Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22786 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/10/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 20/10/2020), n.22786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29067/2015 proposto da:

D.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 71, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FLORITA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO FLORITA;

ricorrente principale – controricorrente incidentale –

contro

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.

G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 514/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/06/2015 R.G.N. 1112/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/01/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso principale, accoglimento del terzo e

del quarto motivo del ricorso incidentale, inammissibilità rigetto

nel resto;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’ per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.T. ottenne dal Tribunale di Lamezia Terme un decreto con il quale si ingiungeva a Trenitalia s.p.a. di pagare la somma di Euro 100.009,08 a titolo di differenze retributive maturate a far data dal 1994 in relazione al rapporto di lavoro la cui esistenza era stata accertata con sentenza dello stesso Tribunale che, accertata una interposizione fittizia di mano d’opera, aveva condannato la società committente al pagamento delle differenze retributive.

2. La Corte di appello di Catanzaro investita dell’appello da parte di Trenitalia lo ha accolto in parte e, preso atto del fatto che la sentenza che aveva condannato al pagamento delle differenze retributive era stata in parte riformata in appello con limitazione alle somme non prescritte, maturate dopo il 21.2.1997, ha revocato il decreto e ridotto la condanna ad Euro 80.221,19 così rideterminati gli importi dovuti in relazione alla prescrizione accertata e coperta dal giudicato.

2.1. La Corte territoriale ha ritenuto che la sentenza di condanna al pagamento delle retribuzioni maturate fino all’effettiva riammissione in servizio non poteva essere messa direttamente in esecuzione in quanto era necessaria una distinta domanda giudiziale per la quantificazione del credito, sulla base delle tabelle salariali del contratti collettivi succedutisi nel tempo che correttamente era stata avanzata dal D. con il decreto ingiuntivo.

2.2. Ha poi ritenuto che le carte di libera circolazione, riconosciute, seppur a titolo di liberalità, a tutti i dipendenti in servizio come forma di compartecipazione all’utile aziendale, rientrano tra gli elementi da computare nel calcolo delle retribuzioni da corrispondere.

2.3. Ha verificato infine che dalle somme chieste erano stati già detratti gli importi altrimenti percepiti dal lavoratore ed ha scomputato dal conteggio le sole somme prescritte.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.T. affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso Trenitalia s.p.a. che propone ricorso incidentale al quale oppone difese con controricorso D.T..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il ricorso principale D.T. formula le seguenti censure:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, con riferimento all’art. 112 c.p.c., primo periodo, si deduce che Trenitalia, nel corso del giudizio, non aveva mai eccepito l’intervenuta prescrizione dei crediti azionati con il Decreto Ingiuntivo. Pertanto la Corte di appello sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione denunciato per aver decurtato dagli importi azionati somme proporzionalmente imputate al periodo antecedente il 21.2.1997 senza tenere conto, inoltre, del fatto che gli importi riportati nel decreto ingiuntivo tenevano conto della prescrizione quinquennale, essendo stati calcolati a far data dal 1 marzo 1997. Sottolinea poi che la società avrebbe potuto e dovuto, quanto meno all’atto della proposizione dell’appello, eccepire l’intervenuta prescrizione che la sentenza di appello presupposta al decreto ingiuntivo aveva esplicitato.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso viene censurata la sentenza perchè non avrebbe considerato, nel ritenere prescritte parte delle somme azionate, che quella di prescrizione è un’eccezione in senso stretto che, non essendo stata sollevata ritualmente nel giudizio, non avrebbe potuto essere presa in considerazione e dunque la Corte di appello era incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., secondo periodo.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso il D. denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 414,416,436 c.p.c., per non aver preso in considerazione il fatto, reiteratamente esplicitato e non contestato, che la pretesa azionata era relativa a somme maturate a decorrere dal 1 marzo 1997 ed i conteggi erano stati sviluppati nel decreto ingiuntivo tenendo conto di tale decorrenza. Trascurando di considerare tale decisiva circostanza di fatto la Corte di merito era perciò incorsa nella denunciata violazione di legge.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, infine, ancora con riguardo all’intervenuta riduzione delle somme, si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., poichè la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che se le tabelle allegate ai conteggi del ricorso monitorio, non contestati dalla società, partono effettivamente dal 1994 tuttavia il riepilogo del dovuto tiene conto solo delle somme maturate a decorrere dal marzo 1997. Specificatamente con riferimento al controvalore delle carte di libera circolazione i conteggi riferiti alle somme dovute dal 1997 al 2007 per il primo anno erano limitati a soli dieci mesi restando così fuori dal calcolo le somme prescritte.

