Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22791 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 09/11/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 09/11/2016), n.22791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1452-2011 proposto da:

P.M.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PANARO 25, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VISCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO DE MICHELE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 404/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 01/02/2010, R.G. N. 2445/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/07/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato VINCENZO DE MICHELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sentenza attualmente impugnata accoglie l’appello proposto dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Foggia contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di P.M.R..

La Corte d’appello di Bari, in primo luogo, puntualizza che la P.: 1) inserita nella graduatoria permanente provinciale di Foggia ad esaurimento per il conferimento delle supplenze del personale ATA, profilo di collaboratore scolastico, aveva presentato domanda per l’aggiornamento o la permanenza in detta graduatoria, ma le era stato negato il diritto di precedenza di cui al D.M. n. 75 del 2001, art. 4, comma 2, con la conseguenza che non aveva ricevuto incarichi di supplenza annuale negli scolastici 2001/2002, 2002/2003, 2003/2004, e 2004/2005; 2) pertanto, aveva adito il Tribunale di Foggia perchè il periodo di servizio alle dipendenze dello Stato venisse riconosciuto, ai fini giuridici ed economici, come prestato nei suddetti anni, ai fini giuridici ed economici, con condanna del Ministero dell’Istruzione e dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Foggia al risarcimento dei danni ed all’adeguamento della graduatoria provinciale, in relazione al riconoscimento richiesto.

2. A sostegno della propria decisione la Corte territoriale, per quanto qui rileva, precisa che:

a) è infondata l’eccezione di acquiescenza formulata dall’appellata, avendo l’Ufficio Scolastico Provinciale provveduto all’adeguamento della graduatoria al solo fine di ottemperare alla statuizione di condanna contenuta nella sentenza, esecutiva, di primo grado;

b) peraltro, anche solo l’astratta possibilità di un’esecuzione in forma specifica è da considerare sufficiente ad impedire la configurabilità di acquiescenza tacita, attesa la possibilità, per il dipendente, di ricorrere al giudizio di ottemperanza;

c) nè risulta dimostrata la corresponsione delle retribuzioni relativamente ai periodi dedotti in giudizio, anch’essa oggetto della statuizione impugnata;

d) è infondata, nel merito, la pretesa azionata giacchè la L. n. 124 del 1999 conferisce la precedenza assoluta soltanto ai soggetti inseriti nelle graduatorie permanenti in caso di conferimento delle supplenze temporanee nelle istituzioni scolastiche presso cui è stata presentata la relativa domanda e i decreti ministeriali hanno fatto coerente applicazione del dettato normativo;

e) inoltre, la clausola di salvaguardia prevista dal D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 401 riguarda solo il personale docente e non anche il personale ATA;

f) ne consegue che nè la legge nè i decreti attuativi hanno previsto in favore del personale ATA, inserito nella graduatoria permanente provinciale, alcun diritto di precedenza nel conferimento delle supplenze annuali di competenza del alcun diritto di precedenza nel conferimento delle supplenze annuali di competenza del Centro Servizi Amministrativi (d’ora in poi: CSA).

3. Il ricorso di P.M.R., illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi: MIUR).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

1.1. Con il primo motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c.; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Si sostiene che: 1) la volontà dell’Amministrazione di non contrastare gli effetti della sentenza, sarebbe desumibile dal Decreto 20 luglio 2006 con il quale l’Ufficio Scolastico Provinciale di Foggia aveva riconosciuto ad essa ricorrente i periodi di servizio oggetto di causa ed aveva modificato la graduatoria con il suo inserimento in posizione utile ad ottenere una supplenza annuale negli istituti scolastici della Provincia di Foggia; 2) l’adeguamento della graduatoria permanente provinciale, in dipendenza della statuizione del primo giudice, in presenza di un obbligo di fare infungibile ed insuscettibile di formare oggetto del giudizio di ottemperanza (per non essere la statuizione passata in giudicato), escluderebbe che la PA, dando esecuzione alla sentenza di primo grado, abbia mirato soltanto a sottrarsi all’esecuzione forzata della stessa.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: a) violazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 401, commi 1 e 3; della L. n. 124 del 1999, art. 4, commi 1, 2, 5, 6, 11; della stessa L. n. 124 del 1999, art. 6, comma 7; del D.M. n. 123 del 2000, art. 2, commi 1 e 4, e del D.M. n. 430 del 2000, art. 2, comma 1, “in combinato disposto”; b) falsa applicazione del D.M. n. 75 del 2001, art. 1, comma 2, e art. 4, comma 2.

