Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22735 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/08/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 11/08/2021), n.22735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34512-2018 proposto da:

S.S., rappresentato e difeso da se stesso elettivamente

domiciliato presso il suo studio in Agrigento via Matteo Cimarra n.

38;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in Agrigento, V. Artemide

le, presso lo studio dell’avvocato Francesco Buscaglia, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1001/2018 della Corte d’appello di Palermo,

depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/12/2021 dal consigliere Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato da S.S. nei confronti di P.A. contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo che aveva rigettato l’impugnazione proposta dal medesimo ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento;

– la pronuncia di primo grado aveva dichiarato la nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio per difformità tra l’originale della citazione e la copia notificata al P.;

– alla prima udienza del giudizio di prime cure – introdotto dal sig. S. per conseguire la declaratoria di risoluzione del contratto stipulato con il sig. P. ed avente ad oggetto la costituzione di servitù di elettrodotto – il convenuto aveva eccepito la difformità dell’originale dell’atto di citazione introduttivo dalla copia allo stesso notificata, rilevando che la formulazione del capo di domanda “ritenere e dichiarare risoluto il contratto de quo” era stato inserito scritto a mano nella parte relativa alla precisazione delle domande dell’originale, mentre non appariva riprodotto nella copia notificata allo stesso P.;

– a seguito di ciò, il giudice aveva assegnato termine perentorio per l’integrazione della domanda; senonché alla successiva udienza, disposta per consentire la suddetta integrazione, il sig. S. chiedeva di essere rimesso in termini per l’incombente asserendo di non avere ricevuto la comunicazione dell’ordinanza riservata adottata dal giudice; il giudice, riscontrato, tuttavia, che l’ordinanza risultava notificata, non accoglieva l’istanza e, previa precisazione delle conclusioni, emetteva sentenza con cui dichiarava la nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio per incertezza dell’oggetto della domanda stante la difformità fra l’originale dell’atto di citazione e la copia notificata e, preso atto della mancata integrazione, dichiarava l’estinzione del procedimento e la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3;

– proposto gravame da parte dell’attore soccombente, la corte d’appello ha respinto l’impugnazione rilevando che, a prescindere dalla denunciata erroneità della declaratoria di nullità della citazione introduttiva, l’attore aveva l’onere di chiedere la revoca dell’ordinanza di integrazione della domanda con fissazione del termine perentorio per l’esecuzione; in mancanza di istanza di revoca, ed atteso l’inadempimento alla disposta integrazione, ne era conseguita la declaratoria di estinzione ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3, che non essendo stata impugnata, rendeva indifferente la questione della nullità della citazione;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dallo S. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c., cui resiste P.A.;

– ai fini della delibazione del ricorso questa Corte ha provveduto ad acquisire presso la Corte d’appello di Palermo il fascicolo del primo grado n. 1219/2012 r.g. conclusosi con la sentenza del Tribunale di Agrigento n. 1079/2014 r.g. sent. e il fascicolo di secondo grado n. 672/2014 r.g. conclusosi con la sentenza n. 1001/2018, con rinvio a nuovo ruolo;

– in vista dell’adunanza odierna il ricorrente ha depositato ulteriore memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 159 c.p.c., per avere la corte territoriale riconosciuto che la citazione in giudizio non era nulla e, tuttavia, sostenuto la legittimità della dichiarazione di estinzione del giudizio emessa ai sensi dell’art. 307 c.p.c., dal giudice di prime cure;

– assume, in particolare, il ricorrente che la corte avrebbe, invece, dovuto dichiarare illegittimo il provvedimento di estinzione del giudizio poiché fondato sul presupposto errato della inesistente nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio;

– in altri termini, la corte ha errato là dove non ha considerato che la dichiarazione di validità dell’atto di citazione comporta, conseguenzialmente, la caducazione della dichiarazione di estinzione per inottemperanza all’ordine di integrazione del giudizio fondato sulla travolta declaratoria di nullità della citazione;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 329,339 e 342 c.p.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che il provvedimento di estinzione del giudizio doveva essere specificamente impugnato con apposito motivo di gravame;

– ad avviso del ricorrente così decidendo la corte ha disatteso il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui l’acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata non si verifica allorché, come nel caso di specie, quella espressamente impugnata sia sviluppo logico di quella non espressamente impugnata;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 164 e 307 c.p.c., nella parte in cui ha la corte distrettuale ha ritenuto rilevante il mancato adempimento all’integrazione dell’atto di citazione;

– con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione alle spese di giudizio per essere state poste a carico del soccombente tale ritenuto in forza di un errato presupposto di diritto;

– i primi tre motivi attingono tutti la medesima ratio decidendi e, in quanto strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente: le censure sono fondate;

– costituisce principio interpretativo rilevante nel caso di specie e però trascurato dalla corte territoriale, quello secondo il quale l’ordine strumentale di integrazione processuale, come nel caso di integrazione del contraddittorio, ovvero nel caso di integrazione della domanda – è il caso in esame- emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione è improduttivo di effetti, sicché la mancata ottemperanza al medesimo, essendo irrilevante, non può determinare preclusioni insuperabili come l’inammissibilità dell’impugnazione o, nel caso del presente ricorso, l’estinzione del giudizio (cfr. Cass. 5161/2017; 17458/2013);

– in applicazione di detto principio la corte territoriale, una volta riscontrata la mancanza del presupposto per ritenere nulla la citazione per incertezza della domanda (cfr. sentenza impugnata, pag. 3, secondo e terzo capoverso) avrebbe dovuto rilevare l’errore compiuto dal tribunale rispetto alla declaratoria di nullità della citazione e conseguentemente caducare l’ordinanza di estinzione adottata sull’erroneo presupposto della mancata ottemperanza all’infondato ordine di integrazione della domanda;

– la corte ha, invece, errato a ritenere necessaria una specifica istanza di revoca ed un’ulteriore apposita impugnazione, trascurando che la nullità di un atto processuale si estende a quello successivo nel caso in cui quest’ultimo sia dipendente dall’atto nullo, nel senso che il primo atto sia non solo cronologicamente anteriore, ma anche indispensabile per la realizzazione di quello che segue, con la conseguenza che la censura che colpisce il primo ha automatico effetto espansivo sul secondo (cfr. Cass. n. 9419 del 2001);

– in definitiva quindi, il ricorso fondato sui primi tre motivi va accolto, con assorbimento della conseguenziale censura sulle spese di lite, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che riesaminerà l’appello alla luce del seguente principio di diritto: l’ordine strumentale di integrazione della domanda per ritenuta nullità della citazione emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione è improduttivo di effetti, sicché la mancata ottemperanza al medesimo, essendo irrilevante, non può determinare, ove dedotta ed accertata in appello l’illegittimità dell’ordine di integrazione, l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3, per mancato adempimento ad esso;

– la Corte d’appello di Palermo provvederà altresì sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione-2 civile il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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