Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22755 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 03/11/2011), n.22755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23632-2010 proposto da:

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FLAMINIA 79, presso lo studio legale LUBRANO &

ASSOCIATI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO LUBRANO giusta mandato

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ANAS SpA (OMISSIS), (già Ente Nazionale per le Strade ANAS), in

persona del Direttore Centrale Affari Legali, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DI S. ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo

STUDIO LEGALE D’ERCOLE, rappresentato e difeso dall’avvocato PALOMBI

NICOLA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10079/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

18/12/09, depositata l’08/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato Lubrano Filippo, difensore del ricorrente che si

riporta al ricorso e alla memoria;

udito l’Avvocato Palombi Nicola, difensore della controricorrente che

ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. ELISABETTA CESQUI che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. con sentenza del 18.12.2009 – 8.4.2010 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da D.G. nei confronti dell’Anas spa avverso la pronuncia di prime cure che aveva disatteso la domanda del D. diretta alla liquidazione, secondo le tariffe professionali degli ingegneri, del compenso dovutogli in relazione ad operazioni di collaudo effettuate; per quanto ancora qui specificamente rileva, la Corte territoriale ha osservato che: ” 1) la commissione di collaudo mai è stata nominata ex novo, giacchè nelle deleghe 16/1/1993, n. 60 e 4/2/1997 1997 n. 969/95 si provvede alla sostituzione o al mantenimento dei residui componenti e alla prosecuzione dell’attività di cui alla delega 5/2/1988 n. 271. Nel provvedimento del 13/3/2001, n. 17137/1999, per il D. viene espressamente prevista la conferma di commissario quale collaudatore unico; 2) nella delega 5/2/1988 n. 271, espressamente vengono previsti i compensi sulla base di specifiche disposizioni e puntuale riferimento a indennità, diarie ecc.; 3) sin dalla delega 5/2/1988 n. 271, veniva previsto che i collaudatori effettuassero anche il collaudo statico. Ne consegue che, avendo il D. accettato l’incarico sulla base della delega n. 60 del 1993, che espressamente richiamava la delega 5/2/1988 n. 271, allegata alla prima, ha aderito ai criteri di individuazione del compenso fissati dalla delega indicata da ultimo”, avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale D.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo, deducendo che la Corte territoriale aveva deciso sull’erroneo presupposto che l’incarico di collaudo gli fosse stato attribuito sulla base della delega del 5.2.1988, n. 271, quando esso ricorrente era ancora dipendente dell’Anas, nel mentre l’incarico gli era stato individualmente conferito, quale collaudatore unico, con nota n. 17137/99, nel 2001, quando ormai era stato collocato a riposo e l’Anas era stata trasformata in ente pubblico economico e aveva proceduto all’emanazione di un proprio Regolamento di amministrazione;

l’intimata Anas spa ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso;

a seguito di relazione e previo deposito di memoria di entrambe le parti, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;

2. il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 11653/2006);

conseguentemente, la parte che denunci con ricorso per cassazione la mancata o inadeguata valutazione, da parte del giudice di merito, di prove documentali ha l’onere di riprodurre ne ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso o inadeguato esame è censurato;

ciò a fine di rendere possibile al giudice di legittimità (al quale è istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o di compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte) di valutare, anzitutto, la pertinenza e la decisività dei fatti medesimi (cfr, ex plurimis, Cass., n. 13953/2002);

il ricorrente non ha adempiuto a tale onere, non avendo riprodotto in ricorso nella sua completezza – e quindi non soltanto in modo meramente riassuntivo – il contenuto della nota n. 17137/99 del 13 febbraio 2001, sulla cui pretesamente erronea interpretazione il ricorso stesso si fonda;

3. inoltre, a mente dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, insieme al ricorso (e, pertanto, contestualmente) debbono essere depositati, a pena di improcedibilità, i documenti sui quali il ricorso si fonda;

neppure tale onere è stato soddisfatto, in relazione alla ridetta nota n. 17137/99 del 13 febbraio 2001, dai ricorrente, non potendo peraltro essere considerata sufficiente, qualora effettuata, l’allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui si sia eventualmente provveduto al deposito del documento (cfr, ex plurimis, Cass., n. 11614/2010); stante la prescritta contemporaneità del deposito del ricorso e dei documenti su cui il medesimo si fonda, deve ritenersi tardiva ed inammissibile la produzione del documento effettuata dal ricorrente ex art. 372 c.p.c.;

4. in definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta), oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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