Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22735 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 09/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3535/2011 R.G. proposto da:

C.S., rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Giovanni

Girelli del Foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo

studio in Roma, Via delle Quattro Fontane, 15, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle

Marche n. 348/06/2009, depositata il 14/12/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

settembre 2016 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

udito per il ricorrente l’Avv. Maurizio De Lorenzi per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Del Core Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.S. impugnava avanti la C.T.P. di Pesaro la cartella di pagamento nei suoi confronti emessa, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis per il pagamento dell’importo di euro 1.647,80 a titolo di Irap per l’anno 2003. Deduceva a fondamento la mancanza del presupposto d’imposta, svolgendo egli attività libero professionale di ingegnere edile senza ausilio di dipendenti e con l’impiego di limitati beni strumentali.

La commissione adita, riconosciuta l’ammissibilità della contestazione giudiziale del tributo, essendo la cartella di pagamento il primo atto impositivo notificato al contribuente, rilevava nel merito che la denuncia dei redditi non evidenziava nè capitali nè l’apporto di lavoro di terzi, tali da integrare il requisito della autonoma organizzazione.

2. Il gravame interposto dall’ufficio era accolto dalla C.T.R. delle Marche con sentenza depositata in data 14/12/2009 che, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso introduttivo del contribuente.

Rilevavano i giudici d’appello che correttamente la C.T.P. aveva affermato l’impugnabilità della cartella esattoriale e che, però, nel merito, il presupposto d’imposta doveva ritenersi sussistente proprio sulla base della dichiarazione del contribuente e in ragione della “decisiva considerazione” della mancanza di “ogni accertamento circa il difetto di soggettività passiva del contribuente alla imposta”.

3. Avverso tale decisione C.S. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, dell’art. 329 c.p.c., comma 2, nonchè dell’art. 2909 cod. civ.”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere pronunciato in merito alla sussistenza del presupposto d’imposta in assenza di specifico motivo di gravame sul punto e, pertanto, in violazione del giudicato interno formatosi sull’accertamento negativo al riguardo contenuto nella sentenza di primo grado.

Rileva infatti che, con il proposto gravame, l’ufficio aveva impugnato solo parzialmente la decisione di primo grado, limitatamente alla parte nella quale questa aveva riconosciuto l’impugnabilità della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 senza però nulla dedurre in ordine alla assoggettabilità a Irap del contribuente.

5. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciando l’omessa pronuncia in ordine alla eccezione da esso opposta nel giudizio di appello circa il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disconosciuto i presupposti d’imposta.

6. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R., da un lato, rilevato che correttamente il primo giudice ha riconosciuto l’impugnabilità della cartella esattoriale, dall’altro, affermato che la assoggettabilità all’imposta riconosciuta con la presentazione della dichiarazione non poteva essere disconosciuta in quanto non vi era stato un accertamento rettificativo della dichiarazione medesima, con ciò dunque negandogli di fatto – in contrasto con la prima affermazione – la possibilità di dimostrare la non assoggettabilità ad Irap attraverso l’impugnazione della cartella.

7. Con il quarto motivo, infine, deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere confermato la legittimità della pretesa impositiva in carenza del relativo requisito, del che il ricorrente afferma di aver dato prova attraverso la produzione della dichiarazione dei redditi e del registro dei beni ammortizzabili.

8. E’ fondato il primo motivo di ricorso.

La sentenza di primo grado, come s’è detto, poneva a fondamento dell’accoglimento del ricorso del contribuente il duplice rilievo: a) della ammissibilità della contestazione giudiziale del tributo anche attraverso l’impugnazione della cartella esattoriale emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e b) della insussistenza nel caso di specie dei presupposti d’imposta.

Come si ricava pacificamente dagli atti, l’appello proposto dall’ufficio avverso tale decisione investiva solo il primo di tali passaggi motivazionali (assumendo che “la parte poteva opporsi alla cartella esattoriale solo per far emergere eventuali vizi propri della medesima… ma non questioni giuridiche di non imponibilità…”; che “il contribuente doveva effettuare il versamento previsto ed eventualmente… far valere il carattere indebito del pagamento unicamente attraverso l’istanza di rimborso”; che “così come agli uffici è preclusa qualsiasi attività di valutazione giuridica, qualsiasi indagine interpretativa, parimenti è del tutto inammissibile che il soggetto passivo, opponendosi all’iscrizione a ruolo…, possa promuovere l’azione al fine di risolvere questioni di imponibilità”: v. pag. 5 dell’atto d’appello), non anche il secondo, il quale esprime un accertamento e

(5-Taf in sè non fatto segno di alcuna impugnazione e da ritenersi pertanto passato in giudicato.

La C.T.R., ponendo a fondamento della propria decisione un accertamento difforme sul punto ha dunque pronunciato su un tema ad essa precluso dalla mancanza di specifico motivo e dal giudicato interno conseguentemente formatosi sul punto, così incorrendo dunque nelle violazioni denunciate.

9. Resta di conseguenza assorbito il secondo motivo di ricorso, al qual riguardo è dunque appena il caso di rammentare che, comunque, secondo consolidato orientamento di questa Corte, non può configurarsi vizio di omessa pronuncia quando, nonostante la mancanza di una specifica, espressa argomentazione su una tesi difensiva o un’eccezione, la decisione adottata dal giudice risulti in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte e ne abbia comportato il suo rigetto o assorbimento, ovvero, come nel caso di specie, il rigetto di una eccezione sia implicito nella costruzione logico-giuridica con la quale venga accolta una tesi incompatibile con la stessa (Cass. 15882/2007). Orbene l’accoglimento dell’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate ha necessariamente comportato la reiezione di tutte le contrarie eccezioni e argomentazioni del contribuente, dovendo ritenersi per implicito disattese tutte le eccezioni che, seppure non espressamente esaminate, siano incompatibili con la soluzione adottata e l’iter argomentativo seguito (Cass., Sez. 5, n. 27310 del 23/12/2014; Sez. 3, n. 407 del 12/01/2006, Rv. 587113).

10. E’ altresì fondato il terzo motivo.

L’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui “la debenza non poteva essere disconosciuta da una mera unilaterale assunzione di non assoggettabilità all’imposta in contrario da quanto emergeva dalla dichiarazione” si pone invero in patente contraddizione con il precedente passaggio motivazionale con il quale, rigettandosi la censura sul punto svolta dall’amministrazione appellante, si esprimeva piena condivisione dell’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado circa l’impugnabilità della cartella esattoriale emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis anche per motivi afferenti la fondatezza della pretesa impositiva.

11. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame sul punto, oltre che per il regolamento delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

Resta conseguentemente assorbito l’esame del quarto motivo di ricorso.

PQM

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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