Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2279 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2279 Anno 2014
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 7575-2007 proposto da:
ROCCHI ETTORE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
A. FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato BERLIRI
CLAUDIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato DANZA ANNA RITA con procura notarile del
Not. Dr. SCARDOVI MARIA CHIARA in CESENA rep. n.
126606 del 12/06/2007;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 03/02/2014

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 192/2005 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 16/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato MELCHIONNA delega
Avvocato BERLIRI che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate di Cesena notificò ad Ettore
Rocchi un avviso di rettifica, relativo ad Iva per l’anno 1997,

data e redatto, all’esito dell’accesso presso la ditta del
contribuente, sulla base di rapporti bancari a lui riconducibili,
acquisiti in sede penale. Il proposto ricorso fu parzialmente
accolto in prime cure, e la decisione, impugnata da entrambe le
parti, fu riformata in appello con la sentenza indicata in epigrafe,
avverso la quale il contribuente ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha
resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione degli artt. 12, co 7, della 1. n. 212 del 2000, e 24
Cost., il ricorrente sostiene che, nel ritenere derogabile il termine
dilatorio di sessanta giorni tra la notifica del pv di chiusura delle
operazioni da parte degli organi di controllo e la notifica
dell’avviso d’accertamento, la CTR non ha considerato che la
norma vieta all’Amministrazione di emettere l’atto impositivo
prima della scadenza del termine, salvo il caso di “particolare e
motivata urgenza”, nella specie, non ricorrente, e che la relativa
inosservanza non può che inficiare l’accertamento, essendo volta
a tutelare il diritto alla difesa del contribuente.
2. Il motivo è fondato. 3. Le Sezioni Unite della Corte,

i

richiamando un pvc della Guardia di Finanza, notificato in pari

chiamate a comporre il contrasto esistente in giurisprudenza
circa le conseguenze del mancato rispetto del termine di cui alla
menzionato articolo 12 dello Statuto del contribuente, con la

principio: “In tema di diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27
luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che
l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per
l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente
dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato
un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati
all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di
chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che
ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto
impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a
garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei
principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona
fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e
più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio
invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione
nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato
l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto
requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui
ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale

2

sentenza n. 18184 del 2013 hanno affermato il seguente

emissione, deve essere provata dall’Ufficio”.
4. A tale stregua, non essendo state neppure allegate
specifiche ragioni d’urgenza, esonerative dall’osservanza del

conforme a diritto, non essendo sufficiente la mera circostanza,
affermata nel controricorso, che era in scadenza il termine di
decadenza di cui all’art. 57 del dPR n. 633 del 1972, per
l’accertamento relativo al periodo d’imposta 1997, restando,
appunto, oscure le ragioni per le quali l’Ufficio non si è
tempestivamente attivato, onde rispettare il termine di cui all’art.
12, comma 7 in esame e così consentire il doveroso dispiegarsi
del contraddittorio procedimentale, e considerato, inoltre, che,
opinando con l’Amministrazione, si verrebbero a convalidare, in
via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col
principio, sopra enunciato, secondo cui il requisito dell’urgenza
deve esser riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo
rapporto tributario controverso.
5. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata,
restando assorbito l’esame degli altri due motivi con cui si
denuncia vizio di motivazione e violazione di legge, e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso
introduttivo. 6. Le spese del giudizio vanno interamente
compensate tra le parti, essendosi la giurisprudenza formata in
epoca successiva alla proposizione del ricorso.

3

termine, la ritenuta legittimità dell’atto impositivo non è

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La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito,
accoglie il ricorso introduttivo. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013.

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