4.5. Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, il D. deduce che, erroneamente, la sentenza di appello ha disposto la compensazione delle spese quale conseguenza dell’errato ricalcolo delle somme spettanti per differenze retributive.

5. Con il ricorso incidentale la società Trenitalia denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2099 c.c. e dell’art. 36 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5.1. Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto di assimilare le c.d. concessioni di viaggio o carte di libera circolazione (c.l.c.) ad una componente della retribuzione, trascurando di verificarne la corrispettività e l’obbligatorietà, caratteristiche queste necessarie per ricondurre l’attribuzione nell’ambito della retribuzione quale disciplinata dagli artt. 2094 e 2099 c.c.. La natura di mera liberalità dell’erogazione sarebbe confermata dalla circostanza che si tratta di compenso aggiuntivo che ha causa e natura diversa da quella del contratto di scambio e non è soggetta alla disciplina della retribuzione al cui versamento si obbliga il datore di lavoro ex contractu. Evidenzia che la circostanza che il lavoratore non possa ottenere il rimborso di biglietti non utilizzati nè possa scegliere se usufruire della Carta o chiederne il controvalore economico ne confermerebbe la natura di mero vantaggio attribuito al lavoratore privo delle caratteristiche di una componente della retribuzione.

5.2. Con riferimento alla individuazione del controvalore economico della Carta ritiene la società che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile, perchè nuova, la contestazione del quantum formulata in sede di gravame. Sottolinea che sin dall’opposizione al decreto ingiuntivo era stata evidenziata l’arbitrarietà della liquidazione contenuta nel ricorso. Deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva confermato la correttezza del parametro, utilizzato dal primo giudice, del valore di acquisto dall’esterno della carta di libera circolazione nominativa osservando che l’utilità economica per il dipendente è diversa tenuto conto anche del fatto che proprio il trattamento fiscale del benefit, come stabilito con la legge finanziaria del 2003 in Euro 130,00 annui, lo smentirebbe.

6. Preliminarmente rileva il Collegio che il ricorso incidentale di Trenitalia s.p.a è ammissibile. La notifica è stata eseguita con modalità telematica, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis e del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, comma 2 e ss.mm. e la mancata specificazione del nome del relativo file all’interno dell’attestazione di conformità della copia informatica dell’atto processuale notificato, richiesta dall’art. 19 ter, comma 1, delle Specifiche tecniche del PCT del 16.4.2014, costituisce una mera irregolarità non riconducibile alle nullità contemplate nella L. n. 53 cit., art. 11, che, peraltro, ove pure ritenuta ricorrente, sarebbe sanata dal raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., comma 3 (cfr. in termini Cass. 07/06/2018 n. 14818 conformemente a Cass. Sez. Un. 18/04/ 2016 n. 7665, 28/09/2018n. 23620 e più, recentemente, Cass. 21/10/2019 n. 26706).

7. I primi quattro motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, non possono essere accolti.

7.1. Nella parte in cui il ricorrente deduce che la Corte di appello avrebbe deciso su questioni che non erano state ritualmente portate alla sua attenzione (primo e secondo motivo di ricorso) le censure non sono sufficientemente specifiche, poichè non riproducono il contenuto della sentenza presupposta al decreto ingiuntivo in relazione alla quale la Corte di appello ha ritenuto che si fosse formato il giudicato anche con riferimento alla prescrizione dei crediti azionati.

7.2. Le censure articolate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso sono inammissibili. In primo luogo non è specificato sotto quale profilo è denunciata la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, se in relazione al n. 3 quale violazione di legge o in relazione al n. 5 come vizio di motivazione. Inoltre non sono riportati i conteggi allegati al ricorso sicchè non è possibile verificare se effettivamente la richiesta era riferita al solo periodo non prescritto.

