Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22786 del 09/01/2016

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 09/11/2016), n.22786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22583/2010 proposto da:

S.D.L.S., C.F. (OMISSIS),

A.D.B.M. C.F. (OMISSIS), S.D.L.A. C.F. (OMISSIS),

S.D.L.V. C.F. (OMISSIS), S.D.L.G. C.F.

(OMISSIS), tutti nella qualità di erede di S.D.L.A.

rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI GUARINO, domiciliati

in ROMA PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ALESSANDRO RICCIO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4694/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/09/2009 R.G.N. 923/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 30 settembre 2009, ha confermato la sentenza resa dal Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta da S.D.L.A., poi proseguita dai suoi eredi e aventi causa, S.D.L.A., S.D.L.G., S.D.L.S., S.D.L.V., A.D.B.M., avente ad oggetto la condanna l’INPS a corrispondergli l’indennità di accompagnamento.

2. Il rigetto era stato determinato dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio il quale aveva rilevato che lo S.D.L., pur essendo affetto da patologie totalmente inabilitanti, era comunque in grado di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore e di svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età senza necessità di assistenza continua. La Corte territoriale ha condiviso tali conclusioni, ritenendo peraltro inammissibile la documentazione prodotta dagli eredi con l’atto di intervento rilevando che si trattava di documenti non nuovi, che avrebbero potuto e dovuto essere prodotti al momento della costituzione in appello. Ha peraltro escluso l’esistenza di un aggravamento della condizione patologica del ricorrente.

3. Contro la sentenza gli eredi dell’originario ricorrente propongono ricorso per cassazione sostenuto da sei motivi, cui resiste con controricorso l’Inps. Il ministero dell’Economia e delle Finanze non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo, il terzo, il quinto e il sesto motivo di ricorso sono prospettati sotto il profilo del vizio motivazionale. Con essi, in sintesi, la parte si duole della mancata valutazione da parte del giudice di merito della documentazione prodotta nel corso del giudizio, la quale, al contrario, avrebbe dovuto essere valutata anche ai sensi dell’art. 149 c.p.c.. In particolare il giudice avrebbe dovuto, a fronte di tale nuova documentazione, disporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio.

2. I motivi, che si affrontano congiuntamente in quanto connessi, sono infondati, oltre a presentare profili di inammissibilità. La Corte ha con motivazione senz’altro esistente – sì che non può configurarsi il vizio di omessa motivazione – valutato le malattie da cui è risultato essere affetto l’originario ricorrente e, condividendo il giudizio espresso dal consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto che le stesse per quanto gravi non abbiano determinato l’impossibilità dello stesso di deambulare in modo autonomo e di svolgere gli atti quotidiani della vita senza la necessità di una assistenza continua. Ha escluso che l’ipertensione arteriosa, unitamente alla bronco-pneumopatia cronica-ostruttiva e alla edentulia totale, pur aggravatesi dopo la domanda amministrativa, determinassero l’impossibilità per il ricorrente di attendere alle ordinarie occupazioni. Analogo giudizio ha espresso con riguardo al carcinoma al lobo superiore, insorto successivamente (e documentato nella cartella clinica della 18/7/2006), in quanto inidoneo a configurare il requisito sanitario utile per la provvidenza. In particolare ha specificato che pur trattandosi di patologia di rilievo non erano state riscontrate alterazioni anatomo-funzionali di grado tale da impedire la deambulazione autonoma, nè erano emersi deficit cognitivi o turbe comportamentali, ed il soggetto era risultato orientato nel tempo nello spazio all’esame obbiettivo praticato all’atto dell’ingresso nell’istituto ospedaliero come emergeva dalle cartelle cliniche esaminate.

3. Si è in presenza di una motivazione che, oltre ad essere sufficiente, è adeguata e congrua, nel senso che non si riscontrano errori di carattere logicortecnico. Peraltro, deve rilevarsi che la parte, non rispettando il principio di specificità dei motivi di ricorso e di autosufficienza, non ha trascritto neppure nelle sue parti salienti la consulenza tecnica d’ufficio, i certificati e le cartelle cliniche che ha depositato nel corso del giudizio, non li ha depositati unitamente ai ricorso per cassazione, nè ha fornito precise indicazioni per un loro facile reperimento nel presente giudizio. Con ciò la parte non ha rispettato il duplice onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovino i documenti su cui si fonda il ricorso e di evidenziarne il contenuto, trascrivendoli o riassumendoli nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass., 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966).

4. Lo stesso deficit di autosufficienza si riscontra con riguardo al secondo motivo di ricorso, con cui la parte denuncia l’errore in procedendo in cuì sarebbe incorso il giudice di merito non esaminando l’aggravamento denunciato prima dell’udienza di discussione e per il quale aveva richiesto una nuova consulenza tecnica d’ufficio. Al riguardo, al di là del fatto che la parte non indica in che termini, con quale atto processuale e in quale fase del giudizio ha sollecitato il rinnovo della consulenza, deve rilevarsi che spetta al giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la valutazione dell’opportunità di disporre indagini suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre la rinnovazione delle indagini, ed il mancato esercizio di tale potere, così come il suo esercizio, non è censurabile in sede di legittimità (Cass., 29 maggio 2008, n. 14462; Cass., 3 aprile 2007, n. 8355).

5. Quanto al quarto motivo di ricorso, con cui la parte denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., esso è inammissibile perchè attraverso l’improprio richiamo alle norme citate la parte intende in realtà ottenere una rivisitazione degli elementi posti a base della decisione di merito, prospettando una diversa soluzione in dissenso rispetto a quanto accertato dal giudice di merito. I ricorrenti, infatti, insistono sul diverso rilievo che, ai fini della prestazione richiesta, avrebbe il carcinoma basocellulare alla palpebra sinistra e la neoplasia polmonare, malattie queste entrambe esaminate dal giudice e rispetto alle quali si è escluso un giudizio di incapacità del soggetto di attendere agli atti quotidiani della vita.

6. Il sesto motivo, con il quale la parte oltre a denunciare il vizio motivazionale, prospetta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 e art. 149 disp. att. c.p.c., è anch’esso infondato dal momento che nella sentenza impugnata non si rinviene, nè per il vero è stata evidenziata, alcun affermazione in contrasto con le norme citate. Al contrario il giudice ha espressamente escluso che gli aggravamenti denunciati, compresa la malattia neoplastica, fossero tali da condurre al riconoscimento della prestazione richiesta.

7. Il ricorso deve dunque essere rigettato. In applicazione del criterio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, in difetto di autocertificazione attestante la sussistenza dei requisiti per il godimento dell’esenzione dal pagamento delle spese processuali, come imposta dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dalla legge numero 326/2003, applicabile ratione temporis (dagli atti di causa risulta che il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato in data 9/12/2004). Nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato nei confronti del Ministero che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1800,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e agli altri accessori di legge. Nulla nei confronti della parte rimasta intimata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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