Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22778 del 27/10/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 22778 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PETITTI STEFANO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ADRAGNA Giuliano (MWS GLN 46M31 C933B), rappresentato e
difeso, per procura speciale in
calce
al ricorso,
dall’Avvocato Gabriele De Paola, presso lo studio del
quale in Roma, via Giulia di Colloredo n. 46/48,
è
elettivamente domiciliato;
ricorrente
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro
pro
tempore,
rappresentato
e
difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via
legge;
dei
Portoghesi n. 12,
domiciliato per
Data pubblicazione: 27/10/2014
- controricorrente avverso il decreto della Corte di appello di Trento
depositato in data 11 ottobre 2013 (R.G. V.G. n.
235/2013).
udienza del 25 settembre 2014 dal Consigliere relatore
Dott. Stefano Petitti;
sentito
il Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. Pierfelice Pratis,
che ha concluso per la improcedibilità del ricorso.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 11 aprile
2013 presso la Corte d’appello di Trento, Adragna Giuliano
chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento del danno derivato dalla
irragionevole durata di una causa iniziata dinnanzi al TAR
Veneto nel 1996 e definita con sentenza depositata il 25
maggio 2012;
che l’adita Corte d’appello accoglieva la domanda
rilevando che il giudizio presupposto si era ingiustamente
protratto per 12 anni e 6 mesi e liquidava in favore di
Adragna Giuliano la somma di euro 10.800,00;
che il Ministero dell’economia e delle finanze
proponeva opposizione avverso il decreto lamentando che il
Presidente della Corte territoriale non aveva scomputato
dal calcolo della durata complessiva del processo il
-2-
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
periodo anteriore al deposito dell’istanza di prelievo (5
agosto 2011);
che la Corte d’appello adita accoglieva l’opposizione
e, per l’effetto, riformulava la precedente statuizione
ricorrente;
che per la cassazione di questo decreto Adragna
Giuliano ha proposto ricorso sulla base di un unico
motivo, cui ha resistito, con controricorso, l’intimato
Ministero.
Considerato
che preliminare alla stessa esposizione
dell’unico motivo di ricorso è il rilievo della
improcedibilità del ricorso;
che, invero, dallo stesso ricorso emerge che il
decreto della Corte d’appello di Perugia, depositato il 25
luglio 2013, oggetto di impugnazione, è stato notificato
dall’Avvocatura distrettuale dello Stato il 20 dicembre
2013;
che, tuttavia, il ricorrente ha depositato copia
autentica del decreto non recante la relata di
2
notificazione del decreto impugnato;
che trova, quindi, applicazione il principio per cui
«la previsione – di cui al secondo comma, n. 2, dell’art.
369 cod. proc. civ. – dell’onere di deposito a pena di
improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma
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determinando in 900,00 euro la somma spettante all’odierno
della stessa norma, della copia della decisione impugnata
con la relazione di notificazione, ove questa sia
avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte
di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e,
vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività
dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una
volta avvenuta la notificazione della sentenza, è
esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto
termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente,
espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza
impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre
una copia autentica della sentenza impugnata senza la
relata di notificazione, il ricorso per cassazione
dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile
evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto
attraverso la produzione separata di una copia con la
relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art.
372 cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché
entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 cod.
proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo
dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del
termine breve da parte del controricorrente ovvero del
deposito da parte sua di una copia con la relata o della
presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui
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quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del
emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione»
(Cass., S.U., n. 9005 del 2009);
che, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente al
liquidate in dispositivo;
che, risultando dagli atti del giudizio che il
procedimento in esame è considerato esente dal pagamento
del contributo unificato, non si deve far luogo alla
dichiarazione di cui al
coma 1-quater dell’art. 13 del
testo unico approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte
dichiara il ricorso improcedibile;
condanna
il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, che liquida in complessivi euro 500,00 per
compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione,
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come