Si assume che l’indicazione del diritto di precedenza, di cui al D.M. n. 75 del 2001, art. 4, comma 2, non poteva che ritenersi riferita letteralmente sia alle graduatorie provinciali ad esaurimento, per le supplenze gestite dall’ex Provveditorato, sia alle corrispondenti graduatorie di circolo o di istituto, sul presupposto secondo cui le modalità di integrazione delle graduatorie permanenti provinciali ad esaurimento dei collaboratori scolastici dovessero essere le stesse previste per il personale docente, in ragione dell’esplicito richiamo della cit. L. n. 124, art. 4, commi 6 e 11, e per la conseguente applicazione del cit. D.Lgs. n. 297, art. 401, nel testo sostituito dalla L. n. 124 del 1999, art. 1, comma 6.

2 – Esame delle censure.

2.- Il ricorso non è da accogliere, secondo l’orientamento già espresso da questa Corte in controversie del tutto sovrapponibili a quella oggetto del presente giudizio, cui il Collegio intende dare continuità (vedi, per tutte: Cass. 29 maggio 2012, n. 8537, n. 8538, n. 8539, n. 8540, n. 8541, n. 8542, n. 8543, n. 8544; Cass. 30 maggio 2012, n. 8656, n. 8657, n. 8658; Cass. 31 maggio 2012, n. 8704, n. 8705, n. 8706, n. 8707, n. 8708; Cass. 8 giugno 2012, n. 9351; Cass. 14 gennaio 2013, n. 698).

3. Per quanto riguarda il primo motivo, nelle decisioni sopra richiamate, è stato affermato che:

a) l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. – che è configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacchè successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge – consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi, siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione;

b) pertanto, la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole, anche quando la riserva d’impugnazione non venga dalla medesima a quest’ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 329 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione.

Di conseguenza, è stato escluso che potesse costituire acquiescenza l’adeguamento, da parte dell’Amministrazione scolastica, della graduatoria permanente provinciale del personale ATA in dipendenza della statuizione di primo grado ed il conferimento di supplenza annuale all’avente diritto sulla base della detta graduatoria, come modificata a seguito della pronuncia del giudice, comportamento posto in essere onde evitare i pregiudizi derivanti dall’eventuale esito sfavorevole del gravame proposto nei confronti della sentenza di condanna pronunciata in primo grado e svincolato dalla corresponsione, a titolo di risarcimento del danno, delle retribuzioni maturate nel periodo di riferimento, cui pure l’Amministrazione scolastica era stata condannata con la sentenza di primo grado.

Il suddetto principio – che viene qui ribadito – risulta anche conforme alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 22 aprile 2013, n. 2687, ove è stato affermato il principio secondo cui l’acquiescenza alla sentenza impugnata, con conseguente sopravvenuta carenza d’interesse della parte all’impugnazione proposta, consiste nell’accettazione della decisione, e quindi nella manifestazione di volontà del soccombente di rinunciare a tale impugnazione, la quale può avvenire in forma espressa o tacita, potendo, tuttavia, in quest’ultimo caso ritenersi sussistente solo qualora l’interessato abbia posto in essere atti dai quali emerga, in maniera precisa ed univoca, il suo proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.

4. A ciò è da aggiungere che – anche facendo riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo antecedente la modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, essendo stata la sentenza impugnata depositata prima dell’11 settembre 2012 – il motivo in esame, nella parte in cui addebita alla sentenza vizi motivazionali, presenta evidenti profili di inammissibilità perchè non specifica in quale parte e per quali ragioni la motivazione della sentenza sia insufficiente e contraddittoria e quali siano i fatti controversi che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare (vedi, per tutte: Cass. 4596/2015, 4980/2014, 4849/2009, 11457/2007).

Di qui il rigetto del primo motivo di ricorso.

5. Anche il secondo motivo non è fondato.

Pure sul punto il Collegio ritiene di condividere l’orientamento giurisprudenziale espresso nelle decisioni sopra richiamate (vedi punto 2 ante) secondo cui i collaboratori scolastici già inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento finalizzate al conferimento delle supplenze temporanee ed annuali, in caso di accesso alle graduatorie di nuovi aspiranti, hanno, ai sensi del D.M. 19 aprile 2001, n. 75, artt. 4 e 7 un diritto di precedenza limitatamente alle graduatorie di circolo o di istituto e non anche, in assenza di specifica indicazione normativa (e a differenza di quanto previsto per il personale docente dal D.M. 27 marzo 2000, n. 123), per gli elenchi e le graduatorie provinciali ad esaurimento non ripartite in fasce, dovendosi ritenere che una diversa soluzione comporterebbe – in coerenza con quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 41 del 2011 – un irragionevole sacrificio del criterio meritocratico nel reclutamento del personale scolastico.

