Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2277 del 30/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2277 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 12645-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3651

D’ORAZIO GIOVANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CONCORDIA N. 12 INT. 6, presso lo studio
dell’avvocato AMLETO IAFRATE, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 30/01/2018

avverso la sentenza n.

1910/2012 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/05/2012 r.g.n.

350/2008.

R.G. n. 12645/2013
RILEVATO

che con sentenza in data 8 maggio 2012 la Corte di Appello di Roma ha
confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la
nullità della clausola appositiva del termine “per esigenze tecniche, organizzative
e produttive” anche conseguenti all’attuazione di accordi sindacali, di cui al
contratto di lavoro stipulato per il periodo 4.5.2002 – 29.6.2002 tra Giovanna

subordinato a tempo indeterminato, con condanna della società alla riammissione
in servizio ed al risarcimento del danno; in riforma parziale di detta sentenza ha
applicato l’art. 32 della I. n. 183 del 2010 condannando la società al pagamento
di 4 mensilità di retribuzione, oltre accessori;
che avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato a
quattro motivi, cui ha resistito la D’Orazio con controricorso;

CONSIDERATO

che il primo motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, per avere la Corte territoriale applicato la I. n. 368 del 2001, è privo dia.
fondamento considerato il principio pacifico in base al quale “l’art. 74, comma 1,
CCL 11 gennaio 2001 per il personale non dirigente di Poste italiane s.p.a.,
stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza dell’accordo, onde i
contratti a termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare
nella disciplina transitoria prevista dall’art. 11, d.lgs. n. 368/2001, e sono
interamente soggetti al nuovo regime normativo di cui agli artt. 1 ss., d.lgs. n.
368/2001” (ex multis: Cass. n. 25558 del 2015; Cass. n. 20441 del 2015);
che parimenti infondato è il secondo motivo con cui si sostiene che sarebbe stato
onere della controparte provare l’estraneità dell’assunzione rispetto alle esigenze
individuate nel singolo contratti, atteso che per la giurisprudenza di questa Corte,
invece, l’onere probatorio di provare la sussistenza delle ragioni legittimanti
l’apposizione del termine grava sul datore di lavoro (tra tante: Cass. n. 2279 del
2010; Cass. n. 3325 del 2014; Cass. n. 5255 del 2017);
che il terzo mezzo denuncia omessa motivazione in ordine ad un fatto
controverso e decisivo per il giudizio lamentando una errata valutazione delle

D’Orazio e Poste Italiane Spa, nonché la sussistenza di un rapporto di lavoro

R.G. n. 12645/2013
risultanze istruttorie da parte della Corte romana; analogamente con il quarto
motivo si lamenta insufficiente motivazione e violazione e falsa applicazione di
norme processuali per non avere detta Corte provveduto ad integrare un quadro
probatorio già tempestivamente delineato, anche attraverso l’uso di poteri
istruttori d’ufficio;
che

dette censure, da scrutinarsi congiuntamente, non possono trovare

accoglimento, atteso che esse tendono ad una rivalutazione della quaestio facti di

poste a fondamento del termine, anche mediante doglianze attinenti alla
valutazione del materia probatorio che sfugge al sindacato di questa Corte,
laddove il decisum, come nella specie, sia sorretto da adeguata motivazione;
che conclusivamente il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza

liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’Avv. Amleto Iafrate dichiaratosi
a nti stata rio;
che occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1

quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del
2012;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese
liquidate in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori
secondo legge e spese generali al 15%, con attribuzione al procuratore.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 26 settembre 2017

competenza del giudice del merito circa la prova della sussistenza delle ragioni

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