Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2277 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16323-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FIAT PARTECIPAZIONI SPA in persona dell’Amministratore delegato,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAGNANI CORRADO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 06/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il resistente l’Avvocato MAGNANI, che insiste nel rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La s.p.a. Fiat Partecipazioni, premesso che nella dichiarazione dei redditi presentata per il 1997 aveva omesso di indicare nel quadro RG un credito d’imposta per tributi corrisposti all’estero per un ammontare di L. 30.733.264.000, non agevolandosi pertanto della conseguente relativa detrazione consentita dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, con istanza in data 22.1.1999 ritenne di procedere alla correzione dell’errore commesso, richiedendo altresì il rimborso della somma non riportata a credito in quella dichiarazione.

Formatosi sulla predetta istanza il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, la società contribuente lo impugnò dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che accolse il ricorso, ritenendo ammissibile la correzione della dichiarazione. La sentenza della C.T.R. Piemonte, che aveva dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio, venne annullata da questa Corte con sentenza n. 12841/04. Riassunto il giudizio dalla società, l’Ufficio ha insistito nel proprio gravame, ribadendo quanto già dedotto in primo grado circa la decadenza della società dal diritto ad avvalersi della suddetta detrazione, per non averne fatto richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di competenza, ma la C.T.R. del Piemonte, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello della parte erariale, ritenendo che la decadenza di cui all’art. 15 assumeva la specifica funzione di precludere l’esercizio del diritto alla detrazione per i periodi d’imposta diversi da quello per cui il diritto era stato previsto e ribadendo le ragioni poste da questa Corte a base della ritenuta emendabilità delle dichiarazioni dei redditi. Per la cassazione della sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso, notificato il 16.5.2006, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, deducendo un unico motivo. La s.p.a. Fiat Partecipazioni replicò con controricorso notificato il 24.6.2006, illustrato con memoria.

La parte erariale, denunciando violazione dell’art. 12 preleggi, art. 2697 c.c., D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, nonchè omessa o carente motivazione su punti decisivi, lamenta che, con la decisione impugnata, la C.T.R. avrebbe impropriamente distinto tra titolarità ed esercizio del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero; la decadenza prevista dall’art. 15 inciderebbe solo sull’esercizio, potendo il credito essere utilizzato solo nella dichiarazione dell’anno di competenza e non in quelle successive, mentre non inciderebbe sulla titolarità, perchè, ove decaduti dalla richiesta di detrazione, il diritto al credito si trasformerebbe in pretesa di rimborso dello stesso importo. Ad avviso della parte erariale, invece, secondo il chiaro testo del citato art. 15, l’estinzione per decadenza della detrazione nell’anno di competenza comporta l’estinzione del diritto in ogni sua manifestazione e in tale speciale disciplina la decadenza è espressamente collegata al dato formale della presentazione della dichiarazione, restando irrilevanti eventuali rettifiche della stessa intervenute successivamente alla sua presentazione. Rispetto alla questione di cui al ricorso della parte erariale, proprio in controversia tra le medesime parti in relazione al periodo d’imposta 1998, questa Corte ha affermato che, nell’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, comma 3, riguardante la detrazione delle imposte pagate su redditi prodotti all’estero, la decadenza ivi prevista – non diversamente da quanto stabilito dal precedente art. 14 nel caso di utili distribuiti da società ed enti – è espressamente collegata al fatto formale della omessa richiesta della detrazione nella dichiarazione dei redditi, restando con ciò escluso ogni rilievo di eventuali rettifiche, da parte del contribuente, dei contenuti della dichiarazione, intervenute successivamente alla sua presentazione mediante istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 (Cass. n. 18371/05). Nello stesso senso la Corte aveva risolto la questione relativa all’art. 14 d.p.r. cit. escludendo che la decadenza prevista da detta norma potesse riguardare solo il meccanismo procedimentale agevolato dell’autodetrazione, ma non anche il diritto sostanziale alla detrazione medesima, la quale, in caso di omessa richiesta nella dichiarazione dei redditi, avrebbe potuto essere cosi richiesta nei modi e nei termini di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, ed osservando al riguardo che la decadenza produce infatti l’estinzione del diritto in virtù del fatto oggettivo dell’inosservanza dell’onere imposto al suo titolare, sicchè essa può essere impedita solo dall’esercizio del diritto medesimo mediante il compimento dell’atto previsto, quale, nella specie, la detrazione del credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi (Cass. n. 9475/02; 4402/00).

