Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22787 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/10/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 20/10/2020), n.22787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24389/2018 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERO

FOSCARI, 40, presso lo studio dell’avvocato PAOLA COLAIACOVO,

rappresentata e difesa dagli avvocati TERESA NANNARONE, SILVANA

BRACHETTI;

– ricorrente –

contro

BPER BANCA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI, 20,

presso lo studio degli avvocati ANNACLARA CONTI, e MARIO ANTONINI,

che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 398/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

r.g.n. 101/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato NANNARONE TERESA;

uditi gli Avvocati CONTI ANNACLARA e ANTONINI MARIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 7 giugno 2018, la Corte d’Appello di L’Aquila confermava la decisione resa dal Tribunale di Sulmona e rigettava la domanda proposta da G.A. nei confronti della BPER Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla Banca alla G. in relazione ad ammanchi di cassa di cui era stata ritenuta responsabile.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistere indizi gravi precisi e concordanti idonei a fondare la responsabilità della G. per due dei tre ammanchi contestati e smentite dall’istruttoria espletata le giustificazioni addotte a fronte del terzo ammanco contestato e di conseguenza ravvisabile l’invocata giusta causa di licenziamento mentre infondate le eccezioni formali relative alla genericità e tardività della contestazione ed inammissibile per difetto di impugnazione della statuizione sul punto resa in prime cure l’eccezione relativa alla mancata affissione del codice disciplinare.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la G., affidando l’impugnazione a sette motivi, cui resiste, con controricorso, la Banca.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 c.p.c., imputa alla Corte territoriale di aver pronunziato sulla base di un percorso logico-giuridico diverso da quello seguito dal giudice di prime cure sorretto dal riferimento a documentazione anch’essa differente da quella in primo grado considerata rilevante e ciò in difetto di proposizione in via incidentale di apposito gravame avverso la predetta sentenza.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 24 Cost., la ricorrente ribadisce sotto tale peculiare profilo la censura in ordine all’illegittimità del processo valutativo delle emergenze istruttorie in quanto desunti da mezzi di prova non considerati dal primo giudice.

Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., è prospettata con riguardo all’asserito travisamento da parte della Corte territoriale del documento in atti denominato “giornale di fondo”.

Con il quarto motivo, rubricato con riguardo alla violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5, in relazione all’art. 2697 c.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova per aver ritenuto tale onere assolto dalla Banca in difetto di una prova completa e certa.

Nel quinto motivo intitolato alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c., si censura il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione.

Con il sesto motivo la ricorrente deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio imputando alla Corte territoriale l’omessa considerazione della disponibilità manifestata dalla ricorrente alla copertura degli ammanchi.

Nel settimo motivo il medesimo vizio è predicato con riferimento all’omessa considerazione da parte della Corte territoriale della prassi di regolarizzazione a posteriori in essere presso la Filiale.

A riguardo rilevata l’infondatezza del primo e del secondo motivo, atteso che, costituendo il giudizio di appello una “revisio prioris istantiae” è del tutto plausibile che l’analogo esito trovi fondamento su un iter logico-giuridico differente, fermo restando l’esonero della parte risultata totalmente vincitrice in primo grado dal proporre ricorso incidentale in vista del conseguimento di un pronunciamento diversamente motivato, si deve ritenere l’inammissibilità del terzo motivo che non si misura con le argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale, al di là delle risultanze del “giornale di fondo” ha ritenuto inconsistenti le giustificazioni addotte dalla ricorrente a fronte del contestato ammanco della divisa USA, infondato il quarto motivo ben potendo l’assolvimento dell’onere della prova essere valutato in relazione ala ricorrenza di prove presuntive gravi, precise e concordanti, qui neppure fatte oggetto di specifica confutazione, inammissibile il quinto motivo, risultando il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione congruamente operato dalla Corte territoriale nella corretta prospettiva dell’affidamento del datore sull’esatto adempimento delle prestazioni future, inammissibile il sesto motivo, riguardando i fatti di cui si imputa alla Corte territoriale l’omessa considerazione elementi riconducibili al giudizio di gravità dell’addebito da ritenersi peraltro, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte del tutto irrilevanti a quei fini, quali la copertura della perdita subita dalla Banca e l’inconfigurabilità del danno, infondato il settimo motivo avendo la Corte territoriale espressamente valutato ed escluso l’incidenza nella specie dell’invocata prassi di “regolarizzazione a posteriori”.

Il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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