Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22726 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. III, 12/09/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 12/09/2019), n.22726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16042/2017 R.G. proposto da:

Carrozzeria Augusta S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Davide

Rotondo;

– ricorrente –

contro

Compagnia Assicuratrice Linear S.p.A.;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Bologna, n. 3081/2016,

pubblicata il 14 dicembre 2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Emilio Iannello;

udito l’Avvocato Davide Rotondo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Pepe Alessandro, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La vettura di proprietà di B.D., assicurata dalla Linear S.p.A. per la r.c.a., subiva un danno in quanto urtata da un furgoncino di proprietà della Carrozzeria Augusta s.r.l., condotto da un dipendente della medesima, all’interno dell’area della carrozzeria.

La B. commissionava le riparazioni necessarie alla stessa Carrozzeria Augusta, alla quale cedeva anche il credito risarcitorio vantato, ex art. 149 cod. ass., nei confronti della propria compagnia di assicurazioni.

Per far valere tale credito la Carrozzeria Augusta agiva quindi in giudizio contro la Linear, che eccepiva preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva nonchè la carenza di legittimazione attiva in capo all’attrice, per la asserita incompatibilità, in capo alla stessa, delle posizioni di debitrice e creditrice.

L’adito Giudice di pace di Imola respingeva la domanda accogliendo tale preliminare eccezione, sotto entrambi i profili.

2. L’appello interposto dalla Linear S.p.A. è stato rigettato dal Tribunale di Bologna, con la sentenza in epigrafe, sul rilievo che il credito azionato doveva considerarsi estinto per confusione, rivestendo la Carrozzeria Augusta al contempo la qualità di creditrice e di debitrice in solido.

3. Avverso tale decisione Carrozzeria Augusta S.r.l. propone ricorso per cassazione con due mezzi.

La società intimata non svolge difese nella presente sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1253 c.c., anche in riferimento alla mancata applicazione dell’art. 1917 c.c., ed, in subordine, dell’art. 1303 c.c..

Rileva che:

– essa ricorrente è bensì responsabile del sinistro, ma per il relativo obbligo risarcitorio (di valore) è regolarmente assicurata per la r.c.a. e deve pertanto essere tenuta indenne dalla propria compagnia assicuratrice, ex art. 1917 c.c. (obbligo di indennizzo avente natura di debito di valuta);

– il credito azionato nasce esclusivamente dall’atto di cessione e non dal precedente incidente stradale; se la danneggiata avesse ceduto il proprio credito risarcitorio ad altro soggetto nessun dubbio sarebbe sussistito sull’obbligo dell’assicurazione di corrispondere l’indennizzo dovuto;

– danneggiante e assicuratore sono obbligati in solido, sebbene in base a titoli diversi; ai sensi dell’art. 1303 c.c., relativo alla confusione nelle obbligazioni in solido, quando si riuniscono nella medesima persona le qualità di creditore e di debitore in solido, l’obbligazione degli altri debitori si estingue solo per la parte di quest’ultimo; nel caso di specie l’obbligazione del danneggiante/debitore in solido è però azzerata dall’art. 1917 c.c., che obbliga l’assicuratore a tenere indenne il danneggiante/assicurato.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “omesso esame – con conseguente omessa ed insufficiente motivazione – circa la questione relativa alla cessione del credito ex artt. 1260 c.c. e ss. – da ritenersi decisiva per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti”.

Lamenta che il giudice d’appello ha omesso di considerare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il credito da risarcimento del danno patrimoniale da sinistro stradale è suscettibile di cessione ex art. 1260 c.c. e che, in tal caso, a fondamento del credito risarcitorio non si invoca il fatto illecito bensì il contratto di cessione.