Ritiene la Corte che questo orientamento vada precisato, dovendo verificarsi se, pur esauritosi per intervenuta decadenza il rapporto relativo al credito d’imposta, sia configurabile un diritto al rimborso legato ad una correzione della dichiarazione.

Al riguardo, va tenuto presente che a soluzione diversa rispetto a quella sopra citata questa Corte è pervenuta – con riferimento a fattispecie in cui, in relazione sempre al periodo d’imposta 1997, la società aveva cautelativamente detratto in dichiarazione solo una parte del credito d’imposta, riservandosi fin da allora di chiedere il rimborso del residuo – ritenendo, invece, operante il principio dell’emendabilità della dichiarazione, affermando che “le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, nè costituiscono titolo dell’obbligazione tributaria, ma sono dichiarazioni di scienza e, quindi, salvi casi particolari, possono essere liberamente modificate dal contribuente, anche in sede processuale; pertanto, la dichiarazione, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione è – in linea di principio – emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico; ne discende che il contribuente che abbia esposto nella competente dichiarazione dei redditi solo una parte della detrazione d’imposta che ritiene a lui spettante, e che, quindi, abbia versato, in via di autotassazione, una somma superiore a quella dovuta, può chiedere la restituzione dell’imposta indebitamente versata, nei termini previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, non ostando a ciò la decadenza prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, comma 3, la quale si riferisce alla diversa ipotesi in cui il contribuente abbia chiesto la detrazione nella dichiarazione relativa ad un periodo d’imposta successivo, e non intende consentire la correzione di quanto dichiarato solo mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa, che è invece finalizzata alla rimozione di omissioni ed alla eliminazione di errori suscettibili di importare un pregiudizio per l’erario” (Cass. n. 29738/08; conforme, sul punto, a Cass. 21646/04). Più di recente, si è precisato che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 14, comma 5, (nella numerazione applicabile “ratione temporis” e sostanzialmente corrispondente alla norma in esame), nel prevedere che la detrazione del credito di imposta per gli utili distribuiti da società ed enti deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui gli utili sono stati percepiti, intende impedire che la stessa possa farsi in una dichiarazione diversa da quella attinente all’esercizio d’imposta in cui gli utili siano stati percepiti, e non trova pertanto applicazione nel caso in cui la detrazione non sia stata effettuata per errore, di fatto o di diritto, essendo in tal caso la dichiarazione emendabile e ritrattabile, quando possa derivarne l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Ne consegue che anche in tale ipotesi il contribuente ha facoltà di chiedere il rimborso nel termine di 48 mesi stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, applicabile in tutte le ipotesi di contestazione riguardanti versamenti diretti in autotassazione che si assumano ingiustamente gravosi per il contribuente stesso (Cass. n. 26886/09).

Il Collegio condivide tale evoluzione della giurisprudenza, incentrata sul rilievo tendenzialmente generale dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi (Cass. S.U. n. 15063/02), con conseguente configurabilità di un rimborso, a seguito di rettifica della dichiarazione, delle imposte su redditi prodotti all’estero non incluse, per errore di fatto o di diritto, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui sono state pagate.

Ne deriva il rigetto del ricorso, essendo la sentenza impugnata in armonia con tali principi.

Ricorrono giusti motivi, tenuto conto dell’indicato contesto giurisprudenziale, per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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