Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22743 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/08/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 11/08/2021), n.22743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5430-2019 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato UGO DI PIETRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato EUGENIO ANTONINO BENVEGNA;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO MAZZU’;

– controricorrente –

contro

CONSORZIO INFRASTRUTTURE SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANNIO 61 presso

lo studio dell’avvocato VINCENZO LA CORTE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURIZIO RIZZO;

– controricorrente –

contro

FRATELLI COSTANZO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 654/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 02/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO

La sig.ra I.S., difesa dall’avv. Eugenio Antonino Benvegna, ha proposto ricorso per la ricusazione del Cons. Antonio Pietro Lamorgese a trattare e decidere la causa iscritta al n. 5430/2019 R.G. di questa Corte.

Ha premesso la ricorrente di aver proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 654/2018 della Corte d’Appello di Messina, che è stato iscritto con il predetto n. 5430/2019 (ed assegnato alla VI Sezione), nell’ambito del quale il Consigliere Relatore Cons. Lamorgese ha depositato la proposta ed è stata fissata Camera di Consiglio per l’udienza del 17.11.2020, poi differita in attesa della discussione della presente istanza di ricusazione.

Evidenzia la ricorrente che il Cons. Lamorgese è stato Giudice relatore nella causa iscritta al n. 20878/2011 RG di questa Corte che vedeva convenuti i sigg.ri B.A. e S.G., genitori dell’avv. Eugenio Antonino Benvegna, che li rappresentava, contro le medesime parti oggi resistenti nel presente giudizio, ovvero il Consorzio Infrastrutture e la Rete Ferroviaria Italia s.p.a. Tale causa, riguardante l’espropriazione di terreni per l’esecuzione dei lavori di raddoppio della rete ferroviaria Messina-Palermo, è stata definita con sentenza n. 4850/2016 di questa Corte, con la quale, a dire della ricorrente, con colpa grave è stato omesso l’esame e la pronuncia sulla preliminare questione della legittimazione ad processum del Consorzio Stabile Infrastrutture e/o della Rete Ferroviaria.

Inoltre, quel Collegio con inescusabile travisamento dei fatti e degli atti di causa, ha ritenuto esistente, valida ed efficace una presunta dichiarazione di pubblica utilità, in realtà inesistente nei fatti e negli atti del processo.

Proprio in relazione alla dedotta ingiustizia di tale sentenza, per colpa grave e responsabilità del Cons. Lamorgese e di tutti gli altri componenti di quel Collegio, i signori B. e S. hanno intrapreso l’azione di responsabilità L. n. 117 del 1988 ex art. 2, che è stata iscritta presso il Tribunale di Roma, è tuttora pendente, e di cui tutti i membri di quel Collegio hanno avuto comunicazione.

Ad avviso della ricorrente, sussistevano plurimi presupposti di legge ed opportunità affinché il Cons. Lamorgese si astenesse dall’assumere il ruolo di giudice, anche relatore, della causa iscritta al n. 5430/2019 R.G. di questa Corte, atteso che tale causa:

a) è patrocinata da chi ha intrapreso nei suoi confronti un’azione di responsabilità per colpa grave commessa nei confronti dei suoi genitori;

b) vede come parti contrapposte le stesse che hanno beneficiato delle cause di responsabilità che vengano addebitate nell’azione di responsabilità, con gli stessi avvocati;

c) ha parzialmente ad oggetto le medesime questioni di diritto su cui il Cons. Lamorgese e i componenti di quel Collegio avevano omesso la pronuncia ovvero era incorsi in errore inescusabile.

Si osserva, altresì, che anche nella causa RG 5430/2019 R.G., come precedentemente in quella definita con sentenza n. 4850/2016, il Cons. Lamorgese, nella proposta depositata, ha preannunciato di non pronunciarsi sulla medesima questione della legittimatio ad processum del Consorzio e della sua dante causa, in quell’occasione per il principio della ragione più liquida, questa volta ” per inammissibilità del ricorso per difetto di specificità sulla richiesta di liquidazione dell’indennità di occupazione riferita al fabbricato”.

2. Il ricorso presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.

Va, in primo luogo, osservato che il ricorso difetta di specificità, atteso che la ricorrente ha dedotto a fondamento dell’istanza di ricusazione “plurimi presupposti di legge ed opportunità” senza, tuttavia, provvedere a precisare quale caso di ricusazione, secondo il combinato disposto degli artt. 51 e 52 c.p.c. intenda far valere, tenuto conto anche del principio di tassatività dei casi di ricusazione, soggetti a stretta interpretazione, espresso da questa Corte a sezioni Unite nella sentenza n. 16627/2014.

