Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22768 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. un., 12/09/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 12/09/2019), n.22768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26295-2015 proposto da:

P.R., in proprio ed in qualità di Presidente ed

Amministratore unico dell’Associazione CITY CLUB e della EURO’

S.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 13,

presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GESSINI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato STEFANIA BRAMATI;

– ricorrente –

contro

ASSICURATORI DEI LLOYD’S, sottoscrittori delle polizze di

assicurazione n. (OMISSIS), in persona del Rappresentante Generale

per l’Italia, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE QUATTRO

FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FOGLIA, che li

rappresenta e difende;

COMUNE DI DESIO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO

COSTANTRI;

– controricorrenti –

e contro

PE.RO., nella qualità di tecnico del Comune di Desio,

S.G. nella qualità di funzionario responsabile del Comune di

Desio, T.O. nella qualità di erede di M.G.

nella qualità di allora Sindaco del Comune di Desio;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3051/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/07/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2019 dal Consigliere LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso in via principale per l’inammissibilità

del ricorso, in subordine per il rigetto;

uditi gli avvocati Agostino Gessini, Guido Foglia e Massimiliano

Costantin.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14/7/2015 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dal sig. P.R. in relazione alla sentenza Trib. Monza n. 1606 del 2014, declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo in relazione alla domanda di risarcimento di danni lamentati nei confronti del Comune di Desio e dei dipendenti sigg. Pe.Ro., S.G. e M.G., per asseriti “comportamenti contra ius personalmente perpetrati” da questi ultimi in relazione a presentate richiesta di “DIA… per l’apertura di un esercizio di somministrazione e bevande riservato a soci di circolo privato…., per l’installazione di apparecchi da gioco”, nonchè a “comunicazione di insediamento di club privato”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi il Comune di Desio e gli Assicuratori dei Lloyd’s.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va pregiudizialmente rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per essere stata entro il termine all’uopo previsto all’art. 369 c.p.c. dal ricorrente depositata la copia autentica dell’impugnata sentenza priva della relazione di notificazione, e quindi provveduto al deposito “integrativo”, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2, della sentenza con la relata di notificazione effettuata alle altre parti.

Come queste Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (v. Cass., Sez. Un., 2/5/2017, n. 10648).

Il suindicato principio va invero ribadito, non risultando essere stati al riguardo dedotti argomenti che inducano a discostarsene nè potendo in contrario valorizzarsi l’invocato precedente di questa Corte che non vi si è uniformato (v. Cass., 19/1/2018, n. 1295), atteso che come non si è mancato di porre in rilievo una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale (v. Cass., 14/2/2019, n. 4370).

Deve pertanto confermarsi che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia della decisione impugnata priva della certificazione di conformità all’originale non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione ove come nella specie il ricorrente produca la predetta certificazione con la nota di deposito ex art. 372 c.p.c. (v. Cass., 11/6/2019, n. 15712).

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 362,37,113 e 115 c.p.c., L. n. 2248 del 1865, All. E, art. 4,D.Lgs. n. 80 del 1998, artt. 33,34,35 come modif. dalla L. n. 205 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente declinato la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che nella specie si tratta di “decidere sulla domanda risarcitoria avverso l’operato di pubblici dipendenti”.

Lamenta essersi ritenuta nel caso applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133 laddove “i fatti di cui si discute” risalgono al 2007-2008, e sono pertanto “antecedenti all’entrata in vigore di detta norma”; norma che comunque non trova nella specie applicazione, in quanto “al di là del nome si trattava di DIA per circolo privato e non per l’apertura di un pubblico esercizio, come tale non soggetto alle normative edilizie prese in considerazione dal Giudice, come invece è stato frainteso”, sicchè non è “necessario ottenere alcuna autorizzazione”, essendovi “solo l’obbligo di comunicare l’insediamento della associazione, senza nessun tipo di obbligo o vincolo urbanistico”.

