Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2280 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2280 Anno 2014
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 24751-2007 proposto da:
STAMP ART DI ESPOSITO PASQUALE & C. SAS in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA VALLECORTENO 60, presso lo
studio dell’avvocato CESARO LUIGI, rappresentato e
difeso dall’avvocato CAPONE LUIGI giusta delega a
2013

margine;
– ricorrente –

3618

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CASORIA;
– intimato –

avverso la sentenza n.

103/2006 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 03/02/2014

di NAPOLI, depositata il 30/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto in subordine accoglimento II ° motivo del
ricorso, assorbiti gli altri.

Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La CTR della Campania, con la sentenza impugnata, ha
rigettato il ricorso proposto dalla Stamp Art Sas, di Esposito

recupero del credito d’imposta per l’incremento
dell’occupazione, di cui all’art 4 della L. n. 449 del 1997. I
giudici d’appello hanno rilevato che: a) il processo verbale su cui
l’atto impositivo si fondava era stato in precedenza notificato
alla contribuente, b) il mancato rispetto del termine di sessanta
giorni di cui all’art. 12, co 7, della L. n. 212 del 2000 non
comportava la nullità dell’avviso; c) la presentazione di richiesta
di definizione automatica del credito d’imposta non ne escludeva
la successiva revoca.
Per la cassazione della sentenza, ricorre la contribuente.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, si deduce violazione degli artt. 7 e 12,
della L. 212 del 2000, in riferimento all’art. 360, 1° co, n. 3 cpc,
per avere la CTR ritenuto legittimo l’atto impositivo nonostante:
a) non fosse ad esso allegato il processo verbale di accesso al
quale esso faceva riferimento; b) fosse stato notificato prima
dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dallo Statuto
del contribuente.
2. Il motivo è fondato nella prospettazione sub b). Le
Sezioni Unite della Corte, chiamate a comporre il contrasto

I

Pasquale e C., avverso l’avviso col quale era stato disposto il

esistente in giurisprudenza circa le conseguenze del mancato
rispetto del termine di cui alla menzionato articolo 12 dello
Statuto del contribuente, con la sentenza n. 18184 del 2013,

garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art, 12,
comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere
interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di
sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti
sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei
locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo
verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo
che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità
dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è
posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei
principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona
fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e
più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio
invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione
nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato
l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto
requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui
ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale
emissione, deve essere provata dall’Ufficio”. 3. A tale stregua,

2

hanno affermato il seguente principio: “In tema di diritti e

non essendo neppure state allegate specifiche ragioni d’urgenza,
esonerative dall’osservanza del termine, la ritenuta legittimità
dell’atto impositivo non è conforme a diritto, dovendo, solo,

di credito d’imposta è irrilevante: ciò che rileva, infatti, non è
tanto che si sia in presenza di un avviso d’accertamento in senso
stretto, quanto, piuttosto, che l’atto impugnato sia stato emesso
all’esito di un accesso, un’ispezione o una verifica (la citata
sentenza delle SU n. 18184 del 2013 è stata resa, proprio, in un
caso di recupero di credito d’imposta).
4. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata,
restando assorbito l’esame del profilo sub a), nonché delle altre
censure proposte, con cui si denuncia la nullità della sentenza, il
vizio di motivazione e la violazione di legge. Non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere
decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
5. Le spese del giudizio vanno interamente compensate tra
le parti, essendosi la giurisprudenza formata in epoca successiva
alla proposizione del ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito,
accoglie il ricorso introduttivo. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013.

aggiungersi che la circostanza che si tratti di un caso di recupero

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