Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22748 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 03/11/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 03/11/2011), n.22748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19741-2010 proposto da:

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 2/B, presso lo studio dell’avvocato

LATELLA STEFANO, rappresentato e difeso dall’avvocato AGRESTA DONATO,

giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.C.L. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 43/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

20.10.09, depositata il 22/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA

CARESTIA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:

“1. – G.L. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello de L’Aquila n. 43/10 pubbl. il 22.1.10, con la quale, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, è stato condannato alle spese del grado in favore della controparte D.C.L. a seguito del rigetto del suo appello avverso la declaratoria di litispendenza con precedente opposizione, pronunciata dal Tribunale di Pescara.

L’intimato non deposita controricorso.

2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis c.p.c. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a) – ed essere rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono.

3. – Il ricorrente, ricostruendo le vicende dei due giudizi coinvolti dalla declaratoria di litispendenza, affida la sua impugnazione a due motivi, di violazione o falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c. e di insufficiente o contraddittoria motivazione, per la non configurabilità della litispendenza affermata dal primo giudice e quindi per l’erroneità della condivisione dell’argomento posta dai secondi giudici a fondamento della sua condanna alle spese.

4. – E’ ben vero che la gravata sentenza da un lato rileva la sussistenza della diversità, per petitum e causa petendi, delle due cause di opposizione intentate dal G., per poi comunque affermare la litispendenza; e che pertanto i due oggetti sono solo parzialmente coincidenti, essendo uno maggiore dell’altro; ma è altrettanto vero che ad affermare la litispendenza la Corte territoriale giunge all’esito della valutazione di preclusione od infondatezza della doglianza ulteriore, consistente nella nullità della sentenza posta a base, quale titolo esecutivo, dell’opposta esecuzione.

5. – Quand’anche allora l’istituto della litispendenza possa essere in concreto stato applicato non del tutto appropriatamente, è allora evidente che la ratio decidendi della soccombenza virtuale quale fondamento della condanna alle spese riposa nella riconosciuta inammissibilità od infondatezza della ragione che può qualificarsi ulteriore rispetto a quelle già oggetto della precedente pronuncia, cioè nella doglianza della nullità della sentenza posta a base di un’opposizione ex art. 615 c.p.c., oltre che nell’intervenuta pendenza di giudizio sulle questioni comuni.

6. – Così se del caso corretta o rettamente intesa la motivazione della gravata sentenza, il ricorso non pare meritevole di accoglimento e se ne propone pertanto il rigetto”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Non sono state presentate conclusioni scritte; tuttavia, il ricorrente ha presentato memoria, ai sensi del terzo comma dell’art. 380-bis cod. proc. civ.; ad ogni buon conto, nessuna delle parti ha chiesto di essere ascoltata.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di non potere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione: sulla possibilità di ricostruire diversamente la ratio decidendi della gravata sentenza deve prevalere il rilievo della lettera delle espressioni adoperate;

e, in particolare, una volta correttamente esclusa la sussistenza della litispendenza affermata dal primo giudice e così ammessa la fondatezza della doglianza dell’appellante G., non poteva poi la stessa Corte territoriale porre a base di una valutazione di soccombenza virtuale la “sostanziale coincidenza delle ragioni di fatto e di diritto”, cioè la litispendenza.

Pertanto, sussiste la denunciata contraddittorietà della motivazione sulla soccombenza virtuale e la gravata sentenza va cassata, con rinvio allo stesso giudice, ma in diversa composizione, affinchè riesamini il gravame in ordine al regime delle spese e per quel che ancora rileva dopo la non impugnata declaratoria di cessazione della materia del contendere; il giudice del rinvio provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello de L’Aquila, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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