Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22734 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. III, 12/09/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 12/09/2019), n.22734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 6186/ 2018 proposto da:

D.A.R., rappresentata e difesa dall’Avvocato Gianluca

Fontanella, e domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma,

via della Pineta Sacchetti 201;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato

Pasquale Varì, presso il cui studio in Roma, via Piemonte 39, è

domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 15731/ 2017 del Tribunale di Roma, depositata

il 3.8.2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 maggio 2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

letta la richiesta del PM, che ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La ricorrente, alla notifica di un avviso di iscrizione di ipoteca da parte del Fisco, per un debito di 1577,64 Euro ha adito la giustizia tributaria, essendo il credito posto a base del vincolo, di natura fiscale, ed ha ottenuto, in appello, la declaratoria di illegittimità della iscrizione. La Commissione tributaria regionale, infatti, ha ritenuto illegittima l’iscrizione, in quanto, in ragione di una sopravvenuta norma (D.L. n. 40 del 2010) è stato imposto un limite minimo di valore del credito (8 mila Euro) a necessaria giustificazione della ipoteca.

Conseguentemente, il ricorrente ha adito il Giudice di Pace affinchè costui, preso atto della declaratoria di illegittimità della ipoteca, che veniva comunque nel frattempo cancellata, condannasse Equitalia al risarcimento del danno conseguente.

Il Giudice di Pace ha rigettato la domanda, sul presupposto che quando l’ipoteca è stata iscritta (9.10.2009) non era ancora entrata in vigore la legge (D.L. n. 40 del 2010) che la rendeva illegittima per superamento del valore minino del credito.

Questa decisione è stata confermata dal giudice di 4appello che, conseguentemente ha condannato l’appellante alle spese del giudizio di secondo grado, ma altresì del giudizio di prime cure.

Ricorre per Cassazione la D., iniziale attrice, con due motivi di ricorso. V’è costituzione di Equitalia con controricorso.

Il PM ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente formula due motivi.

1.- Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 91-92 c.p.c. e art. 112 c.p.c.

In sostanza assume una decisione ultra petita quanto alle spese di primo grado, da parte del giudice di appello.

Il giudice di primo grado, infatti, dopo aver rigettato la domanda della D., l’ha condannata a corrispondere 1583,00 Euro di spese legali ad Equitalia. Il giudice di secondo grado, dopo aver rigettato l’appello, ha condannato la D., appellante, al pagamento oltre che delle spese di secondo grado, altresì di quelle di primo grado nella misura di 979,07 Euro.

La ricorrente si duole della pronuncia del giudice di appello quanto alle spese di primo grado, e ritiene che essa sia ultra petita, in quanto Equitalia non aveva proposto appello sul quantum riconosciutole per spese legali.

La ricorrente assume un interesse ad agire, in tale ambito, ritenendo che la condanna alle spese in secondo grado, per il primo grado di giudizio, si aggiunga alla liquidazione fatta nel grado precedente, cosi che le due liquidazioni fatte entrambe per il primo grado si sommerebbero.

Se cosi fosse vi sarebbe interesse ad agire, onde ottenere una riduzione delle spese legali nei termini della sola liquidazione effettuata in primo grado. Ma cosi non è.

Infatti, il giudice di secondo grado pronuncia nel senso di liquidare le spese del primo grado in 979,00 Euro, dunque sostituendo questa somma a quella liquidata dal giudice di prime cure (1583,00 Euro).

Non pare potersi intendere la decisione del secondo grado come una aggiunta della somma di 979,00 Euro a quella già liquidata in primo grado.

Il giudice di secondo grado cosi si esprime: “Condanna D.A.M. al pagamento delle spese del primo grado di giudizio a favore di Equitalia Sud spa che liquida complessivamente in Euro 2010,67, comprese spese generali CAP ed IVA”.

Il che vuol dire riforma della decisione di primo grado sulle spese e condanna ad una somma minore.

Se è questa la pronuncia del giudice di appello, allora è in realtà ultra petita. Non v’era appello di Equitalia sul quantum delle spese, nè v’era analoga impugnazione della D.. Entrambe le parti, rispettivamente con l’atto di appello, e con la comparsa di costituzione, si limitano a chiedere per sè le spese del secondo grado, ma non domandano riforma alcuna della decisione di prime cure su quel punto.

Tuttavia, inteso in tali termini il capo di sentenza impugnato, va da sè che la ricorrente non ha interesse alcuno ad impugnarlo in quanto la pronuncia di secondo grado, quella che si vorrebbe fosse qui cassata, è più favorevole rispetto a quella di primo grado, contenendo una condanna alle spese in misura inferiore.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione del giudicato (e dunque falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.).

Secondo la ricorrente, la Commissione tributaria, con sentenza definitiva, aveva dichiarato l’illegittimità della iscrizione ipotecaria. Contrariamente a tale giudicato la sentenza di appello, confermando sul punto quella di primo grado, ha invece ritenuto legittima quella iscrizione ed ha rigettato la domanda di risarcimento.

Vi sarebbe dunque una violazione del giudicato tributario.

Il motivo è infondato.

Infatti, entrambe le sentenze dicono la stessa cosa, ossia che l’illegittimità della iscrizione di ipoteca era solo sopravvenuta, per effetto del D.L. n. 40 del 2010 che stabiliva un limite minimo di valore del credito.

La decisione di appello invero nega l’illegittimità originaria (non quella sopravvenuta), ritenendo che al momento in cui l’iscrizione è stata fatta quel limite di valore non v’era e dunque l’operato di Equitalia era da ritenersi legittimo, con conseguente infondatezza dalla domanda di risarcimento dei danni.

In sostanza, quando la corte di appello esclude l’illegittimità della iscrizione di ipoteca si riferisce a quella originaria, che potrebbe costituire fonte di risarcimento, e cosi facendo non elude alcun giudicato (ammesso che dal punto di vista soggettivo potesse dirsi tale, data la diversità delle parti), giudicato che cade sulla illegittimità sopravvenuta.

Il ricorso va dunque respinto e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 1800,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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