Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 228 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/01/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14836-2014 proposto da:

NUOVA CROCE VERDE ROMANA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente principale –

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

NUOVA CROCE VERDE ROMANA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 5048/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/06/2014 R.G.N. 7916/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

1.La Nuova Croce Verde Romana s.r.l. proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale con la quale l’agente della riscossione per la provincia di Roma le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.515.087,94 dovuta all’INPS a titolo di contributi omessi nel periodo dal settembre 2001 all’ottobre 2007. Il Tribunale dichiarava illegittima l’iscrizione ruolo limitatamente all’importo di Euro 90.255,07 e riteneva per il resto fondata la pretesa dell’Istituto previdenziale.

2. La Corte d’Appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla Nuova Croce Verde Romana s.r.l. e dichiarava non dovuti perchè estinti per prescrizione i contributi relativi al lavoratore C.A. pretesi dall’INPS fino al 10 dicembre 2002. Confermava nel resto la sentenza di primo grado.

3. Per la cassazione della sentenza La Nuova Croce Verde Romana s.r.l. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’INPS con controricorso; l’Inps ha proposto altresì ricorso incidentale, affidato ad un motivo, cui nuova La Nuova Croce Verde Romana s.r.l. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. la società ricorrente deduce la violazione degli artt. 342,444 e 112 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento e la conseguente omessa pronuncia nel merito nei motivi di gravame. Sostiene che il giudice di secondo grado avrebbe errato nel dichiarare inammissibile il motivo d’appello con cui si deduceva la mancata valutazione da parte del giudice di prime cure degli effetti delle stabilizzazioni di cui alla L. n. 296 del 2006, stabilizzazioni che sarebbero intervenute in relazione ad alcuni lavoratori oggetto dell’accertamento ispettivo. La ricorrente sostiene che contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, il motivo di gravame era idoneo a costituire una valida e specifica censura alla sentenza di primo grado. Aggiunge che la società avrebbe posto in essere in maniera completa la procedura di stabilizzazione di cui alla suddetta norma, con conseguente estinzione dell’obbligazione contributiva oggetto di causa.

5.Il motivo non è fondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che il gravame della Nuova Croce Verde romana non fosse idoneo a confutare la pluralità di argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento del rigetto del motivo di opposizione con il quale la società voleva far valere agli effetti contributivi l’adesione per alcuni lavoratori all’accordo quadro per la stabilizzazione della forza lavoro di cui alla legge Finanziaria 2007 n. 296 del 2006.

Ha riferito che il Tribunale aveva rigettato tale motivo di opposizione sulla base delle seguenti considerazioni:

– i verbali di conciliazione posti in essere tra la società e detti lavoratori non contenevano alcuna ricognizione della natura dei rapporti di lavoro intercorsi;

– i verbali di conciliazione non potevano incidere sui diritti di credito dell’istituto previdenziale, soggetto terzo rispetto al rapporto di lavoro;

– la documentazione che avrebbe dovuto provare il perfezionamento della procedura di stabilizzazione con l’adempimento dell’obbligo di versare alla gestione separata dell’Inps i contributi nella misura e con le modalità legalmente previste era stata prodotta tardivamente con le note difensive del 22 febbraio 2010.

6. La Corte territoriale ha rilevato che a fronte di tre autonome rationes decidendi, la società appellante si era limitata a sostenere che il giudice di primo grado aveva compiuto un errore di diritto e non si era pronunciato sul punto centrale della controversia costituito dal fatto che nulla poteva essere preteso dall’INPS in relazione ai lavoratori che avevano sottoscritto il verbale di conciliazione: per tale ragione l’appello in parte qua risultava inammissibile in quanto non si confrontava con la motivazione della sentenza impugnata ed era pertanto privo della necessaria specificità.

7. La soluzione adottata dalla Corte d’appello appare corretta, nonchè coerente con il tenore dell’atto di gravame quale riportato dal ricorrente (pg.10 del ricorso).

8. Nel ritenere che le generiche argomentazioni formulate fossero inammissibili in quanto inidonee a confutare l’articolata motivazione del giudice di primo grado ed a proporre una soluzione diversa rispetto alle questioni che ivi venivano affrontate, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 27199 del 16/11/2017, che ha ribadito che “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice”, pur non essendo necessario “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado”.

9. L’INPS ha dedotto come unico motivo di ricorso incidentale la violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10. L’istituto sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere prescritti i contributi relativi al lavoratore C. sino a tutto il dicembre 2002, mentre la prescrizione avrebbe potuto essere dichiarata al più per i soli contributi maturati sino al luglio del 2002, in quanto avrebbe dovuto attribuirsi efficacia interruttiva alla denuncia di omissione contributiva presentata all’INPS dal lavoratore in data 10 settembre 2007.

10. Neppure tale motivo è fondato.

Questa Corte ha chiarito che, in coerenza con la struttura bilaterale

dell’obbligazione contributiva e con l’esclusiva legittimazione attiva dell’INPS, l’interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall’art. 2943 c.c., posti in essere dall’INPS (titolare del relativo diritto di credito) e non quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell’ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro (Cass. n. 3661 del 07/02/2019, n. 7104 del 10/06/1992).

11. Ne discende che per evitare il decorso dei termini di prescrizione avrebbe dovuto l’istituto, all’esito della denuncia del lavoratore, agire tempestivamente per il recupero.

12. Segue coerente il rigetto di entrambi i ricorsi.

13. La soccombenza reciproca determina la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

14. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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