Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22754 del 28/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/09/2017, (ud. 25/05/2017, dep.28/09/2017),  n. 22754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14424-2016 proposto da:

D.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIANA 54,

presso l’avvocato GIOVANNA CALCERANO, (Studio Confortini) che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO COLARUSSO;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

19, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MARTINELLI, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ALTAVILLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata l’11/04/2016;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

La motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

D.U. ha convenuto in giudizio l’avvocato M.L., chiedendo l’accertamento della sua responsabilità professionale per avergli fatto perdere il diritto ad un indennizzo assicurativo, avendo lasciato prescrivere la relativa azione.

La Corte d’appello, riformando la decisione di primo grado, ha rigettato la domanda, osservando che comunque il D. non avrebbe avuto diritto all’indennizzo assicurativo, in quanto il trauma subito in occasione della caduta dalle scale non appariva tale da aver provocato una epilessia post-traumatica, in assenza di una forte predisposizione dell’infortunato. L’ipotesi, pertanto, è stata ritenuta compresa nelle esenzioni previste dall’art. 2 delle condizioni generali di polizza, in quanto la lesione sarebbe stata conseguenza, oltre che dell’infortunio, di condizioni fisiche o patologiche preesistenti o sopravvenute.

Il D. ricorre avverso tale decisione articolando, nell’ambito di un unico e indistinto motivo, molteplici censure. Il M. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

Il D. censura la sentenza impugnata deducendo la violazione o falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1276 e 2236 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Nonostante l’intitolazione delle “ragioni di diritto” poste a fondamento del ricorso, nella sostanza il D. si limita a richiamare taluni pareri medici che attesterebbero l’efficacia causale esclusiva dell’evento traumatico rispetto alla malattia riportata.

A ben vedere, solo in apparenza si fa questione del nesso di causalità e di principi di diritto: in realtà, si contesta la decisione – rientrante fra gli accertamenti rimessi alla valutazione esclusiva del giudice di merito – di aver ritenuto che sulla verificazione della patologia (la cui sussistenza non è in discussione) abbia inciso una predisposizione naturale, fatto in sè idoneo ad attivare la clausola di esclusione della garanzia assicurativa prevista dall’art. 2 delle condizioni generali di polizza.

Si tratta, quindi, di una censura della motivazione della decisione di primo grado, come tale inammissibile. Infatti, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione non costituisce più motivo di ricorso per cassazione, per le sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012.

Inoltre, con il ricorso si deduce che al D. sarebbe residuata comunque un’ulteriore e diversa patologia: la “distima”, che fa parte dei disturbi dell’umore. Trattasi di questione nuova, proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità, e quindi inammissibile. Infatti, della stessa non si fa alcuna menzione nella sentenza impugnata, nè il ricorrente ha dedotto di averla proposta nei gradi di merito, censurando la decisione d’appello per l’omesso esame della stessa.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2017

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