Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22798 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. II, 12/09/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 12/09/2019), n.22798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27251/2015 proposto da:

G.R.G., G.L.V.,

G.M.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. AVEZZANA 31,

presso lo studio dell’avvocato TOMMASO DE DOMINICIS, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI FOSCHINI;

– ricorrenti –

contro

B.M., BR.CA., BR.LU.,

BR.GI., br.gi., elettivamente domiciliati in ROMA,

LARGO LUIGI ANTONELLI, 27, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA

UBALDI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 747/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/05/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione, notificato in data 04.05.2000, G.L.V., R.G. e M.T. convenivano in giudizio br.gi., Gi., Ca., Lu. e Gi., O.A. e B.M., deducendo che tra la loro proprietà e la proprietà dei convenuti vi fosse un’area di terreno di circa 79 mq, in relazione alla quale vi era necessità di determinarne l’esatto confine sulla base del frazionamento allegato al rogito in data 25.06.1929, con il quale le due proprietà, che originariamente appartenevano ad un unico proprietario, erano state suddivise in due porzioni; in subordine, chiedevano dichiararsi l’usucapione in relazione all’area in questione.

Si costituivano in giudizio br.gi., Gi., Ca., Lu. e Gi., O.A. e B.M., chiedendo il rigetto della domanda e l’accertamento della loro proprietà in conformità dell’atto originario per notar Z. del 1929; in subordine chiedevano accertamento l’usucapione in loro favore dell’area controversa.

Il Tribunale di Ravenna, con sentenza non definitiva, accertava che il lotto di terreno di proprietà dei convenuti aveva un’estensione di aree 3.60 e che si estendeva oltre alla linea di confine indicata come “nuovo confine” nel frazionamento allegato all’atto per notar Z. del 25.06.1929; rigettava la domanda riconvenzionale e rimetteva la causa sul ruolo per l’individuazione del confine tra le due proprietà.

Il Tribunale di Ravenna, con sentenza definitiva, dichiarava che il confine tra le due proprietà era quello individuato dal CTU, allegato alla relazione del 16.07.2010.

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 747/2015 del 17.04.2015, confermava le decisioni del primo giudice.

La corte territoriale, sulla base dei titoli di proprietà e della CTU, accertava che il frazionamento effettuato non corrispondeva alla pianta riportata nella relazione di frazionamento e, basandosi sull’estensione del terreno riportata nell’atto di vendita, rilevava un errore nel tracciamento della linea di confine. Dall’errore iniziale erano, quindi, derivati altri errori, come la presentazione in catasto di planimetrie ove il confine era rappresentato ad una metro dal muro esterno dell’abitazione.

Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso G.L.V., R.G. e M.T. sulla base base di tre motivi. br.gi., Ca., Lu. e Gi. e B.M. hanno resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza, i controricorrenti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, deducendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 950,1362,1371,2699 e 2700 c.c., i ricorrenti denunciano la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale per aver il giudice di merito omesso di indagare sulla reale intenzione delle parti in relazione all’originario atto di vendita per notar Z. del 1929 e per aver fatto ricorso alle mappe catastali, aventi valore di prova meramente sussidiario. I giudici di merito avrebbero, invece, dovuto tener conto del frazionamento effettuato a seguito della divisione dell’originario fondo, del contenuto dei successivi atti di trasferimento e della CTU del geometra C., che avrebbe individuato la linea di confine nella rete metallica apposta dai danti causa delle parti.

La corte territoriale avrebbe, inoltre, omesso di considerare che, nel 1934, le parti avrebbero concluso un negozio di regolamento amichevole in cui il confine sarebbe stato individuato dalla rete metallica, situata ad oltre un metro dal muro esterno dell’abitazione degli attori, secondo l’originaria previsione contenuta nei titoli.

Con il secondo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2728,1335,950 c.c. e art. 115 c.p.c., in quanto la corte territoriale non avrebbe attribuito valore presuntivo al fatto noto, costituito dall’esistenza della linea di confine, costituita dalla rete metallica, la cui installazione sarebbe stata confermata dal teste L. e sarebbe stata accettata dalle parti.

Con il terzo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle risultanze della CTU del Geom. C., che avrebbe individuato la linea di confine in corrispondenza della rete metallica, tenendo conto dello stato dei luoghi, con particolare riferimento all’accesso ai due fondi.

I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondati.

Questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che, nell’accertamento del confine tra due fondi limitrofi, costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico, la fonte primaria di valutazione è rappresentata dall’esame dei titoli di acquisto delle rispettive proprietà e del frazionamento agli stessi allegato, potendo il giudice di merito ricorrere ad ogni altro mezzo di prova solo qualora, sulla base delle risultanze dei predetti elementi, il confine risulti comunque incerto (Cassazione civile, sez. 07/04/2016, n. 6740).

Nel caso in cui i dati sul confine siano discordanti e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, va dato rilievo probatorio al confine indicato nel tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto più risalente nel tempo (Cassazione civile, sez. II, 04/02/2016i n. 2241).

La corte di merito si è attenuta ai richiamati principi di diritto, avendo fatto riferimento all’atto originario per notar Z. del 1929 ed alla relazione di frazionamento ad esso allegato, al fine di determinare la linea di confine tra le due proprietà. Con accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, ha accertato l’esistenza di una discrasia tra la relazione del frazionamento ed il frazionamento concretamente effettuato, che, non solo non era rappresentato in scala, ma era carente anche di alcune misure, tanto da non permettere una esatta definizione dei vertici ed una conseguente discrasia dell’estensione delle aree trasferite.

La corte territoriale, con interpretazione plausibile del contratto per notar Z., ha ritenuto che la volontà delle parti fosse nel senso di trasferire una porzione del terreno avente un’estensione di mq 360, trattenendo la restante parte di mq 140; detta volontà era stata reiterata nei successivi atti di compravendita, sicchè vi era un evidente errore nel tracciamento del confine, dal quale sarebbero derivati, a cascata, ulteriori errori dei dati catastali.

Non ricorre, pertanto, alcuna violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, risolvendosi il ricorso in una inammissibile e diversa interpretazione del contratto rispetto a quella plausibile fornita dal giudice di merito, il quale ha preso in considerazione la volontà delle parti espressa nel titolo originario ed in quelli successivi, nonchè nella relazione di frazionamento allegata all’atto del 1929 (Cass. civ., Sez. 3, 28/11/2017 n. 28319).

Sulla base della valutazione delle prove, incensurabile in questa sede, la corte di merito ha, altresì, escluso che l’apposizione della rete metallica fosse stata apposta sull’accordo delle parti. Dalle dichiarazioni del teste L., infatti, risultava che il giorno dell’apposizione della rete non era presente il Go., dante causa dei controricorrenti, e che questi non gli avesse neanche conferito l’incarico di posizionare la rete.

Non ricorre, altresì, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).

Insussistente è, altresì, il vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, per omesso esame della CTU del Geom. C..

La corte territoriale non ha omesso di esaminare la prima CTU redatta dal Geom. C. ma, come risulta dallo stesso ricorso per cassazione (pag. 5), ha effettuato una nuova consulenza, affidata al Geom. D., le cui risultanze ha condiviso, con valutazione non censurabile in questa sede.

Il ricorso, pertanto, merita di essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese di giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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