8. Il ricorso incidentale è invece fondato nei limiti e per le ragioni che di seguito si espongono.

8.1. Va rammentato che le Carte di libera circolazione – originariamente rientranti tra le concessioni di viaggio disciplinate della L. 21 novembre 1955, n. 1108, artt. 1 e 7 (provvedimento definitivamente abrogato dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133) – vennero abolite con la L. 28 febbraio 1986, n. 41, art. 10, comma 15, successivamente alla privatizzazione del servizio di trasporto ferroviario. La disposizione ricordata ha infatti disposto che, a decorrere dal 15 gennaio 1986, tutte le concessioni gratuite di viaggio, le riduzioni e le agevolazioni tariffarie, per le quali l’Ente Ferrovie dello Stato ha diritto a compensazione ai sensi del regolamento CEE n. 1191/69 relativo agli obblighi di servizio pubblico, sono abolite, fatta eccezione per le concessioni gratuite di viaggio attualmente in vigore concernenti gli accompagnatori di persone invalide.

8.2. Per effetto della privatizzazione del servizio ferroviario con la L. 17 maggio 1985, n. 210, infatti, all’allora costituito Ente Ferrovie dello Stato fu richiesto di provvedere alle sue finalità “con criteri di economicità e di efficienza e nel rispetto dei principi della normativa comunitaria” (v. art. 2 Legge cit.) e di gestire il rapporto con il personale dipendente con criteri privatistici “su base contrattuale collettiva ed individuale” (v. art. 21 Legge cit.). Conseguentemente, nell’ambito di un generale quadro di delegificazione, ai sensi dell’art. 14 della citata Legge, la regolamentazione del rapporto di lavoro, con le modalità previste dall’art. 21, commi 2 e segg., è stata integralmente rimessa alla contrattazione collettiva. L’assetto giuridico disegnato dalla L. n. 210 del 1985, era incompatibile con le disposizioni della L. n. 1108 del 1955 che poneva a carico dell’Azienda delle Ferrovie dello Stato oneri di concessione che, nel nuovo regime risultavano incompatibili con una gestione “economica” del servizio. Di qui l’abolizione delle concessioni di viaggio come previsto nella ricordata L. n. 41 del 1986.

8.3. Come si è ricordato la L. n. 210 del 1985, art. 21, nel demandare alla contrattazione collettiva ed individuale la disciplina del rapporto si è limitato a mantenere fermo, nelle more della definizione della disciplina generale del trattamento previdenziale ed assistenziale, quello già vigente di cui ha trasferito il carico finanziario all’Ente.

8.4. Il diritto al beneficio già in godimento è stato progressivamente ristretto tanto che con D.M. 15 aprile 1987, è stata disposta, a partire dal 1 gennaio 1988, la soppressione dell’obbligo di rilascio delle concessioni di viaggio al personale delle Ferrovie dello Stato transitato all’amministrazione dello Stato e solo per il personale che abbia maturato il diritto a pensione al momento del passaggio, si è previsto che debba essere praticato il trattamento relativo a tali concessioni riconosciuto al personale rimasto in servizio presso l’Ente, ovvero al personale a riposo della soppressa Azienda autonoma.

8.5. Successivamente, nell’ambito della effettiva delegificazione della materia, l’art. 69 del c.c.n.l. 1990/1992 ha previsto una nuova disciplina, di carattere esclusivamente pattizio, da attuare entro il 31 dicembre 1990 in base ad accordi fra le parti collettive. 3.7. A questa disciplina deve ascriversi l’accordo sindacale 15 maggio 1991 con cui si è convenuto, a decorrere dal 1 gennaio 1992, di rilasciare ai dipendenti in servizio e a riposo una carta di libera circolazione valida per un numero illimitato di viaggi “finchè permane titolo a godere del beneficio in base alla normativa vigente”.

8.6. Solo con il contratto aziendale del Gruppo FS, Accordo di confluenza al c.c.n.l. delle attività ferroviarie, del 16 aprile 2003 le c.d. carte di libera circolazione (C.L.C.) hanno trovato una disciplina compiuta e se ne è previsto il rilascio al personale in servizio ed agli ex dipendenti a riposo delle Società firmatarie dell’accordo, nel ricorso di una serie di condizioni, per consentire loro l’accesso per un numero illimitato di viaggi sui treni delle Società del Gruppo e per l’intera rete ferroviaria.

