsi incidentali
affidati ad unico motivo, Di Carlo, Russo, La Penna e Cupiccia, nonché i
restanti lavoratori. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
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particolare dispositivi ed apparati in plastica atossica per la circolazione

RG 28535/13

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia (ex art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c.) la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 111 Cost. 101,
112 e 115 c.p.c., lamentando che mentre i lavoratori si erano sempre
doluti solo dell’invalidità della cessione, per assenza di autonomia del

la sentenza impugnata ritenne la cessione invalida trattandosi di `mera
cessione di frazioni non coordinate tra loro, di semplici beni materiali
(macchinari ed arredi) privi di ogni correlazione alla originaria entità
economica’.
Il motivo è inammissibile denunciando errores in procedendo come
violazione di legge, e nella sostanza, comunque, la ricostruzione dei
fatti operata dalla sentenza impugnata nel vigore del novellato n. 5
dell’art. 360, comma 1, c.p.c.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2112 c.c.
Richiamati i principi affermati da questa Corte in tema di cessione di
ramo d’azienda, ed esclusa l’ammissibilità di ogni censura che abbia ad
oggetto la ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza impugnata,
afferma la ricorrente che la norma codicistica invocata non pretende
affatto che il ramo ceduto debba essere ‘l’esatta fotocopia’ della
configurazione che esso aveva presso il cedente, rilevando piuttosto se
i beni ceduti possano configurare una entità autonoma organizzata in
maniera stabile per l’esercizio di una attività economica. Che era
erronea l’affermazione della corte di merito secondo cui,
successivamente alla cessione, il ramo venga integrato
nell’organizzazione del cessionario, ovvero sia impiegato per lo
svolgimento di attività in parte differenti.
Il motivo è infondato.
La questione della cessione di ramo d’azienda è stata più volte
affrontata da questa Corte, da ultimo con sentenza 12.8.14 n. 17901,
da cui, anche per essere in linea con altri numerosi arresti di
legittimità, non si ha motivo di discostarsi.
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ramo d’azienda e non per l’entità e natura del ramo d’azienda ceduto,

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La giurisprudenza di legittimità è infatti oramai orientata nel ritenere
operante, anche a seguito del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32, il
principio per cui per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’art. 2112 c.c., deve
intendersi ogni entità economica organizzata la quale, in occasione del
trasferimento, conservi la sua identità

come del resto previsto dalla

prima parte del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 – presupponendo ciò
comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma

struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o
come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo,
essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di
espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o
uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà
dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto ad una entità
economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità (cfr. Cass. 15
aprile 2014 n. 8757, Cass. 4 dicembre 2012 n. 21711 e nello stesso
senso Cass. 8 giugno 2009 n. 13171 e Cass. 9 ottobre 2009 n. 21481).
Nella specie la sentenza impugnata ha accertato che il ramo d’azienda
ceduto aveva, prima del trasferimento, una sua autonomia nel senso
sopra riferito e tuttavia, al momento del trasferimento, non aveva
conservato la medesima struttura materiale né l’organizzazione di beni
e personale preesistenti; in particolare ha accertato che dalla cessione
vennero poi esclusi non solo la proprietà dello stabilimento ceduto e
dell’area su cui insisteva, ma soprattutto una parte non irrilevante delle
attrezzature (circa la metà delle fondamentali presse 1-larburgg, le
risorse patrimoniali in cassa ed i contratti in corso con i fornitori,
mentre l’acquirente SCM si obbligò a non destinare il ramo d’azienda in
questione alla produzione di macchine, accessori e dispositivi per dialisi
o destinati alla dialisi, escludendo inoltre dalla cessione l’acquisizione
dei diritti di proprietà e\o sull’uso di licenze, marchi, insegne e brevetti,
e su ogni altro diritto industriale o intellettuale o su beni immateriali;
venne esclusa, anzi smantellata, la cd. ‘sala bianca’ (o camera sterile).
Che dall’atto di cessione risultavano inoltre cedute solo una parte delle
presse (come chiarito dai testi, circa la metà), taluni arredi e piccoli
macchinari ausiliari, privando sostanzialmente il ramo ceduto di
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(potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste), e non anche una

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materiale e strumenti di importanza strategica per la produzione,
tanto che l’acquirente SCM si obbligò anche, in contratto, a non
destinare il ramo di azienda o gli elementi di questa alla produzione di
macchine, accessori e dispositivi per dialisi o destinati alla dialisi, e
dunque il ‘core business’ del ramo d’azienda ceduto.
Trattasi di accertamenti ed apprezzamento dei fatti e delle risultanze
istruttorie che non possono essere sindacati in questa sede alla luce del

Del resto, come pure affermato da questa Corte, non può ammettersi
un trasferimento di ramo d’azienda con riferimento alla sola decisione,
assunta dal soggetto cedente, di unificare alcuni beni e lavoratori,
affidando a questi un’unica funzione al momento del trasferimento.
Tanto infatti contrasterebbe, e con le direttive comunitarie nn. 1998/50
e 2001/23 che richiedono già prima di quest’atto “un entità economica
che conservi la propria identità” ossia un assetto già formato, e con gli
artt. 4 e 36 Cost. che impediscono di rimettere discipline inderogabili di
tutela dei lavoratori (sent. n. 115 del 1994 della Corte Cost.) ad un
mero atto di volontà del datore di lavoro, incontrollabile per l’assenza
di riferimento oggettivi (Cfr. Cass. 15 aprile 2014 n. 8757 e Cass. 4
dicembre 2012 n. 21711 cit.). Né a diverse conclusioni può indurre la
sentenza 6 marzo 2014 della Corte di Giustizia resa nella causa
Lorenzo Amatori e altri C-458/12, secondo la quale l’art. 1, par. 1, lett.
a) e b), della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una
normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale,
la quale, in presenza di un trasferimento di una parte di impresa,
consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di
lavoro nell’ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca
un’entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo
trasferimento.
La richiamata pronuncia,infatti, interviene su questione pregiudiziale
sollevata dal Tribunale di Trento che muoveva dall’errato presupposto
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novellato n. 5 dell’art. 360, co.l. c.p.c.