3. E’ fondato il primo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del secondo.

E’ pacifico in causa che:

a) Carrozzeria Augusta S.r.l. è responsabile del danno subito dall’autovettura di proprietà di B.D. (soggetto estraneo alla presente controversia), poichè investita all’interno dell’area della carrozzeria da un furgoncino di proprietà della società medesima; come tale è tenuta al relativo risarcimento;

b) la stessa società è assicurata per la r.c.a. giusta polizza stipulata con compagnia assicuratrice anch’essa rimasta estranea alla presente causa;

c) la danneggiata, a sua volta assicurata per la r.c.a., ha ceduto alla Carrozzeria Augusta S.r.l. il credito da essa vantato in ragione del medesimo fatto, ex art. 149 cod. ass., nei confronti della propria compagnia assicuratrice, Linear S.p.a..

In forza dunque di tale cessione Carrozzeria Augusta S.r.l. domanda a Linear S.p.a. il pagamento dell’importo oggetto del credito ceduto (ossia l’ammontare dei danni pari al costo della riparazione dell’autovettura) e, per parte sua, Linear S.p.A. oppone gli effetti della riunione nel medesimo soggetto – conseguente alla cessione del credito – delle qualità di creditrice e debitrice in solido.

Secondo il giudice d’appello tale circostanza determina l’estinzione per confusione dell’obbligo gravante in via solidale sulla compagnia assicuratrice.

Le questioni che pone una tale fattispecie sono due:

– la prima, di carattere ovviamente preliminare, è se sia suscettibile di cessione il credito che il danneggiato vanta ex art. 149 cod. ass. nei confronti “dell’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato” (d’ora in poi a tale locuzione sarà spesso sostituita, per brevità, quella, più ridotta e dunque meno precisa, di “assicuratore del danneggiato”, a tanto legittimando la fattispecie concreta esaminata nella quale la danneggiata, cedente il credito risarcitorio, è la stessa proprietaria del veicolo danneggiato e assicurato dalla Linear S.p.A.);

– la seconda è se si determini l’estinzione del debito, cui è tenuta detta compagnia, nel caso in cui la cessione sia effettuata in favore del responsabile civile, come tale tenuto a sua volta, ma in base a titolo autonomo e diverso, alla “medesima prestazione” (art. 1292 c.c.).

3.1. La prima questione risulta, a ben vedere, esaminata e risolta affermativamente dal giudice d’appello, con statuizione sulla quale, non essendo essa stata fatta oggetto di ricorso incidentale, deve ritenersi formato giudicato interno.

Il Tribunale infatti ha in motivazione evidenziato che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, l’inaccoglibilità – a suo avviso – della domanda della Linear S.p.A. non discende da un difetto di legittimazione attiva ma da una ragione di merito, rappresentata dalla ritenuta estinzione del credito per confusione, e ha in tal senso affermato di intendere correggere la motivazione e il dispositivo della decisione di primo grado.

3.2. Può comunque, per completezza, rilevarsi la correttezza sul punto della decisione per le seguenti considerazioni.

La cessione del credito è il contratto con il quale il debitore trasferisce ad un altro il suo diritto, avendo per effetto l’automatica ed immediata sostituzione di un nuovo creditore al posto del precedente titolare del credito, restando l’obbligazione inalterata in tutti gli altri elementi.

La cessione, pertanto, determina una successione a titolo particolare nel credito: il cedente trasferisce il credito ad un’altra persona (cessionario) e per effetto della cessione il debitore (ceduto), invece di dover prestare al cedente, è tenuto verso il cessionario.

In conseguenza della cessione, benchè venga ad essere modificato il soggetto attivo del credito, l’obbligazione rimane, per tutto il resto, inalterata: perciò il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori (art. 1263 c.c.), tra cui devono necessariamente essere annoverate tutte le azioni che possono essere esperite a tutela del diritto ceduto.

Tali principi generali non trovano alcuna contraddizione, smentita o eccezione nella legge speciale che disciplina la materia del risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale (in particolare nelle norme sull’azione diretta contenute nella L. 24 dicembre 1969, n. 990, in massima parte recepite nel D.Lgs. n. 7 settembre 2005, n. 209).