La ricorrente fonda la pretesa incompatibilità del Cons. Lamorgese ad essere componente del Collegio che dovrà decidere la causa iscritta al n. 5430/2019 R.G. di questa Corte, sul rilievo che quest’ultimo era stato nel 2016 consigliere relatore di altra causa avente un oggetto analogo (con questioni di diritto parzialmente coincidenti) a quello di cui al presente procedimento in cui il proprio legale, avv. Eugenio Antonino Benvegna, aveva difeso i propri genitori (con esito negativo per i medesimi). Peraltro, all’esito di quel giudizio, lo stesso legale aveva assistito sempre i propri genitori nell’azione di responsabilità civile L. n. 117 del 1988 ex art. 2, da questi successivamente proposta contro il Cons. Lamorgese e gli altri componenti del Collegio per la dedotta colpa grave in cui sarebbero incorsi nel decidere la causa.

Posto che, come già evidenziato, non è affatto chiaro quale caso di ricusazione la ricorrente intenderebbe far valere, una situazione quale quella descritta dalla medesima nel proprio ricorso non sarebbe, in ogni caso, in primo luogo, riconducibile né alla “grave inimicizia” del ricusato, né alla “causa pendente”, di cui al combinato disposto dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 3, e dell’art. 52 c.p.c..

Infatti, la predetta sentenza delle Sezioni Unite del 2014 ha enunciato il principio di diritto secondo cui, proprio in virtù della tassatività dei casi di ricusazione del giudice, anche ammettendo – e non è questo il caso – in cui il giudice si trovasse a decidere nei confronti della stessa parte cui aveva dato in precedenza torto la “inimicizia” del ricusato, ai sensi dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 3, non può comunque essere desunta dal contenuto di provvedimenti da lui emessi in altri processi concernenti il ricusante, tranne che le “anomalie” siano tali da non consentire neppure di identificare l’atto come provvedimento giurisdizionale. Le Sezioni Unite hanno, inoltre affermato che la “causa pendente” tra ricusato e ricusante, ai sensi della medesima norma, non può essere costituita dal giudizio di responsabilità di cui alla L. 13 aprile 1988, n. 117, che non è un giudizio nei confronti del magistrato, bensì nei confronti dello Stato (vedi anche Cass. S.U. n. 18395/2017). Ne’, a maggior ragione, il requisito della “causa pendente” può essere integrato solo perché la prima causa o l’azione di responsabilità civile – promossa, peraltro, da soggetti diversi soggetti rispetto a quello che chiede la ricusazione di quel giudice – sia stata patrocinata dal medesimo legale.

Non è nemmeno astrattamente configurabile il caso di ricusazione di cui all’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4.

In proposito, questa Corte (vedi Cass. n. 2593 del 10/02/2015), ha già enunciato il principio di diritto secondo cui l’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4, si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, e che comporti la risoluzione di una medesima problematica, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione (nel caso di specie la causa non verte neppure tra le stesse parti).

Infine, la ricusazione richiesta dalla sig. Igrò non potrebbe neppure trovare il proprio eventuale fondamento in una pretesa configurabilità del caso di ricusazione di cui all’art. 51 c.c., comma 1, n. 1 (interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto).

In proposito, l’interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto sussiste allorquando la decisione può avere rispettivamente riflessi giuridici o di fatto su un rapporto sostanziale di cui lo stesso giudice è parte, ovvero il giudice sia chiamato a giudicare una causa vertente su una questione di diritto identica a quella oggetto di altra causa in cui lo stesso giudice abbia un proprio interesse.

Non è certo il caso di cui alla presente istanza di ricusazione, in cui il Consigliere Lamorgese non ha un interesse né diretto, né indiretto all’esito del nuovo giudizio, non essendo parte di alcun rapporto sostanziale che possa avere alcuna attinenza con quello per cui è procedimento. Ne’ tale interesse potrebbe essere nemmeno ipotizzabile in relazione all’azione di responsabilità che è stata promossa ex art. 2 L. 118/1988: anche ammettendo che l’oggetto della causa n. 5430/2019 fosse pienamente sovrapponibile (non è neppure questo il caso essendo stata dedotta la parziale coincidenza, a quello del procedimento deciso dal Collegio di cui era componente il Cons. Lamorgiese nel 2016, in ogni caso, come già evidenziato, nel giudizio pendente presso il tribunale di Roma è parte lo Stato.

Va, infine, comunque osservato che, anche recentemente, questa Corte (vedi Cass. n. 2720 del 05/02/2020) ha enunciato il principio di diritto secondo cui, nel giudizio di cassazione, la proposta di trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. non riveste carattere decisorio e non deve essere motivata, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per quest’ultimo, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in Camera di Consiglio, di confermarla o di non condividerla, con conseguente rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice, in base all’art. 391 bis c.p.c., comma 4; ne consegue che la suddetta proposta non può valere come indebita anticipazione del giudizio ad opera del consigliere relatore, né tantomeno comportare un obbligo di astensione di cui all’art. 51 c.p.c., n. 4.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento al pagamento della somma di Euro 500,00 di ammenda.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

 

 

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