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che la norma interna, quale quella dettata dall’art. 2112 c.c., comma 5,
consentisse la successione del cessionario nei rapporti di lavoro del
cedente, senza necessità del consenso dei lavoratori ceduti, anche
qualora la parte di azienda oggetto del trasferimento non costituisca
un’entità economica funzionalmente autonoma già preesistente al
trasferimento, tanto da poter essere identificata come tale dal cedente
e dal cessionario al momento del suo trasferimento.

occorre, ai fini di cui trattasi, il requisito della preesistenza e
conservazione, ma che è consentito agli stati membri prevedere una
norma che estenda l’obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori
trasferiti anche in caso di non preesistenza del ramo d’azienda.
D’altro canto la stessa Corte, nella citata sentenza, ribadisce che, ai fini
dell’applicazione della richiamata direttiva 2001/23, l’entità economica
in questione deve in particolare, anteriormente al trasferimento e
successivamente ad esso, godere di un’autonomia funzionale
sufficiente.
3.- Con il terzo motivo la Gambro denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c., l’errata applicazione dell’art. 115 c.p.c. oltre al’omesso esame di
fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le
parti, ed in particolare circa la consistenza del ramo d’azienda ceduto;
l’irrilevanza del mancato trasferimento della proprietà dell’immobile; la
erronea valutazione delle risultanze istruttorie; la consistenza di taluni
crediti ceduti (nella specie quello di 4,3 milioni di €., vantato dalla
Gambro nei confronti della CRT Immobiliare); i verbali ispettivi del
3.2.11, da cui risultava che i prodotti dello stabilimento ceduto, presso
la SCM, erano del tutto simili e dello stesso genere di quelli della
Gambro.
Il motivo è inammissibile in quanto, ampiamente esaminato dalla corte
capitolina il fatto decisivo, diretto esplicitamente ad una nuova
valutazione delle circostanze di causa, in contrasto col novellato n. 5
dell’art. 360, comma 1, c.p.c.
4.- Con il quarto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 2112
c.c. alla luce delle risultanze istruttorie complessive emerse, in

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Inoltre la sentenza comunitaria va letta, non nel senso che non

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relazione alle quali deve accertarsi la sussistenza di un ramo di
azienda.
Anche tale motivo è inammissibile per le stesse considerazioni svolte in
ordine a quello che precede.
5.- Con il quinto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 1406
c.c. Lamenta in particolare che la sentenza impugnata è errata laddove
ha escluso l’eccepito difetto di interesse ad agire in capo al lavoratore

accordo sindacale (del 9.6.08) confermativo della cessione del ramo
d’azienda de quo, mostrando così la volontà di aderire alla cessione
stessa. E lo stesso doveva affermarsi con riferimento

a quei

sindacalisti che, una volta passati alle dipendenze di SCM, vennero
eletti in seno alla r.s.u. con ciò parimenti mostrando di aver aderito alla
cessione dei loro contratti di lavoro.
Anche tale motivo è inammissibile, riguardando a ben vedere una
diversa valutazione delle risultanze istruttorie ed interpretazione degli
accordi sottoscritti dal Galassi e taluni altri sindacalisti, attività
riservata al giudice del merito, che nella specie ha osservato che detti
accordi, inerenti il trasferimento in questione e sottoscritti quali
sindacalisti, non contenevano alcuna volontà abdicativa circa il diritto di
azione in ordine alla legittimità del trasferimento, tanto più che
l’accordo 9.6.08 subordinò l’efficacia dell’accordo alla sua
approvazione, tramite referendum, da parte dei lavoratori, referendum
che ebbe esito negativo, ed ove ancora si consideri che ad avviso della
corte di merito l’illegittimità del trasferimento non era in re ipsa ma si
verificò successivamente nel momento dell’effettiva traslazione del
ramo di azienda e relativi beni ceduti.
6.- Con i ricorsi incidentali taluni dei lavoratori in causa censurano la
sentenza impugnata per non aver riconosciuto loro il richiesto
risarcimento del danno.
Anche i ricorsi incidentali non meritano accoglimento considerato che,
pur potendosi in tal caso invocare il risarcimento del danno, la
sentenza impugnata ha dichiarato l’inefficacia, e non solo l’illegittimità,
del trasferimento di ramo di azienda del 1.7.08, di cui si discute, nei
confronti dei lavoratori, conseguendone il loro diritto alle retribuzioni
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Galassi Pietro (e quindi dei suoi eredi), avendo questi sottoscritto un

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non percepite dalla Gambro sin dal momento della cessione in poi, e
non essendo ulteriori danni chiariti e provati dai lavoratori.
7.- Entrambi i ricorsi debbono pertanto essere rigettati.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del
presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

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parti le spese del presente giudizio di legittimità.

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La Corte rigetta il ricorso principale e quelli incidentali. Compensa tra le

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Roma, cosi deciso nella camera di consiglio del 4 ottobre 2017

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