Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22741 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/08/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 11/08/2021), n.22741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9556-2019 proposto da:

IL GAZZETTINO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

F.C., P.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 14, presso lo studio dell’avvocato

EMANUELA ROMANELLI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMACELLI 146,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA D’AMICO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSIA PANELLA;

– controricorrente –

Contro

AUTORITA’ GARANTE PER LA PRIVACY;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2554/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata l’11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE

ANTONIO PIETRO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La Corte d’appello di Venezia, con sentenza dell’11 settembre 2018, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato il Gazzettino Spa, in solido con F.C. e il direttore P.R., a risarcire a B.M. il danno non patrimoniale, determinato in Euro 10000,00, per un articolo ritenuto offensivo e ingiustificato apparso sul Quotidiano Il Gazzettino di Rovigo del 21 maggio 2011, a firma della F., che informando della morte in un incidente stradale di Be.Lo. riferiva che “Qualche anno fin il fratello ( Be.Gi.) si era tolto la vita in seguito al dolore per la separazione della moglie. E quella tragedia aveva segnato profondamente anche la vita di Be.Lo.”.

2.- Avverso questa sentenza il Gazzettino Spa, P.R. e F.C. hanno proposto ricorso per cassazione, resistito dalla B. anche con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione omessa, per avere affermato che nel contestato articolo di stampa il suicidio di Be.Gi. fosse messo in relazione alla separazione dalla moglie, mentre era collegato alla condizione di sofferenza e crisi personale determinata da fragilità e incapacità a condurre l’esistenza dopo la separazione.

Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 137, per non avere la Corte territoriale compreso che il riferimento alla vicenda del suicidio del fratello serviva solo ad evidenziare la sfortunata sorte che aveva accomunato i due fratelli, entrambi molto legati l’uno all’altro anche nella condivisione della passione per la musica, senza riferimenti alle cause scatenanti la separazione, essendo l’articolo conforme ai canoni della continenza ed essenzialità dell’informazione.

2.- Entrambi i motivi non scalfiscono la ratio decidendi, nella parte in cui, senza incorrere in profili di falsa applicazione o violazione di legge, la Corte territoriale ha implicitamente escluso l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca nell’articolo di stampa che, dando la notizia del decesso in un incidente di Be.Lo., noto nella comunità locale per la sua passione per la musica, riferiva contestualmente del decesso del fratello G. per suicidio, evento tragico quest’ultimo collegato al dolore per la separazione dalla moglie ( B.M.) e indicato come fatto che aveva segnato profondamente la vita di L..

La notizia, ad avviso della Corte, sebbene riferita in modo succinto, faceva intendere che il suicidio del fratello fosse conseguenza della separazione dal coniuge B.M. (“D’altronde – osserva la Corte – non avrebbe avuto senso accostare la separazione al suicidio se non sussisteva alcun nesso tra loro”), mentre non vi era alcuna prova di un nesso di causalità tra la separazione e il suicidio. Il riferimento ad un fatto privato come la separazione, risalente tra l’altro a diversi anni prima, era ingiustificato e violativo del diritto alla riservatezza, non essendovi alcun interesse pubblico alla sua divulgazione e se un nesso tra la notizia della morte di B.L. poteva esserci con la fine tragica anche del fratello, appartenendo entrambi alla stessa band musicale, non vi era ragione di fare riferimento alla separazione personale di quest’ultimo dalla B. che non era un personaggio pubblico.

Tanto premesso, la Corte territoriale ha esaminato e dato conto in modo esaustivo della insussistenza dei requisiti sia dell’interesse pubblico alla divulgazione di una vicenda del tutto privata, quale è quella della morte del fratello e della separazione dal coniuge, risalente a diversi anni prima e non attinente alla notizia principale del decesso di Be.Lo., sia della veridicità di quella informazione, non essendovi prova alcuna del nesso causale tra la separazione e il suicidio.

In tema di riservatezza, i limiti dell’essenzialità dell’informazione, che circoscrivono la possibilità di diffusione dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, comportano il dovere di evitare riferimenti, oltre che ai dati relativi allo stato di salute o afferenti a patologie dei soggetti interessati (cfr. Cass. n. 16311 del 2018), ai fatti inerenti alla vita privata delle persone, se non avente attinenza con la notizia principale e se, come nella specie, siano del tutto privi di interesse pubblico.

L’esito in concreto di tale apprezzamento e l’accertamento relativo alla capacità diffamatoria delle espressioni in contestazione non sono censurabili in sede di legittimità, atteso che la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione e la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio dei diritti di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti in fatto riservati al giudice di merito (cfr. Cass. n. 5811 del 2019, n. 6133 del 2018).

3.- 11 terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, per avere riconosciuto il risarcimento del danno, in mancanza di prova delle conseguenze lesive della pubblicazione, è ugualmente infondato.

La B. era stata pubblicamente, seppure implicitamente, accostata all’evento tragico del suicidio del marito. La portata lesiva di tale fatto è stata apprezzata dalla Corte territoriale secondo criteri presuntivi (cfr. Cass. n. 13153 e 25420 del 2017), il cui esito in concreto non è censurabile in questa sede, tenendo conto che la notizia incriminata era stata oggetto di commenti e pettegolezzi, aveva creato turbamento e dolore nell’interessata e si era ripercossa negativamente nei rapporti con i figli.

4.- Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3000,00, di cui C 100,00 per esborsi.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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