Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22788 del 09/11/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 09/11/2016), n.22788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29896/2014 proposto da:

C.L.O. – COOPERATIVA LAVORATORI ORTOMERCATO a r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIULIO CESARE 94, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

CARDILLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOVANNI MASALA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.L.A., C.F. (OMISSIS), PE.FR. C.F.

(OMISSIS), S.F.S. C.F. (OMISSIS), tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320 presso lo

studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ALBERTO GUARISO, giusta delega in atti;

B.O. C.F. (OMISSIS), BU.MA.AN. C.F. (OMISSIS),

E.E.P. C.F. (OMISSIS), F.G., C.F.

(OMISSIS), FO.FA. C.F. (OMISSIS), L.R.A. C.F.

(OMISSIS), M.P. C.F. (OMISSIS), MA.GA. C.F.

(OMISSIS), MO.AL. C.F. (OMISSIS), p.r. C.F.

(OMISSIS), S.S.I. C.F. (OMISSIS), domiciliati in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ARMANDO CECATIELLO,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1150/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/12/2014 R.G.N. 1371/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

uditi gli Avvocati CARDILLI RAFFAELE e MASALA GIOVANNI;

udito l’Avvocato LOMBARDO MARCELLA per delega Avocato CECATIELLO

ARMANDO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’estinzione,

inammissibilità, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi del 24.9 e del 9.10.14, la C.L.O. – Cooperativa Lavoratori Ortomercato, proponeva reclamo avverso le sentenze n. 2550/14 e n. 2749/14 del Tribunale di Milano che, decidendo in sede di opposizione avverso ordinanze emesse ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 49, aveva ritenuto l’illegittimità dei recessi dalla stessa intimati ai reclamanti, tutti impiegati presso il magazzino AUTOGRILL di Pi.Em., all’esito della procedura di licenziamento collettivo attivata dalla cooperativa in seguito alla cessazione del relativo appalto.

I primi giudici avevano entrambi ritenuto illegittima la limitazione della platea dei dipendenti da licenziare ai soli addetti all’appalto cessato anzichè a tutti quelli operanti con identiche mansioni presso altre sedi della cooperativa, stante l’inidoneità delle ragioni addotte dalla società a giustificazione di tale restrizione, quali la diversità di organizzazione oraria del lavoro, di andamento stagionale dell’attività, di tipologia di merce stoccata nei vari magazzini, a giustificare la pretesa infungibilità delle attività lavorative svolte.

Su tali presupposti – nell’un caso in riforma e nell’altro in conferma delle ordinanze emesse in sede sommaria – era stata applicata in favore dei lavoratori licenziati la tutela della reintegra e risarcitoria piena.

La C.L.O. lamentava che fosse stata esclusa la natura autonoma del magazzino AUTOGRILL, legittimante la riduzione della platea dei destinatari dei licenziamenti.

Radicatosi il contraddittorio, con sentenza pubblicata il 4.12.14, la Corte d’appello di Milano rigettava il reclamo.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la cooperativa C.L.O., affidato a sei motivi.

Resistono i lavoratori con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve pregiudizialmente dichiararsi l’estinzione del processo, in presenza di formale rinuncia al presente ricorso da parte della società, con i lavoratori indicati in dispositivo (per aver raggiunto con essi un accordo transattivo in sede sindacale).

La rinuncia risulta accettata, sicchè il giudizio deve dichiararsi estinto tra le dette parti, senza esservi luogo per una pronuncia sulle spese, ex art. 391 c.p.c., comma 3.

Per il resto si osserva.

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., richiamato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51 e dell’art. 115 c.p.c..

Lamenta che il ricorso in opposizione di una delle lavoratrici non conteneva i requisiti di cui all’art. 414 c.p.c., non avendo censurato la sussistenza delle ragioni che avevano portato a delimitare la platea dei destinatari dei recessi ai soli addetti all’unità produttiva di Pi.Em..