In tal senso questa Corte (con le sentenze nn. 51 e 52 del 10/01/2012) ha già evidenziato – affrontando il diverso ma contiguo tema della cedibilità del credito vantato dal danneggiato, ex art. 144 cod. ass., nei confronti dell’assicuratore del responsabile – che “nel prevedere la cedibilità del credito anche senza il consenso del debitore ceduto, salvo che il credito abbia carattere strettamente personale o che sussista un divieto legale o negoziale di cessione, l’art. 1260 c.c. pone il principio della libera cessione del credito.

“Ai fini del perfezionamento della cessione del credito è infatti normalmente (laddove il credito non sia cioè di natura strettamente personale e non sussista uno specifico divieto normativo al riguardo) necessario e sufficiente l’accordo tra il cedente e il cessionario (v. Cass. 13/11/1973, n. 3004), che determina la successione del cessionario al cedente nel medesimo rapporto obbligatorio con effetti traslativi immediati non solo tra di essi (v. Cass. 20/10/2004, n. 210548).

“La cessione del credito diviene nei confronti del debitore ceduto efficace all’esito della relativa notificazione ovvero della relativa accettazione da parte del medesimo (art. 1264 c.c.), quest’ultima in particolare avendo, come osservato anche in dottrina, natura non già costitutiva bensì ricognitiva, a tale stregua non comportando -diversamente dalla delegazione – un’assunzione del debito nei confronti del cessionario, nè rimanendo al debitore ceduto precluso far valere l’eccezione di invalidità e di estinzione del rapporto obbligatorio. L’accettazione vale per altro verso a rimarcare il limite della tutela del debitore di buona fede (v. Cass. 20/10/2004, n. 210548), facendo venire meno la presunzione di persistenza della titolarità del creditore originario (in dottrina indicata come c.d. legittimazione storica del cedente) ed escludendo pertanto l’efficacia liberatoria del pagamento fatto al medesimo….”.

“Anche il credito al risarcimento di danni patrimoniali da sinistro stradale può costituire oggetto di cessione, non essendo esso di natura strettamente personale nè sussistendo specifico divieto normativo al riguardo (v. Cass. 13/05/2009, n. 11095; 05/11/2004, n. 21192, e già Cass. 21/04/1986, n. 2812), nè d’altro canto ricorrendo nel caso un’ipotesi di cessione di crediti litigiosi (art. 1261 c.c.)….”.

“La cessione del credito avviene in favore del cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie personali e reali, anche con gli altri accessori (art. 1263 c.c., comma 1), tra i quali vanno senz’altro ricompresi, come anche in dottrina posto in rilievo, i poteri connessi al contenuto e all’esercizio del credito…”

“A parte l’ipotesi ex art. 111 c.p.c., a tale stregua il cessionario può esercitare tutte le azioni previste dalla legge a tutela del credito, volte cioè ad ottenerne la realizzazione (v. Cass. 18/07/2006, n. 16383; 09/12/1971, n. 3554), potere invero spettantegli già in base al principio generale della tutela giurisdizionale dei diritti.

“Il cessionario può fare dunque valere l’acquisito diritto di credito al risarcimento nei confronti del debitore ceduto (nel caso che ne occupa l’assicuratore del danneggiante) non già in base al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144, (e già alla L. n. 990 del 1969, art. 18), in relazione al quale non può invero propriamente parlarsi di cessione, bensì in ragione del titolo costituito dal contratto di cessione del credito, quale effetto naturale del medesimo (art. 1374 c.c.)” (così in motivazione Cass. n. 51 del 2012, cit.).

