Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2273 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2273 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 7293-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3476

CORNAGGIA MARINA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio
dell’avvocato BERNARDO DE STASIO, rappresentata e
difesa dall’avvocato SCARPA LUIGI giusta delega a
margine;

Data pubblicazione: 03/02/2014

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/2009 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 28/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

GIOVANNA C. SAMBITO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 16/36/09 depositata il 28/1/09, la CTR
della Lombardia, confermava la decisione con cui la CTP di

avverso l’avviso di liquidazione con il quale erano stati revocati i
benefici c.d. “prima casa”, ritenendo, per quanto ancora
interessa, che l’assegnazione della casa familiare, avvenuta in
sede di divorzio, non era ostativa al riconoscimento del beneficio
fiscale, data la natura personale e non reale del diritto
sull’alloggio coniugale.
Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto l’Agenzia
delle entrate con due motivi, ai quali la contribuente resiste con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del
ricorso, sollevata dalla controricorrente, tenuto conto del
principio espresso da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 5875
del 2013), secondo cui stante la rappresentanza legale
dell’Agenzia delle Entrate in capo al suo direttore generale ed il
difetto di personalità giuridica delle rispettive articolazioni
territoriali, non occorre necessariamente indicare nel ricorso per
cassazione il nome della persona fisica preposta a tale carica,
essendo lo stesso individuato in modo incontrovertibile, per la
circostanza sopradetta, ai sensi degli artt. 67 e 68 del d.lgs. n.
300 del 1999, quale unico rappresentante ed autorizzato “ex

i

Milano aveva accolto il ricorso proposto da Marina Cornaggia

lege” a stare in giudizio davanti a questa Corte.
2. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 dPR n. 131 del 1986, dell’art. 1, parte 1,

d.lgs. n. 347 del 1990 e della nota all’art 1 del d.lgs. n. 347 del
1990, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 cpc, la ricorrente
lamenta che, nel riconoscere il diritto all’agevolazione, la CTR
non abbia considerato che il diritto preesistente su un immobile
non deve avere necessariamente carattere reale, ma deve essere
inteso come disponibilità effettiva e stabile di un immobile
idoneo ad uso abitativo, a prescindere dal titolo giuridico che la
legittima.
3. Col secondo mezzo, si deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1022 cc, e, nuovamente, degli artt. 1 dPR
n. 131 del 1986, 1 e 10 del d.lgs. n. 347 del 1990 e della nota
all’art 1 del d.lgs. n. 347 del 1990, in relazione all’art. 360, 1°
co, n. 3 cpc, per avere la CTR ritenuto che l’assegnazione
giudiziale della casa di abitazione in favore della contribuente
abbia comportato la costituzione di un diritto personale di
godimento, anziché un diritto reale di abitazione.
4. I motivi, che, per comodità espositive, vanno
congiuntamente esaminati, sono infondati. A norma dell’art 1
della Tariffa allegata al dPR n. 131 del 1986, nota II bis lett. b) e
c) per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa”
occorre che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari,

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della tariffa allegata al dPR n. 131 del 1986, degli artt.1 e 10 del

rispettivamente: “di non essere titolare esclusivo o in comunione
con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione
di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è

neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto
il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso,
abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata
dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al
presente articolo”. 5. Il tenore letterale della norma, che enuncia
il diritto di abitazione, unitamente a proprietà, usufrutto ed uso è
inequivoca nell’indicare che il titolo della disponibilità di un
immobile, che preclude l’accesso all’agevolazione, deve avere
carattere reale, e deve essere riferito, appunto, al contenuto del
corrispondente diritto, in coerenza con la ratio della disposizione
agevolatrice che persegue lo scopo d’incentivare l’investimento
del risparmio nell’acquisto dei predetti diritti su un’unità
immobiliare da destinare a “prima casa”.
6. La giurisprudenza di questa Corte (ord. n. 100 del 2010)
non è richiamata a proposito dalla ricorrente, in quanto in essa si
fa riferimento, ai fini del diritto ai benefici, a dimensioni e
caratteristiche complessive della casa già nella disponibilità del
contribuente e non al titolo giuridico che la autorizza.
7. La disponibilità della casa familiare, a seguito del
provvedimento giudiziale di assegnazione da parte del giudice
della separazione o del divorzio non integra un diritto reale, ma

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situato l’immobile da acquistare” e “di non essere titolare,

un diritto personale di godimento, di natura atipica: le Sezioni
Unite di questa Corte, con la sentenza n. 11096 del 2002,
nell’affermare tale principio ne hanno posto in evidenza la

stabilità in un momento di precario equilibrio familiare,
aggiungendo, all’esito di una completa ricostruzione
dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, che il
richiamo all’art. 1599 c.c., operato dall’art. 6, co 6, della 1 n. 898
del 1970 (nel testo sostituito dall’art. 11 della 1. n. 74 del 1987),
denota la precisa volontà del legislatore di assimilare il diritto
dell’assegnatario a quello del conduttore, a meri fini della
trascrizione, così attribuendo all’istituto un quoziente di
opponibilità ai terzi, anche a prescindere dalla trascrizione (cfr.
Cass. n. 12466 del 2012).
8. Il ricorso va, in conclusione, rigettato. Le spese seguono
la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si
liquidano in € 2.800,00, di cui € 200,00 per spese, oltre
accessori.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013.

funzione ad attribuire ai figli una certezza ed una prospettiva di

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