Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22752 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 03/11/2011), n.22752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22459-2010 proposto da:

M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

PORZIO CALCEDONIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

WYETH LEDERLE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente e

Amministratore Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato VALLEBONA ANTONIO,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8879/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

9.12.08, depositata il 07/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Antonio Vallebona che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA

CESQUI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. con sentenza del 9.12.2008 – 7.10.2009 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato improcedibile il ricorso per revocazione proposto da M.G. nei confronti della Wythe Lederle spa avverso la sentenza n. 1589/2002 della medesima Corte territoriale e ha rigettato la domanda di risarcimento per lite temeraria svolta dalla resistente; la Corte territoriale, evidenziato che il ricorrente, all’udienza del 24.10.2006, aveva chiesto e ottenuto termine per la notifica e che un ulteriore termine gli era stato concesso alla successiva udienza, ha fatto applicazione del principio statuito da questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 20604/2008, evidenziando, al contempo, che la parte ricorrente non aveva provveduto alla notifica del ricorso nel termine assegnatogli dalla Corte all’udienza del 24.10.2007, con l’effetto che il giudizio era comunque improseguibile per essere divenuta impossibile, per fatto ascrivibile al ricorrente, la rituale prosecuzione del giudizio;

avverso la suddetta sentenza M.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo; l’intimata Wythe Lederle spa ha resistito con controricorso; a seguito di relazione e previo deposito di memoria da parte della controricorrente, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;

2. le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 6841/1006, enunciarono il principio secondo cui, nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell’appello si perfeziona, ai sensi dell’art. 435 c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dall’impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza – giuridica o di fatto – della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione non si comunica all’impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone a giudice che rilevi il vizio di indicarlo all’appellante ex art. 421 c.p.c., comma 1 e di assegnare allo stesso, previa fissazione di un’altra udienza di discussione, un termine – necessariamente perentorio – per provvedere a notificare il ricorso – decreto; tale orientamento si consolidò nella giurisprudenza di legittimità per effetto di numerosissime pronunce conformi;

successivamente, tuttavia, questa Corte, con la ricordata sentenza a Sezioni Unite n. 20604/2008, modificò il predetto orientamento, enunciando il principio secondo cui, nel rito del lavoro, l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta da principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2 – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. (conformi, ex plurimis, Cass., nn. 29870/2008; 1721/2009; 11600/2010);

con ulteriore successiva pronuncia, questa Corte ha tuttavia enunciato il principio (di carattere generale, ma applicabile anche al caso che qui ne occupa) in base al quale il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (cd. overruling), il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, opera – laddove il significato che essa esibisce non trovi origine nelle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale – come interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale “ora per allora”, nel senso di rendere irrituale l’atto compiuto o il comportamento tenuto dalla parte in base all’orientamento precedente; infatti, il precetto fondamentale della soggezione del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.) impedisce di attribuire all’interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto, sicchè essa, nella sua dimensione dichiarativa, non può rappresentare la ex temporis acti, ossia il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con l’affermarsi dell’esegesi del giudice; tuttavia, ove l’overruling si connoti del carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che – in considerazione dei bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo; ne consegue ulteriormente che, in siffatta evenienza, lo strumento processuale tramite il quale realizzare la tutela della parte va modulato in correlazione alla peculiarità delle situazioni processuali interessate dall’overruling (cfr, Cass., SU., n. 15144/2011);

tutti i suddetti principi, per quanto qui rileva, devono ritenersi applicabili anche al ricorso per revocazione, giusta il disposto dell’art. 400 c.p.c.;

3. ciò premesso deve rilevarsi che, pur dovendo ritenersi applicabile alla fattispecie all’esame il principio da ultimo enunciato dalla ridetta sentenza della Sezioni Unite n. 15144/2001, risulta assorbente il rilievo che l’odierno ricorrente (come puntualmente osservato nella sentenza impugnata), pur dopo essergli stato concesso un nuovo termine per la notificazione del ricorso d’appello, non vi aveva provveduto nel termine all’uopo assegnatogli;

da che, stante la perentorietà di tale termine – come reiteratamente ribadito dalla ricordata giurisprudenza di legittimità secondo l’orientamento antecedente alla ricordata pronuncia delle Sezioni Unite n. 20604/2008 – discende comunque la ritenuta improcedibilità del ricorso per revocazione;

nè, peraltro, alcuna contraddittorietà con tale statuizione di improcedibilità del ricorso è ravvisabile nel fatto che sia stata rigettata la domanda di risarcimento danni per lite temeraria avanzata dalla parte resistente;

4. il ricorso va quindi rigettato;

le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta), oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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