Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22740 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/08/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 11/08/2021), n.22740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8275-2019 proposto da:

L.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, V. DELLA

BALDUINA 63, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA SAVORELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA PIA PERISANO;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SERGIO TRANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1291/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 13/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE

ANTONIO PIETRO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Nel giudizio di separazione dei coniugi L.M.R. e C.G., il Tribunale di Salerno escludeva l’obbligo del secondo di corrispondere alla prima il contributo di mantenimento che gli era stato imposto in sede presidenziale e poneva a carico della L. l’obbligo di corrispondere un contributo di Euro 150,00 per il mantenimento dei due figli minori, affidati ad entrambi i genitori e collocati presso il padre.

Il gravame della L., che chiedeva di essere esonerata dal contributo per i figli e di porre a carico della controparte un contributo per il proprio mantenimento, era rigettato dalla Corte d’appello di Salerno.

La Corte accertava le condizioni reddituali dei coniugi (la L. aveva un reddito mensile di Euro 746,00, quello del C. era di Euro 1600,00 circa, dal quale dovevano essere detratti Euro 150,00 a titolo di canone locatizio) e, visti gli oneri di mantenimento dei due figli conviventi con il padre (pari a circa Euro 400,00 per ciascuno), osservava che l’importo che residuava a quest’ultimo per il proprio mantenimento fosse di Euro 450,00 circa, cioè inferiore a quello residuo della moglie, tenuta a corrispondere Euro, 150,00 per i figli. Pertanto, la L., essendo proprietaria della casa in cui abitava, beneficiava di una condizione patrimoniale più favorevole, sicché le sue domande non potevano essere accolte.

La L. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito dal C..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 Cost, per avere posto a suo carico un contributo di mantenimento dei figli che assume di non essere in grado di sopportare, avendo la disponibilità di un reddito di circa Euro 450,00 inferiore alla soglia di povertà

Il motivo è inammissibile, consistendo in una sollecitazione a svolgere impropriamente un nuovo accertamento di fatto, in contrapposizione a quello svolto dai giudici di merito, i quali hanno quantificato il reddito mensile dei coniugi al netto delle ritenute. La valutazione delle condizioni economiche delle parti, ai fini del giudizio sul contributo di mantenimento in favore del coniuge e dei figli, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (cfr. Cass. 975 del 2021, 605 del 2017).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 29 Cost., della L. n. 898 del 1970, art. 143, comma 3, art. 156, comma 1, e art. 5, comma 6, per avere negato l’attribuzione di un assegno di mantenimento in suo favore, ignorando i principi enunciati dalle SU n. 28287 del 2018 e sottovalutando i redditi del coniuge.

Il motivo è inammissibile, risolvendosi anche in tal caso nella critica di un argomentato apprezzamento di fatto svolto dai giudici di merito. Il precedente giurisprudenziale indicato si riferisce alla diversa materia dell’assegno divorzile e, dunque, non è applicabile in materia di separazione personale tra i coniugi.

Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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