Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22732 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/08/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 11/08/2021), n.22732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10868/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

O.C.G., rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al controricorso, dall’avv. Luciano Filippo

BRACCI, presso il cui studio legale sito in Roma, alla via della

Mercede, n. 21, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6941/07/2018 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata il 05/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi, cui replica l’intimata con controricorso, per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento emesso nei confronti di O.C.G. per rendita catastale di otto unità immobiliari site in (OMISSIS), varie microzone, tra cui la n. (OMISSIS) – (OMISSIS), L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sfavorevole sentenza della CTP di Roma, depositata il 27/09/2016, in quanto spedito tramite servizio di posta privata.

Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 261 del 1999, artt. 1,2,3,4 e 5, come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, della L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 57 e 58, dalla L. n. 890 del 1982, nonché dall’art. 149 c.p.c..

Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 156 e 291 c.p.c..

I motivi, che, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno rigettati alla stregua dei principi affermati in materia da questa Corte.

Al riguardo viene preliminarmente in rilievo quello espresso da Cass., Sez. U., n. 8416 del 2019 che ha riconosciuto, in relazione al regime normativo successivo al D.Lgs. n. 58 del 2011, la legittimità della notificazione a mezzo operatore di posta privata esclusivamente degli atti di natura amministrativa, mantenendo ferma in capo al servizio di posta universale (Ente Poste, poi Poste Italiane s.p.a.) la riserva esclusiva di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e delle violazioni al Codice della strada, fino alla data di liberalizzazione dei servizi operata con la L. n. 124 del 2017, entrata in vigore il 29 agosto 2017. Ciò in quanto, nel regime nazionale successivo alla Dir. unionale n. 2008/6/CE, e anteriore a quello introdotto dalla novella del 2011 – così come nel regime successivo a tale novella e antecedente alla L. n. 124 del 2017 – la riserva in via esclusiva a Poste Italiane s.p.a. del servizio della notificazione a mezzo posta degli atti processuali è correlata all’esclusivo riconoscimento del diritto speciale, in virtù del quale la veridicità dell’apposizione della data mediante proprio timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, giacché la si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle proprie funzioni (cfr., ex multis, Cass. n. 14163 del 2018 e Cass. n. 19547 del 2019).

Successivamente, con la sentenza n. 299 del 2020, le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio in base al quale, “In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla Dir. del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”, e ciò in quanto l’astratta compatibilità dell’attività notificatoria col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare d’inesistenza (come in precedenza ritenuto anche dalla giurisprudenza di questa Corte).

Il citato principio si attaglia perfettamente al caso in esame, posto che il ricorso d’appello è stato spedito per la notificazione il (OMISSIS), ovvero in data antecedente a quella del (OMISSIS) di entrata in vigore della L. n. 124 del 2017, che non ha efficacia retroattiva (cfr. Cass. n. 299 del 2020, par. 9.1.)

La possibilità di sanatoria, ex art. 156 c.p.c., della nullità della notificazione effettuata a mezzo operatore privato a seguito della costituzione della controparte, non esime però dalla preventiva e necessaria verifica della tempestività dell’impugnazione, che va accertata con riferimento non già alla data di spedizione del plico, ma a quella di ricezione dell’atto, rinvenibile dalla cartolina di ricevimento della raccomandata postale utilizzata dall’Ufficio per la notificazione dell’appello. E ciò perché “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass., Sez. u., n. 299 del 2020 cit.).

In senso analogo si è recentemente pronunciata anche la Sezione ordinaria che nella sentenza n. 25521 del 2020 ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di notificazioni a mezzo posta, per effetto del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, e succ. modif., se pure è fidefaciente e valida la notifica di atti amministrativi e tributari – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58 del 2011, e quella portata a compimento dalla L. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso del titolo abilitativo minore, costituito dalla “licenza individuale” di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 5, comma 1, non si configura, invece, analoga fidefacienza e validità per la notificazione con la medesima “licenza individuale” di atti giudiziari, ivi compresi i ricorsi introduttivi del processo tributario, là dove, per ragioni di ordine pubblico correlate a peculiari requisiti di rafforzata affidabilità dell’agente notificatore, tale genere di notificazioni postali è riservate al solo gestore del “servizio postale universale”, nel regime del D.Lgs. n. 58 del 2011, così come ai soli titolari di “licenza individuale speciale”, nel successivo regime della L. n. 124 del 2017″.

S’impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che la parte appellata si sia costituita o meno in appello (giacché, secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato – cfr. Cass., Sez. U., n. 6983 del 2005; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 4206 del 2020), la verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, in mancanza di notifica della sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c., nonché Cass. n. 33168 del 2018, e Cass. n. 30850 del 2019) che prenda naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass., Sez. U., n. 18569 del 2016; Cass. n. 4206 del 2020), ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al principio affermato dalle citate pronunce giurisprudenziali – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.

Tale accertamento, verificabile anche d’ufficio (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass., Sez. U., n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di accertare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità dello stesso sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, spettando l’onere della prova della tempestività della notifica a chi propone l’azione, secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass., Sez. U., n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).

Non vi e’, quindi, in atti la prova della tempestività dell’appello. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese processuali vanno compensate in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi alla proposizione del ricorso.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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