Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2275 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.30/01/2017),  n. 2275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24796/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRO

SERPIERI, 8, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BOVE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO BOVE giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1641/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 27/01/2015, depositata il 19/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI;

uditi gli avvocati Bove Vincenzo e Bove Alessandro difensore della

controricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso e condanna

spese.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di S.M. avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni, per la differenza d’imposta di registro, ipotecaria e catastale, conseguente alla decadenza dalle agevolazioni fiscali per la prima casa.

Con la decisione impugnata, la CTR ha confermato la tesi dei primi giudici che – avendo la vendita seguito, senza soluzione di continuità, il precedente acquisto – fin dalla medesima data di acquisto e vendita, ossia dal 22 dicembre 2006, l’Agenzia sarebbe stata nelle condizioni di comprendere che la S. non aveva acquistato l’immobile con l’intenzione di abitarvi, sicchè fin da allora sarebbero decorsi i tre anni concessi per la restituzione del beneficio. Conseguentemente, l’avviso, notificato il 29 novembre 2010, sarebbe stato tardivo.

Il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, Tariffa parte prima, nota 2 bis, punto 4 del D.P.R. n. 131 del 1986 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente che, nel caso di alienazione dell’abitazione acquistata con i benefici “prima casa” anteriormente al compimento del quinquennio, il termine triennale – ai fini dell’accertamento dell’intervenuta decadenza dal beneficio – non decorrerebbe dalla cessione dell’immobile, ma dall’anno successivo alla registrazione dell’atto di compravendita.

L’intimata ha resistito, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o per il rigetto del ricorso.

Il motivo è infondato.

Con un orientamento ormai consolidato, questa Suprema Corte ha affermato che l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro con aliquota ordinaria e connessa soprattassa, a carico del compratore di un immobile abitativo che abbia indebitamente goduto, in sede di registrazione del contratto, del trattamento agevolato di cui all’art. 1 comma sesto della L. 22 aprile 1982, n. 168, è soggetto a termine triennale di decadenza, ai sensi e nel vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 74, comma 2 (corrispondente del successivo D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 76, comma 2), a partire dalla data in cui l’avviso può essere emesso, e cioè dal giorno della registrazione, quando i benefici non spettino per la falsa dichiarazione, nel contratto, dell’indisponibilità di altro alloggio o della mancata fruizione in altra occasione dell’agevolazione, o per l’enunciazione, nel contratto stesso, di un proposito di utilizzare direttamente il bene a fini abitativi già smentito da circostanze in atto, oppure, quando detto enunciato proposito, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile, dal giorno nel quale si sia verificata quest’ultima situazione (Sez. 2, n. 1196 del 21/11/2000; cfr. anche Sez. 6-5, n. 15960 del 28/07/2015).

Con particolare riguardo al caso di specie, è evidente che, avendo la contribuente rivenduto l’immobile il giorno stesso del suo acquisto, la dichiarazione dell’utilizzo a fini abitativi era del tutto mendace: in altri termini, fin dal 22 dicembre 2006, erano venuti meno o comunque erano divenuti irrealizzabili i presupposti per l’agevolazione, sicchè il termine di decadenza aveva intrapreso il suo decorso proprio da quel momento e dunque si era già consumato all’atto della notifica dell’avviso.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore di S.M., delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 1.700,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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