Se dunque, in base alle considerazioni sopra esposte e qui pienamente condivise, il cessionario del credito risarcitorio può esercitare l’azione diretta ex art. 144 cod. ass. nei confronti dell’assicuratore del responsabile, non si vede ragione per cui altrettanto non debba affermarsi anche con riferimento all’azione diretta concessa, per un più rapido a agevole soddisfacimento del credito, ex art. 149 cod. ass., nei confronti dell’assicuratore dello stesso danneggiato, ove in particolare si consideri che, ai fini in esame, e in rapporto al credito ceduto, vi è sostanziale identità di posizione tra l’assicuratore del danneggiato e l’assicuratore del responsabile, agendo il primo quale mandatario ex lege del secondo, con tutti gli obblighi e gli oneri gravanti su quest’ultimo per quanto attiene alla misura della responsabilità (chiara in tal senso la lettera dell’art. 149 cod. ass., comma 3 secondo la quale “l’impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime”: enfasi aggiunta).

3.3. Alla seconda domanda – se si determini l’estinzione del credito, nel caso in cui la cessione sia effettuata in favore del responsabile civile, come tale tenuto a sua volta, ma in base a titolo autonomo e diverso, alla “medesima prestazione” – deve invece darsi risposta negativa.

Costituisce dato pacificamente acquisito nella giurisprudenza di questa Corte che, nel sistema della assicurazione per la r.c.a., il vincolo che lega l’assicuratore al responsabile civile e al danneggiante, a vantaggio del danneggiato, sia di natura solidale (Cass. 16/05/1994, n. 2996; 10/03/1994 n. 2313; 13/10/1986 n. 5996), giacchè la solidarietà non è esclusa dal fatto che i debitori siano tenuti con modalità diverse (art. 1293 c.c.).

Neppure si è mai dubitato che la cessione del credito possa aver luogo anche in favore di uno dei condebitori in solido e che, per effetto di tale cessione, si determini la riunione in capo al medesimo soggetto della qualità di creditore e di condebitore in solido.

Quanto alle conseguenze di tale riunione questa Corte ha già in tempi lontani affermato che, in tal caso, non è applicabile al condebitore in solido, che sia divenuto cessionario del credito, la disposizione di cui all’art. 1299 c.c., comma 1 (secondo cui “il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi”) ma resta nei suoi confronti il vincolo solidale degli altri condebitori e pertanto egli può agire contro ciascuno di questi per l’intero debito, diminuito della sua quota estintasi per confusione (Cass. 31/12/1948, n. 1959).

Tale ultima precisazione rimanda evidentemente all’art. 1303 c.c., comma 1, che, in tema di obbligazioni in solido, dispone che “se nella medesima persona si riuniscono le qualità di creditore e di debitore in solido, l’obbligazione degli altri debitori si estingue per la parte di quel condebitore”.

Detta norma presuppone però, evidentemente, che nei rapporti interni tra condebitori in solido siano individuabili quote di partecipazione, ossia che l’obbligazione in solido si divida tra i diversi debitori: il che però, come noto, non è affatto condizione necessaria per aversi solidarietà, come del resto si ricava dall’art. 1298 c.c., comma 1, che, nel prevedere di regola tale divisibilità, fa salva l’ipotesi che l’obbligazione “sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi”.

Il concetto è stato efficacemente esplicato da una nota dottrina che ha evidenziato come “non esiste un concetto omogeneo di obbligazione solidale, ma esiste piuttosto una nozione unitaria di solidarietà; la quale, come risulta dal meccanismo descritto dall’art. 1292, può funzionare sia come strumento di attuazione di un’unica obbligazione soggettivamente complessa (caratterizzando allora il settore delle obbligazioni solidali… convenzionalmente… chiamato “a interesse comune”), sia come vincolo, sempre in fase di attuazione, fra più obbligazioni distinte, seppur connesse in virtù della identità delle prestazioni (caratterizzando allora il settore delle obbligazioni solidali “ad interesse unisoggettivo”).

Se ne deve desumere che l’art. 1303 c.c. sia applicabile non a tutte le obbligazioni solidali ma solo a quelle caratterizzate dalla divisibilità dell’obbligazione e, correlativamente, dall’esistenza di un interesse comune o di una eadem causa obligandi tra i condebitori in solido.

