Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22739 del 28/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/09/2017, (ud. 13/07/2017, dep.28/09/2017),  n. 22739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

P.D. e N.E., la prima anche in proprio, rapp. e

dif. dall’avv. P.D., elett. dom. presso lo studio della

stessa avvocata in Milano, viale Bianca Maria n. 35, come da procura

in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in pers. del curatore

p.t., rapp. e dif. dall’avv. Enrico Bevilacqua, elett. dom. presso

lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri

n. 5, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Pordenone 29.3.2016, n. 3002/2016

in R.G. 3916/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 13 luglio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. P.D. e N.E. impugnano il decreto Trib. Treviso 29.3.2016, n. 3002/2016 che ha respinto la loro opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in cui avevano insinuato crediti professionali in via privilegiata rispettivamente per 51.069,20 e 41.549,41 Euro, vantati a titolo di assistenza legale e come advisor finanziario della società in relazione a due ricorsi di concordato preventivo con riserva, depositati L. Fall., ex art. 161, comma 6;

2. il giudice delegato aveva escluso i crediti per le attività allegate che si erano dimostrate “di nessuna utilità in concreto per il miglior soddisfo dei creditori”, inoltre le stesse domande evidenziavano profili di “irregolarità, incoerenza e illegittimità”, mancava la data certa nei conferimenti degli incarichi, i compensi richiesti non rispondevano a misure concordate;

3. lo stesso tribunale convenne che, avendo già quell’ufficio statuito l’inammissibilità del concordato che prevedeva l’alterazione dei crediti privilegiati e che proprio quei profili giuridici erano l’oggetto della perizia affidata ai due professionisti, ne discendeva uno scorretto adempimento dell’incarico;

4. con il ricorso si deducono due motivi e, in particolare:

– nullità del decreto per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, posto che l’inadempimento dei due professionisti era stato rilevato d’ufficio oltre i più generici limiti della opposizione della procedura, avendo lo stesso tribunale contestato, inoltre, un’alterazione dei privilegi non oggetto di eccezione del curatore;

– violazione degli artt. 1176,1218,1460 e 2236 c.c. e L. Fall., art. 160, comma 2, nonchè vizio di motivazione, poichè nessuna mancanza di diligenza era ascrivibile ai due opponenti, che avevano contribuito alla preparazione di un piano conforme alla giurisprudenza di legittimità in allora seguita per la infalcidiabilità dei crediti tributari, specie IVA e ritenute d’acconto e tenuto conto che alcuna colpa grave o dolo erano sussistenti, in relazione ai problemi tecnici di speciale difficoltà affrontati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. la controversia va circoscritta alla sola reiterazione della domanda di credito per come avanzata nella qualità privilegiata, posto che gli stessi ricorrenti enunciano la prospettazione del rango prededotto siccome lasciato all’apprezzamento del tribunale, istanza non più oggetto di riproposizione con la presente impugnazione, che trascura tale secondo e meramente eventuale profilo di ammissione oggetto di rigetto;

2. i due motivi, per evidente connessione, sono da trattarsi congiuntamente e sono inammissibili, per plurimi profili; va osservato invero che se è pacifico che la società Germacar ebbe a depositare due ricorsi di concordato, il primo oggetto di rinuncia ed il secondo, dichiarato inammissibile, sfociato in fallimento, gli attuali ricorrenti omettono di indicare quali prestazioni professionali specifiche per ognuno di essi sarebbero state svolte e come il globale apprezzamento di fatto di assoluta non “utilità in concreto”, già deciso dal giudice delegato e ripreso dal tribunale, sia stato in concreto censurato;

3. l’impugnazione inoltre non coglie la molteplice ratio decidendi del decreto che espressamente dà conto ed altresì sia di profili di irregolarità, incoerenza e illegittimità, sia di dannosità delle prestazioni, sia di difetto di conferimento specifico dell’incarico, secondo evidenti apprezzamenti che non solo integrano l’inadempimento ma negano ogni pertinenza delle attività professionali rispetto ad un affiancamento del debitore in concordato e sono stati impugnati solo in parte;

4. il ricorso non censura infatti il provvedimento nè ove collega la non pertinenza delle prestazioni professionali ad un concordato oggetto di rinuncia, dopo severe contestazioni del tribunale in punto di fattibilità giuridica, nè quando il tribunale, sul secondo ricorso, ne pronuncia la inammissibilità, così mostrando di istituire un collegamento diretto, solo genericamente qui avversato, tra il positivo ed ordinato svolgimento delle attività, esclusi e la determinazione causale degli eventi negativi citati, in manifesta relazione;

5. i riportati apprezzamenti di fatto anche in punto di “abnormità dei vizi” delle procedure instaurate rispetto alla inadeguatezza delle prestazioni professionali integrano in ogni caso aspetti della motivazione per i quali operano il limiti del principio per cui “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. s.u. 8053/2014).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 7.200 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2017

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