8.7. Tanto premesso va qui ricordato che questa Corte si è occupata della computabilità nel trattamento economico del controvalore delle carte di circolazione nel caso di mobilità del personale dell’ex azienda Ferrovie dello Stato ad altra amministrazione dello Stato e lo ha escluso sul rilievo che, a prescindere dalla natura retributiva o meno del beneficio nell’ambito del rapporto con le Ferrovie dello Stato, si trattava di un vantaggio economico connesso alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione svolta presso l’ente di provenienza, la cui conservazione, a carico delle Ferrovie dello Stato (ora società per azioni), restava limitata, secondo la disciplina contrattuale successiva

al processo di delegificazione introdotto dalla n. 210 del 1985 (art. 69 c.c.n.l. 1990-1992; accordo sindacale 15 maggio 1991) ai dipendenti che, al momento del trasferimento, avevano maturato il diritto a pensione (cfr. per tutte Cass. Sez. U. 21/06/2010 n. 14898).

8.8. Orbene nel caso in esame viene in rilievo proprio la natura da attribuire all’agevolazione concessa dalla società ai suoi dipendenti, in servizio o in pensione. Occorre verificare in particolare se si tratta di una erogazione di carattere retributivo che pertanto rientra tra i compensi spettanti al lavoratore per effetto della fittizia ricostituzione del rapporto in esito al giudizio che ne ha accertato la natura subordinata condannando la società al pagamento delle differenze retributive maturate e non prescritte ovvero se sia classificabile come mera liberalità non computabile.

8.9. Il criterio seguito da questa Corte nell’individuare la natura retributiva di un benefit è stato individuato nella riferibilità dello stesso a spese che, se pur indirettamente collegate alla prestazione lavorativa, sono comunque a carico del lavoratore sicchè la concessione del benefit si risolve, in buona sostanza, in un adeguamento della retribuzione (cfr. Cass. 24/06/2009 n. 14835, 03/11/2000 n. 14388, 30/07/1993 n. 8512 e 05/07/1991 n. 7646). Ove per contro il benefit costituisca una reintegrazione di una diminuzione patrimoniale, allorchè ad esempio si riferisce a spese che il lavoratore – dovrebbe sopportare nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, allora ha una funzione riparatoria della lesione subita (cfr. Cass. n. 14385 del 2009 cit.).

8.10. Le utilità offerte al lavoratore da ricondurre alla nozione di retribuzione sono quelle che risultano intimamente connesse al sinallagma genetico e funzionale del rapporto di lavoro di cui costituiscono un corrispettivo. Il criterio per ritenere retributiva una erogazione è dato pertanto dal rapporto sinallagmatico prestazione/contro-prestazione propria del rapporto di lavoro.

8.11. Non soccorre in tal senso la nozione onnicomprensiva della retribuzione richiamata dagli artt. 2120 e 2121 c.c., quest’ultimo quale criterio di computo dell’indennità di mancato preavviso prevista dall’art. 2118 c.c., richiamati dalla Corte di appello per avvalorare la computabilità del controvalore delle C.L.C. peraltro calcolata con un parametro esterno al rapporto di lavoro stesso.

8.12. Per il trattamento di fine rapporto e per il preavviso infatti il riferimento è comunque al computo di compensi che possono essere qualificati come retributivi. Ma l’agevolazione di libera circolazione riconosciuta è ancorata allo status di dipendente, o ex dipendente pensionato ed è del tutto svincolata dalla natura e dalle modalità della controprestazione lavorativa. Si tratta di agevolazione che, se rimasta inutilizzata, non è suscettibile, alla scadenza, di essere tramutata in un controvalore economico nè tanto meno è possibile richiederne la sostituzione con il pagamento di una somma di danaro.

8.13. Tali caratteristiche, complessivamente valutate non consentono perciò di far rientrare le C.L.C. tra le componenti della retribuzione da prendere in considerazione ai fini del calcolo delle differenze retributive spettanti per effetto della costituzione ab origine di un rapporto di lavoro subordinato nel caso di accertata interposizione fittizia ai sensi della L. n. 1369 del 1960, che possono riguardare soli i corrispettivi, pur nel senso ampio sopra richiamato della prestazione resa in favore di un datore di lavoro che ex post è stato accertato essere tale.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, devono essere rigettati i primi quattro motivi del ricorso di D.T. e, assorbito il quinto motivo che ha ad oggetto la disciplina delle spese del giudizio di appello, in accoglimento del ricorso incidentale di Trenitalia s.p.a., la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra Corte di appello, che si individua in quella di Reggio Calabria, che dovrà scomputare dalle somme azionate gli importi riferiti alle carte di libera circolazione. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta i primi quattro motivi del ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale assorbito il quinto motivo di quello principale.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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