Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22743 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/11/2016, (ud. 23/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – rel. Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17991-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 37/2011 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 02/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLELLI che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA, che ha concluso per l’accoglimento del 4 motivo

di ricorso, assorbiti i restanti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La CTR di Milano ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano, avverso la sentenza di primo grado che accoglieva parzialmente il ricorso proposto da FALLIMENTO (OMISSIS) srl in liquidazione avverso l’avviso di accertamento indicato in atti di maggior imponibile ai fini IRAP ed IVA per l’esercizio (OMISSIS).

Il giudice di primo grado, dopo aver rigettato il motivo di impugnazione concernente il difetto di motivazione dell’atto impositivo, riconosceva legittima unicamente la ripresa operata dall’Ufficio per complessivi 50.034 Euro; quanto alle rimanenti 26 riprese accoglieva le singole opposizioni alla luce della documentazione presentata in sede di ricorso, ad eccezione del rilievo n. 47, afferente alle rimanenze finali di cilindri e quadri di stampa contabilizzati dalla società in Euro 2.880.000, la cui esistenza era stata totalmente disconosciuta dall’Ufficio per l’evidenziata incongruenza tra il valore iscritto al libro inventari e quello ricavato dall’analisi delle schede di magazzino esibite dalla società quasi al termine della verifica, così come aveva fatto l’organo di controllo della società nel verbale del (OMISSIS).

Avverso la predetta decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate lamentando, innanzitutto, l’omessa motivazione sulla eccepita violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e che era stata attribuito efficacia probatoria alla documentazione illegittimamente prodotta dall’appellata solo in sede di discussione.

La CTR respingeva l’appello.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso articolando sei motivi.

Con i primi due motivi, strettamente connessi, si duole, anche in questa sede, della omessa pronuncia sul motivo afferente la dedotta violazione del D.P.R. n. 652 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52: ciò sul rilievo che la documentazione prodotta in giudizio dalla contribuente non era stata esibita in sede di accertamento, malgrado espressa richiesta, e la mancata esibizione non era stata giustificata con la dimostrazione di non aver potuto ottemperare per causa non imputabile.

Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, si deduce il grave errore motivazionale in cui è incorsa la sentenza impugnata laddove il giudicante aveva omesso di motivare in ordine alla sussistenza della causa di giustificazione che aveva impedito l’esibizione della documentazione nella fase amministrativa della controversia tributaria.

Con il quarto e quinto motivo, strettamente connessi, sempre in via subordinata, si deduce la nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omessa motivazione sulle numerose doglianze con le quali si censurava la sentenza di primo grado per difetto di motivazione, provvedendo a ricostruire in maniera dettagliata tutte le “riprese” dell’Ufficio, delle quali veniva fornita ampia giustificazione.

La motivazione – solo apparente – ed, in ogni caso, assolutamente insufficiente a fronte degli articolati motivi, non consentiva di ricostruire l’iter logico seguito dal giudicante.

Con il sesto motivo si lamenta l’erroneità della motivazione nella parte in cui la Commissione rigettava anche il motivo di appello afferente la violazione dell’art. 172, comma 7 TUIR, argomentando che la lettura costituzionalmente orientata della norma consentiva di considerare sussistenti gli indici di vitalità necessari per la detraibilità delle perdite, pur laddove l’esercizio fiscale precedente la fusione abbia una durata di soli tre mesi, mentre il dato testuale della norma prende in considerazione gli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione.

Nessuno si è costituito per il Fallimento.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23 settembre 2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

La sentenza si pone palesemente in contrasto con le disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 3 e 4 (nel testo vigente ratione temporis, corrispondenti agli attuali commi 4 e 5), (“3. Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’Ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. 4. Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma (“I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.”).

Si osserva al riguardo quanto segue.

Costante è la giurisprudenza della Corte secondo cui i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sulle II.DD., dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’amministrazione finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell’amministrazione resistente (cfr. Sez. U, n. 45 del 25/2/2000, RV; da ultimo Sez. 5, n. 24503 del 2/12/2015).

La condotta rilevante ai fini della applicazione della sanzione di inutilizzabilità delle prove definita dalla norma come “rifiuto”, implica la coscienza e volontà dell’azione intesa ad impedire la esibizione dei documenti richiesti dai verificatori e dunque presuppone non soltanto la esistenza ma anche la disponibilità di tali documenti da parte del contribuente, venendo meno il “rifiuto” le volte in cui l’ostensione della prova sia impedita per cause non imputabili al contribuente (forza maggiore; fatto del terzo; caso fortuito) (v. sentenze sopra citate).

A tale conclusione deve pervenirsi anche in materia IVA – pur in difetto di una previsione espressa contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, – dovendo essere privilegiata una interpretazione sistematica della norma tributaria -costituzionalmente orientata agli artt. 3, 24 e 53 Cost. – con la parallela preclusione alla utilizzabilità probatoria dei documenti “non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio” prevista in materia di imposte sui redditi dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 3 (attuale comma 4), disposizione che subisce una limitazione al successivo comma 4 (attuale comma 5), laddove è prescritto che la inutilizzabilità probatoria dei documenti favorevoli al contribuente non esibiti all’Ufficio verificatore, non opera “nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.

Tale disposizione chiarisce, infatti, il significato e la portata della sanzione della inutilizzabilità amministrativa e processuale del documento di cui è stata “rifiutata” la esibizione, consentendone la produzione – oltre i termini assegnati nella richiesta formulata dall’Ufficio e rimasta inevasa – nel caso in cui venga allegato e dimostrato dal contribuente che la mancata esibizione è dipesa da cause esterne alla sua sfera di controllo: ipotesi che ricorre, evidentemente, esclusivamente nel caso in cui il documento preesisteva alla richiesta dell’Ufficio, ma non era nella attuale disponibilità del contribuente, essendone questi venuto in possesso soltanto successivamente.

Pertanto non soltanto in materia di II.DD. ma anche nella materia IVA, ove sussista il fatto di forza maggiore, da un lato, non viene in rilievo la sanzione di inutilizzabilità comminata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5; dall’altro il documento, successivamente rinvenuto o comunque acquisito dal contribuente, può essere utilizzato nel giudizio tributario secondo le forme ed i termini previsti dalle norme processuali per la introduzione nel giudizio delle prove precostituite (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e art. 58, comma 2).

Tanto premesso i primi due motivi di ricorso si palesano fondati.

I giudici di merito hanno ritenuto che i risultati dell’accertamento induttivo sono stati efficacemente contrastati dal contribuente con la documentazione non esibita all’Ufficio verificatore e ne hanno consentito la produzione tardiva, fondando la decisione favorevole sugli stessi, in assenza di dimostrazione da parte del contribuente che la mancata esibizione era dipesa da cause esterne alla sua sfera di controllo.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, assorbentemente, in relazione ai primi due motivi e la sentenza impugnata va cassata con rimessione della causa al Giudice del rinvio affinchè si attenga ai principi di diritto sopra indicati e provveda alla liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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