Il suddetto indirizzo – ormai consolidato e assurto al rango di diritto vivente – è il frutto di una corretta e coerente ricostruzione del complessivo quadro normativo di riferimento e non emergono dalle, pur articolate, argomentazioni della parte ricorrente elementi che possano indurre a modificarlo.

Ne consegue che la ricostruzione dei termini della vicenda dedotta nel presente giudizio, delle argomentazioni che sorreggono il “decisum” della sentenza oggi impugnata e dei motivi del presente ricorso esimono il Collegio dalla ripetizione delle argomentazioni motivazionali spese nelle sentenze da cui è nato il suddetto orientamento e consentono il rinvio “per relationem” a dette argomentazioni.

Tanto nel rispetto degli obblighi di sintesi e concisione – imposti dall’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., nella lettura imposta dalla disposizione contenuta nell’art. 111 Cost. sulla durata ragionevole del processo – di cui la redazione della motivazione costituisce segmento processuale e temporale (Cass. SSUU 642/2015; Cass., 11985/2016 11508/2016, 13708/2015).

6. A ciò va aggiunto che il suindicato “diritto vivente”, basato su una condivisibile ricostruzione del complessivo quadro normativo di riferimento, resiste anche alle osservazioni critiche di parte ricorrente, formulate nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. e unicamente basate sulla asserita omessa considerazione di quanto disposto dalla L. n. 124 del 1999, art. 6, comma 7.

Va, infatti, precisato che la citata disposizione non risulta applicabile alla presente fattispecie, perchè è chiaramente riferibile alle graduatorie permanenti di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 553 relative ai concorsi per titoli dei responsabili amministrativi.

Il legislatore, infatti, modificato l’art. 553 T.U. (con la previsione della periodica integrazione delle graduatorie da effettuare “secondo le modalità definite dal regolamento di cui all’art. 401, comma 3”), ha dettato nel comma 6 la disciplina della “prima integrazione delle graduatorie permanenti di cui all’art. 553 testo unico” ed ha, poi, previsto al comma 7 che “il regolamento di cui all’art. 401 testo unico, comma 3…. stabilisce anche le modalità della prima integrazione delle graduatorie permanenti”.

I commi citati, pertanto, sono strettamente correlati e riguardano i soli responsabili amministrativi, in linea con l’impianto sistematico del T.U. che agli artt. 550 e seguenti disciplina diversamente le assunzioni del personale ATA, differenziandone le modalità in relazione alla qualifica funzionale.

7. Quanto alla richiesta di rinvio pregiudiziale formulata, in sede di note di replica alle requisitorie orali del P.G. alla odierna udienza di discussione della causa (del 20 luglio 2016), sulla base di un asserito contrasto con le clausole 4 n. 1 e 5 nn. 1 e 2 dell’Accordo Quadro CES-UNICE-CEEP sul lavoro a tempo determinato (allegato alla la direttiva 1999/70/CE) della “prassi” amministrativa seguita dal CSA di Foggia del MIUR nell’elaborazione delle graduatorie provinciali ad esaurimento al momento dell’entrata in vigore della suddetta direttiva e del suo recepimento con il D.Lgs. 368 del 20011, osserva il Collegio che:

a) la richiesta è irricevibile ai sensi dell’art. 379 c.p.c. perchè non costituisce replica ad alcun argomento trattato dal P.G. nella sua requisitoria ma rappresenta argomentazione indebitamente aggiuntiva a quella di cui alla memoria ex art. 378 c.p.c. (vedi, per tutte: Cass. 14 gennaio 2016, n. 429);

b) il mancato riconoscimento dell’invocato “diritto di precedenza” non rileva sul piano del contrasto tra la normativa nazionale di cui alle pagine che precedono e le invocate clausole 4 e 5, posto che: 1) la clausola 4 sancisce il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, che non viene qui in considerazione; 2) dei criteri di applicazione della clausola 5 al personale scolastico si è di recente occupata la CGUE nella sentenza 26 novembre 2014, C-22/13 ss., Mascolo e altri ed è quindi sufficiente, in questa sede, rinviare a tale sentenza, ricordando che, per costante indirizzo della giurisprudenza della Corte di Giustizia (a partire dalla sentenza 6 ottobre 1982, Soc. Cilfit., C283/81), una delle condizioni la cui presenza “alternativa” deve essere valutata dal giudice di ultima istanza prima di fare eventualmente uso del rinvio pregiudiziale è che: la disposizione di diritto UE di cui è causa non abbia già costituito oggetto di interpretazione da parte della CGUE (sul punto vedi, per tutte: Cass. 27 novembre 2015, n. 24305, citata nelle note di replica idi cui si tratta).

3 – Conclusioni.

8. In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2500,00 (duemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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