Si duole non essersi considerato che “il riferimento alla giurisdizione esclusiva in materia urbanistica (art. 133, lett. f) è del tutto estranea alla eventuale conseguente azione di risarcimento del danno ma, nel caso di specie, sarebbe comunque dubbia, al di là della sua applicabilità ratione temporis, l’utilizzabilità dell’art. 133 visto che le azioni di danno previste da tale norma sono quelle indicate nell’art. 1, lett. a) relative all’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo e non alla mancata illegittima concessione di un atto dovuto con coinvolgimento doloso o colposo di pubblici funzionari”.

Con il 2 motivo il ricorrente denunzia “omessa valutazione di tutti gli argomenti difensivi e/o comunque difetto di motivazione”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.

Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che “per l’insediamento del club privato non era necessaria alcuna DIA, essendo sufficiente una semplice segnalazione di insediamento di club privato; si trattava, pertanto, di un atto automatico che non richiedeva alcun controllo e che, invece, è stata oggetto nel caso di specie di reiterate quanto indebite interferenze da parte dei funzionari del Comune di Desio”.

Lamenta non esservi nell’impugnata sentenza “nessun cenno, neppure per disattenderlo,… al secondo illegittimo provvedimento di blocco dell’attività disposto dal Comune di Desio”; e non essersi altresì considerato che “i funzionari comunali avevano ignorato che, con comunicazione del 19/09/2007 il Presidente Nazionale del Centro Sportivo Educativo Nazionale aveva confermato l’automatismo dell’iscrizione del City Club nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale (all. 13 atto di citazione) e, di conseguenza, la bontà delle argomentazioni del P.. E, quel che poi più conta, lo stesso Ministero aveva, con proprio atto, riconosciuto che il City Club era un’associazione a livello nazionale (alla memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2)”.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente pone a base delle mosse censure atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, l’atto di citazione, “due DIA…, una per l’apertura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande (prot. (OMISSIS) v. all. 1 atto di citazione)… un’altra per l’installazione di apparecchi di gioco (prot. (OMISSIS) v. all. 3 atto di citazione)”, la “comunicazione di insediamento club privato (prot. 19212 v. all. 4 atto di citazione)”, l'”ordinanza n. 156 del 15/05/2007″ del Comune di Desio, “reiterati sopralluoghi da parte della polizia locale presso la sede della Eurò srl per asseriti abusi edilizi… (v. sentenza di assoluzione all. 16 atto di citazione)”, l’impugnazione dell'”ordinanza n. 156 del Comune di Desio… innanzi al T.A.R. per la Lombardia”, l’ordinanza del T.A.R. “n. 1096 del 10/07/2007”, la “richiesta di annullamento del provvedimento del 15 maggio 2007 e rivalutazione delle autorizzazioni richieste (all. 7 atto di citazione)”, (‘”ordinanza n. 242 del 03/08/2007… (all. 8 atto di citazione)”, la “raccomandata al Comune di Desio… (all. 9 atto di citazione)”, la “lettera di risposta del 04/09/07” del “Comune di Desio… (all. 10 atto di citazione)”, la “lettera… del 06/09/07 (all. 11 atto di citazione)”, la “comunicazione del 19/09/07” del “Presidente Nazionale del Centro Sportivo Educativo Nazionale… (all. 13 atto di citazione)”, la “nota comunale integrativa del 29/10/2007… (all. 14 atto di citazione)”, il “secondo ricorso depositato presso il T.A.R. per la Lombardia…(all. 15 atto di citazione)”, la sentenza del “T.A.R. per la Lombardia… n. 4590/2008 depositata in data 30 settembre 2008 (v. pag. 3 (all. 15 atto di citazione)”, la “sospensiva del TAR (all. 6 atto di citazione)”, le “documentate molteplici censure”, la “sentenza di assoluzione penale pronunciata nei confronti del P. per gli asseriti abusi edilizi (all. 16 atto di citazione)”, il “provvedimento di archiviazione del GIP (all. 24 memoria istruttoria art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2)”, gli “ultimi avvenimenti che hanno coinvolto i pubblici funzionari del Comune di Desio e portato alla condanna di buona parte dei suoi funzionari… convenuti in questo giudizio, che avevano adottato i vari provvedimenti di blocco nei confronti dei ricorrenti… (v. all. 35 propria conclusionale)) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti (es., sentenza del “T.A.R. per la Lombardia… n. 4590/2008 depositata in data 30 settembre 2008”), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimità, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, non essendo invero sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

E’ al riguardo appena il caso di ribadire che i requisiti di formazione del ricorso rilevano ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso.

A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dalla corte di merito nell’impugnata sentenza risultano invero non idoneamente censurate dall’odierno ricorrente.

Non idoneamente censurata si appalesa in particolare la statuizione, posta a base della declaratoria di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, secondo cui (sulla premessa che “ogni qualvolta la condotta del funzionario si manifesti quale espressione della potestà pubblica… dovrà essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo”, laddove “quando la condotta contestata sia qualificabile come mero comportamento “materiale” non riconducibile nemmeno in via mediata all’esercizio della funzione pubblica… dovrà essere affermata la giurisdizione ordinaria”, e che “quando il danno richiesto sia diretta conseguenza di una illegittimità lato sensu provvedimentale/procedimentale e non derivi da meri comportamenti materiali dei pubblici dipendenti, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle domande risarcitorie proposte nei confronti dell’amministrazione” si estende “anche alle domande proposte nei confronti dei dipendenti”) nella specie “a fondamento delle domande risarcitorie promosse dall’appellante nei confronti dei funzionari pubblici uti singuli lo stesso ha allegato, peraltro in maniera assolutamente evanescente e sfumata, condotte dagli stessi perpetrate nell’esercizio della propria funzione. In altri termini, il P. ha indicato quale fonte dei danni lamentati delle condotte – id est la mancata ottemperanza all’ordine di sospensiva del TAR, l’effettuazione di controlli finalizzati alla verifica di abusi edilizi nonchè al possesso dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento delle attività denunziate- che senza dubbio si inseriscono nell’iter procedimentale intrapreso con la presentazione della DIA, venendo a costituire espressione della spendita del potere pubblico”.

Atteso che come queste Sezioni Unite hanno già avuto più volte modo di affermare, la giurisdizione va determinata sulla base della domanda, e ai fini del relativo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti bensì il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice quanto bensì in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (v. Cass., Sez. Un., 14/7/2017, n. 17547; Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732; Cass., Sez. Un., 7/4/2015, n. 6916; Cass., Sez. Un., 5/7/2013, n. 16883; Cass., Sez. Un., 11/10/2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 25/6/2010 n. 15323); e considerato che nelle ipotesi in cui risulta in particolari materie normativamente attribuita al giudice amministrativo la giurisdizione si estende alle controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi espressione di pubblici poteri (cfr., con riferimento a differente ipotesi, Cass., Sez. Un., 25/2/2011, n. 4614. Cfr. altresì Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732), e allorquando il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta dell’illegittimità dell’atto impugnato la tutela risarcitoria può essere invocata davanti al giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 23/1/2018, n. 1654); va osservato come nella specie, al di là dell’impossibilità di evincersi con precisione quali siano gli specifici comportamenti dei dipendenti del Comune di Desio dei quali l’odierno ricorrente in concreto si duole, decisivo rilievo assume invero la circostanza che gli stessi risultano prospettati come comunque attinenti all’iter procedimentale intrapreso con la presentazione nella specie delle “due DIA”, e pertanto al rilascio dell’autorizzazione richiesta, come confermato dalla sentenza Cons. Stato 15/1/2013, n. 210 (indicata e riportata dal Comune di Desio nel proprio controricorso).

Emerge dunque evidente come, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le deduzioni del ricorrente in realtà si risolvano nella mera inammissibile sollecitazione – cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità – di un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore ciascuno dei controricorrenti Comune di Desio e Assicuratori dei Lloyd’s, seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 7.800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti Comune di Desio e Assicuratori dei Lloyd’s.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, del comma 1 -bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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