Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22782 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 09/11/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 09/11/2016), n.22782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12360-2011 proposto da:

L.V.N. (OMISSIS), P.E. (OMISSIS), L.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 88, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BONANNI, che li

rappresenta e difende giusta delega in atti;

contro

MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO (già MINISTERO DELLE

COMUNICAZIONI) C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1641/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 31/01/2011 R.G.N. 799/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA;

udito l’Avvocato CORSINI ISABELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Palermo ha respinto il gravame proposto da L.V.N., L.R. e P.E. avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il ripristino dell’assegno ad personam, corrisposto dal Ministero delle Comunicazioni (oggi Ministero dello Sviluppo Economico) al momento del passaggio dalla Azienda Autonoma delle Poste e delle Telecomunicazioni e poi revocato a seguito del definitivo inquadramento in base alla tabella di equiparazione approvata con Decreto Interministeriale del 10 luglio 1997.

2 – La Corte territoriale ha confermato la pronuncia di rigetto con diversa motivazione, ritenendo che la comparazione fra il trattamento economico goduto presso l’amministrazione di provenienza e quello riconosciuto dall’ente di destinazione dovesse essere effettuatoci, alla data del definitivo inquadramento che, nella specie, aveva comportato l’attribuzione di una qualifica superiore a quella in precedenza posseduta e, quindi, un trattamento migliorativo rispetto alla precedente fase del rapporto. L’assegno personale, che in via provvisoria era stato erogato per il divieto di reformatio in peius, non aveva più giuridica giustificazione dalla data della definitiva immissione nei ruoli del Ministero.

3 – Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di due motivi. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “erronea ed apodittica ricostruzione in fatto e conseguente errore di diritto nella ritenuta non operatività al caso de quo della L. n. 53 del 1993, art. 3, comma 57; erronea applicazione di norma di diritto (D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202)”. Assumono che, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, anche alla data del definitivo inquadramento, ossia al 2 ottobre 1997, sussisteva una differenza fra il trattamento economico riconosciuto dal contratto Ente Poste 96/97 e quello previsto per i dipendenti del Comparto Ministeri dal C.C.N.L. 96/97.

1.2 – Il secondo motivo censura la sentenza impugnata per “erronea applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 3, comma 57, in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3”. Rilevano i ricorrenti che l’assegno, riconosciuto nell’anno 1994 e sempre erogato anche in occasione degli aumenti stipendiali conseguiti alle tornate contrattuali successive, non poteva essere revocato dal Ministero, in quanto la L. n. 537 del 1993, che ne aveva affermato il carattere di non riassorbibilità, aveva cessato di produrre effetti solo con la stipulazione del C.C.N.L. 1998/2001 del 16 febbraio 1999, ma ciò non aveva fatto venir meno il diritto alla corresponsione dell’assegno già entrato a far parte del patrimonio del dipendente.

2 – Il ricorso è infondato.

La sentenza impugnata è conforme all’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui “in materia di pubblico impiego, la L. n. 537 del 1997, art. 3, comma 57, – che prevede la non riassorbibilità dell’assegno ad personam spettante nei casi di “passaggio di carriera” di cui al T.U. n. 3 del 1957, art. 202, ad altra posizione con trattamento economico inferiore – non si applica in relazione alle assegnazioni al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni del personale dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, disposte ai sensi della L. n. 71 del 1994, art. 6, non essendovi in tal caso passaggio di carriera nella stessa o in altra amministrazione, ma solo un’assegnazione provvisoria con successivo reinquadramento nei ruoli organici del Ministero; ne consegue la legittimità del riassorbimento dell’assegno ad personam, già corrisposto al citato personale, per effetto della dinamica retributiva del trattamento economico” (Cass. 19.11.2010 n. 23474).

E’ stata sottolineata, in particolare, la inapplicabilità delle norme sopra citate perchè le stesse presuppongono un “passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione”, mentre i dipendenti transitati nei ruoli ministeriali in forza della L. 29 gennaio 1994, n. 71, art. 6, comma 2, vennero assegnati provvisoriamente al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in attesa di un inquadramento definitivo, sulla base di un successivo quadro di equiparazione, il che è concretamente avvenuto solo nel 1997.

Tale orientamento interpretativo, confermato da Cass. sent. nn. 7282, 15783 e 21434 del 2011, n. 480 e n. 10219 del 2014, nn. 5919, 5920, 12860 e 13123 del 2015, n. 8191 del 2016, deve essere anche in questa sede ribadito perchè le ragioni poste a fondamento del principio affermato sono condivise dal Collegio.

Ne consegue la legittimità del riassorbimento dell’assegno ad personam già corrisposto, dal momento del definitivo inquadramento in ruolo, per effetto della dinamica retribuiva del trattamento economico, in linea col principio generale per cui tali assegni, attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico già acquisito, sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria (v. Cass. n. 12956 del 2005, n. 5959 del 2012, n. 23366 del 2013, n. 24949 e 24950 del 2014).

Non vale, poi, obiettare che anche comparando le tabelle retributive vigenti nell’anno 1997 emergerebbe una differenza in favore dei dipendenti di Poste, tale da giustificare il riconoscimento dell’assegno in misura addirittura superiore a quella originariamente liquidata.

E’ evidente, infatti, che la comparazione debba essere effettuata considerando il trattamento stipendiale effettivamente goduto dal dipendente al momento della prima assegnazione e non quello che avrebbe percepito se fosse rimasto alle dipendenze dell’amministrazione di provenienza.

In conclusione, il ricorso va rigetto con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Non si ravvisano ragioni per disporre la compensazione poichè il gravame è stato proposto nonostante che questa Corte si fosse già pronunciata sulla infondatezza della pretesa.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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