Il motivo, già giudicato infondato dalla corte di merito, è in questa sede inammissibile, sia per difetto di autosufficienza in relazione all’art. 366 c.p.c., n. 3, sia per non aver prodotto la ricorrente il ricorso in questione.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., quest’ultimo richiamato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 53 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Lamenta che le ragioni giustificative della riduzione della platea dei soci ai quali intimare il recesso, indicate nella lettera di apertura della procedura, non erano state contestate, sicchè la sentenza impugnata non avrebbe potuto esaminare la questione.

Il motivo è inammissibile per non risultare l’eccezione proposta in sede di merito. Deve infatti considerarsi che, nulla risultando al riguardo nella sentenza impugnata, era onere della parte odierna ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente (ed in quali termini) ciò sarebbe avvenuto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr. Cass. n. 7149/2015, Cass. n. 23675/2013).

3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 2 aprile 2001, n. 142, art. 1, comma 3, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

Lamenta che la sentenza impugnata aveva ritenuto priva di rilievo la dichiarazione rilasciata da Ba.Si. per conto di tutti gli altri soci addetti al magazzino Autogrill. Lamenta che la corretta lettura della L. n. 142 del 2001, art. 1, doveva comportare che l’applicazione “delle norme giuslavoristiche” conseguenti alla instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, non poteva prescindere dalla compatibilità con la posizione del socio lavoratore e dunque considerare ai fini dell’applicazione dei criteri di essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Ne conseguirebbe che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative.

Il motivo è infondato.

Questa Corte, pur avendo nella sentenza n. 9711/11 (nella sostanza richiamata dalla ricorrente), affermato che è comunque onere del datore provare il fatto che determina l’oggettiva limitazione di queste esigenze e giustificare il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata, nei più recenti arresti ha chiarito che in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, anche qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione dell’impresa. Tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei – per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto (magazzino Autogrill di cui nulla è dedotto circa eventuali caratteristiche idoneo a contraddistinguerlo da altri analoghi), trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative, cfr. Cass. n. 203/15, Cass. n. 13698/15.

5.- Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5 della L. n. 183 del 2010, art. 30.

Lamenta che la corte di merito sindacò, di fatto, l’effettività delle ragioni indicate dalla società nella lettera di apertura della procedura, in contrasto col menzionato L. n. 183 del 2010, art. 30; evidenzia che la contestazione delle ragioni addotte per la limitazione della platea dei destinatari dei recessi non era mai stata sollevata.

Il motivo è in buona parte inammissibile per le medesime ragioni di cui al punto 2); per il resto è infondato avendo la corte meneghina solo ritenuto, in sintonia col riferito orientamento di legittimità, che la prova, gravante sulla datrice di lavoro, a sostegno della peculiarità dell’unità produttiva all’interno della quale (soltanto) furono operati i licenziamenti, non era stata fornita dalla C.L.O.. Eevidente che in tal caso il riferimento alla L. n. 183 del 2010, art. 30, è del tutto inconferente, non rientrando le norme in materia di licenziamenti collettivi tra le clausole generali di cui al citato art. 30 ed essendo ben sindacabile dal giudice, come in precedenza detto, la riduzione della platea dei destinatari degli atti di recesso in assenza di oggettive esigenze aziendali, ed inoltre in caso di fungibilità (per equivalenza di professionalità) rispetto agli addetti ad altre realtà produttive, non interessate dalle determinazioni aziendali in tema di riduzione del personale.

6.- Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., per aver posto la sentenza impugnata a carico della società ricorrente le spese di lite, stante la complessità e peculiarità della vicenda processuale.

Il motivo è infondato in quanto, in base alle considerazioni sin qui svolte, non si intravedono ragioni per derogare al principio della soccombenza in materia di spese processuali.

7.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara estinto il giudizio nei confronti di B.O., F.G., Fo.Fa., Mo.Al., p.r. e S.S.I.. Nulla per le spese del relativo procedimento.

Rigetta per il resto il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 100,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A., da distrarsi in favore degli avv. A. Cecatiello e A. Guariso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA