Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2276 del 26/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 26/01/2022, (ud. 24/11/2021, dep. 26/01/2022), n.2276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Tria Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1182-2020 proposto da:

M.K., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA U.T.G. DELLA PROVINCIA DI BRESCIA, in persona del Prefetto

pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 219/2019 del GIUDICE DI PACE di BRESCIA,

depositata il 04/11/2019 R.G.N. 5130/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS

LUISA visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il giudice di pace di Brescia ha respinto il ricorso proposto da M.K. avverso il provvedimento del (OMISSIS) con cui il prefetto della città ha disposto l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino pakistano non avente titolo per permanere sul territorio nazionale.

2. Il giudice monocratico, con ordinanza del 4 novembre 2019, ha osservato per quanto qui ancora interessa – che, “con decisione del 6 dicembre 2018 notificata al ricorrente, la Commissione Territoriale di Crotone” aveva dichiarato “l’inammissibilità della domanda” di protezione internazionale reiteratamente proposta dall’istante dopo che ne era stata respinta una precedente in data (OMISSIS); ha ritenuto, quindi, configurabile nella specie l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 3, che prevede la sospensiva dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato innanzi all’autorità giudiziaria, salvo, appunto, il caso descritto alla lett. b), ove il ricorso sia proposto “avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale”.

In merito, poi, alla denunciata violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, il giudice di pace, premesso che “il cittadino straniero nel verbale di identificazione dal medesimo redatto in lingua italiana e inglese nulla dichiarava circa la conoscenza della lingua italiana e non esprimeva alcuna preferenza per la traduzione dei provvedimenti”, ha ritenuto “assorbente” l’argomentazione “rappresentata dall’evidente contraddizione in cui cade il ricorrente, laddove è trascritto nel ricorso, a sostegno della violazione del principio di non refoulement nel proprio paese di origine, che egli “parla e comprende la lingua italiana ad un livello molto avanzato”, tanto da conferire apposita procura all’odierno difensore redatta in lingua italiana”.

3. Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso il soccombente, affidato a 2 motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno e del Prefetto di Brescia, che non hanno svolto attività difensiva; la Prefettura intimata ha depositato, per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Nell’adunanza camerale del 24 luglio 2020 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo “onde consentire i necessari approfondimenti e la composizione delle difformità di orientamenti” in ordine a talune questioni poste dal primo motivo di ricorso; nell’adunanza camerale del 26 maggio 2021 la causa è stata poi rinviata per la trattazione del processo in pubblica udienza.

5. La Procura Generale, con la memoria D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, inserito nella L. di conv. n. 176 del 2020, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Opportuno premettere che, nel procedimento di impugnazione del decreto prefettizio di espulsione a carico dello straniero, la legittimazione a contraddire l’opposizione proposta dal destinatario spetta all’autorità che ha emesso il provvedimento, e quindi al Prefetto (tra molte: Cass. n. 22694 del 2021; Cass. n. 12665 del 2019; Cass. n. 28852 del 2005; Cass. SS.UU. n. 15141 del 2001), nella specie ritualmente evocato in giudizio.

2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia un error in procedendo per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 4, nonché una violazione del diritto di difesa, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 13-19; si contesta l’espulsione perché, avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che dichiarava l’inammissibilità della domanda “reiterata” di protezione internazionale, risultava proposta impugnazione innanzi alla Sezione specializzata del Tribunale di Catanzaro che non si era ancora pronunciata; si argomenta, inoltre su vari profili di illegittimità di cui sarebbe affetto “il decreto di inammissibilità della protezione internazionale”, circostanze che, “sebbene oggetto di valutazione demandata alla Sezione specializzata, avrebbero dovuto costituire argomenti di prova anche per il Giudice di Pace, posto che il decreto di inammissibilità è atto presupposto al decreto di espulsione”.

3. Il motivo non può trovare accoglimento.

3.1. Questa Corte ha stabilito che il verificarsi di una delle ipotesi, tra loro alternative, previste dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 4, comporta, per espressa previsione normativa contenuta nella predetta disposizione, l’obbligo del richiedente la protezione internazionale di lasciare il territorio nazionale soltanto dopo il decorso del termine previsto per l’impugnazione delle pronunce della Commissione territoriale di rigetto, di manifesta infondatezza e di inammissibilità rispettivamente disciplinate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b) e b) “bis”, artt. 23 e 29; ne consegue che è vietata l’espulsione, anche in assenza di un provvedimento di sospensione dell’efficacia di tali pronunce, sino alla scadenza del termine anzidetto (Cass. n. 13891 del 2019; Cass. n. 32958 del 2019).

Si è successivamente chiarito (Cass. n. 24009 del 2020) che il principio non è estensibile “al decorso del tempo necessario all’intero sviluppo del percorso giurisdizionale, con deduzione erronea sia sotto il profilo letterale sia in relazione all’impostazione sistematica delle norme esaminate, modificate a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 13 del 2017, art. 35 bis, convertito nella L. n. 46 del 2017, che hanno escluso l’automatico effetto sospensivo del ricorso giudiziario, conseguente al diniego della protezione internazionale in sede amministrativa”; infatti, “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, prevede letteralmente che il richiedente è autorizzato a permanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32: non esiste alcun riferimento al momento della decisione in sede giurisdizionale, rispetto alla quale il citato art. 32, comma 4, prevede l’obbligo per il richiedente di rilasciare il territorio nazionale “dopo la scadenza del termine per l’impugnazione, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo””; si aggiunge che la sede in cui deve essere ottenuta la sospensiva è quella del giudizio volto ad ottenere la protezione internazionale avverso il diniego opposto dalla Commissione Territoriale alla domanda reiterata, “in mancanza della quale ricorrono tutti i presupposti del provvedimento di espulsione oggetto di opposizione”.

Pertanto va ribadito il principio, espresso nella massima del precedente citato, secondo cui: “La pendenza del giudizio di protezione internazionale, ove la Commissione territoriale abbia dichiarato l’inammissibilità della domanda proposta, perché reiterata, non produce la sospensione automatica degli effetti della decisione amministrativa, ostandovi il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 3, lett. b), che la esclude testualmente. Ne consegue che in sede di opposizione al provvedimento di espulsione, emesso e comunicato contestualmente al provvedimento della Commissione territoriale, non può farsi valere, in tale peculiare ipotesi, alcuna efficacia sospensiva derivante dalla concomitanza del procedimento di protezione internazionale”.

3.2. Opportuno sottolineare la differenza della fattispecie all’attenzione del Collegio rispetto ad ipotesi non coincidenti.

Innanzitutto rispetto a quanto statuito da Cass. n. 2453 del 2021, che riguarda la diversa ipotesi della domanda reiterata di protezione internazionale presentata in pendenza di una procedura espulsiva, escludendo che la stessa “possa per ciò solo essere dichiarata automaticamente inammissibile”, mentre nel caso che ci occupa la domanda reiterata era stata già dichiarata inammissibile dalla Commissione prima del decreto prefettizio e per ragioni diverse dalla presunzione prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29 bis, nel testo vigente all’epoca della domanda reiterata secondo cui “nel caso in cui lo straniero abbia presentato una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale, la domanda è considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso”.

Parimenti non può trovare applicazione nella specie quanto ritenuto da Cass. n. 27797 del 2021, che ha riguardato la diversa ipotesi in cui il provvedimento della Commissione che aveva respinto la domanda reiterata non era stato notificato al destinatario, per cui non poteva neanche decorrere il termine per l’impugnazione e, nella sua pendenza, lo straniero non poteva essere espulso, alla stregua di quanto ritenuto proprio da Cass. n. 13891 del 2019 e Cass. n. 32958 del 2019 innanzi citate e, più di recente, da Cass. n. 10423 del 2021.

3.3. Quanto alle altre questioni poste dal motivo in esame, esse sono palesemente inammissibili, in quanto, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, riguardano la procedura di riconoscimento della protezione internazionale.

4. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 13, comma 7,per la mancata traduzione dell’atto espulsivo nonché per la sua mancata sottoscrizione da parte dell’interprete.

Il motivo non merita accoglimento perché non si misura adeguatamente con la effettiva ratio decidendi della decisione impugnata sul punto, atteso che, come ricordato nello storico della lite, il giudice del merito ha ritenuto, sulla base di plausibili argomentazioni, peraltro non oggetto di alcuna specifica censura, che il cittadino pakistano comprendesse la lingua italiana “ad un livello molto avanzato”, per cui ogni questione relativa alla traduzione dell’atto di espulsione risulta priva di valenza decisiva idonea a determinare la cassazione dell’ordinanza gravata (cfr. Cass. n. 2953 del 2019).

5. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto; nulla per le spese in difetto di attività difensiva delle amministrazioni intimate.

Non è dovuto il raddoppio del contributo trattandosi di materia esente ex lege a mente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 (cfr. Cass. n. 6285 del 2020, Cass. n. 11493 del 2020 e Cass. n. 11954 del 2020; in precedenza Cass. n. 3305 del 2017).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’udienza pubblica, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022

 

 

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