3.4. E’ certo, però, che tale non sia la solidarietà che si determina, dal lato passivo, tra l’obbligazione posta a carico dell’assicuratore per la r.c.a. e quella che grava sul responsabile civile/assicurato ex art. 2054 c.c., in favore del danneggiato.

Ciò si ricava da molteplici indici che – già nel sistema della L. n. 990 del 1969 e in coerenza con la finalità di interesse generale e sociale di assicurare sempre alle vittime degli incidenti stradali la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni – ne fanno emergere indubbi caratteri di specialità rispetto alla disciplina codicistica del contratto di assicurazione, che inevitabilmente si riflettono anche sul funzionamento del vincolo di solidarietà che lega le diverse obbligazioni.

Tali in particolare sono:

a) la previsione di un’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore (in deroga alla disciplina del codice civile in tema di assicurazioni nella quale il terzo danneggiato non ha un diritto di credito nei confronti dell’assicuratore, senza dimenticare peraltro che è il responsabile civile ad essere considerato dalla legge litisconsorte necessario e non già, viceversa, l’assicurazione);

b) il limite dell’azione diretta nel massimale concretamente previsto dalla polizza;

c) l’impossibilità per l’assicuratore di opporre al danneggiato le eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione e, in particolare, le clausole che prevedono l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno (L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 2, ora trasfuso nell’art. 144 cod. ass., comma 2);

d) la sussistenza dell’obbligazione dell’assicuratore nei confronti del danneggiato anche nel caso di danni cagionati dall’assicurato con dolo (ciò in evidente deroga a quanto statuito dall’art. 1917 c.c.: v. Cass. 17/05/1999, n. 4798; 05/05/2009, n. 10301; 03/08/2017, n. 19368; 20/08/2018, n. 20786);

e) la nascita in capo ad un’impresa esercente attività assicurativa dell’obbligo di pagare l’indennità risarcitoria al danneggiante anche nel caso in cui i danni siano stati cagionati da un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa;

f) la limitazione del diritto di rivalsa dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato ai solo caso e “nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione” (L. n. 990 del 1969, art. 18, comma 2; art. 144 cod. ass., comma 2);

g) la natura esclusivamente processuale del litisconsorzio necessario tra responsabile civile (che è soltanto il proprietario e non anche il conducente del veicolo) ed assicuratore;

h) la pressochè totale assenza di interdipendenza tra i rapporti giuridici che legano l’assicurato all’assicuratore ed i rapporti giuridici che legano l’assicuratore al danneggiato (come già rilevato, l’obbligazione dell’assicuratore ben può esistere da sola e cioè anche nella completa assenza dell’obbligazione dell’assicurato).

Tutti questi dati confermano nel loro complesso, da un lato, l’autonomia dell’obbligazione dell’assicuratore della r.c.a., dall’altro, la specialità (o atipicità) del vincolo di solidarietà passiva tra l’obbligazione dell’assicuratore e l’obbligazione dell’assicurato.

Si tratta, più precisamente, secondo qualificazione pacificamente accolta nella giurisprudenza di legittimità, di una solidarietà atipica ad interesse unisoggettivo (v. ex multis Cass. 28/11/1994, n. 10156; 03/05/1990, n. 3634; 28/11/1988, n. 6402; 23/01/1987, n. 646; 10/05/1984, n. 2872), finalizzata al rafforzamento del debito principale, il cui tratto distintivo è dato dal fatto che l’obbligazione dell’assicuratore si estende fino al massimale e che, nei rapporti interni, non si applica, almeno di regola, l’art. 2055 c.c., commi 2 e 3.

3.5. Ma emerge altresì la natura meramente accessoria dell’obbligazione del danneggiante/responsabile civile.

La tutela del danneggiato è infatti attuata dal legislatore tramite “un autonomo… complesso di norme nell’ambito del quale il concetto di rischio assicurato è estraneo ed irrilevante, dato che la tutela del danneggiato deve operare… sempre e comunque” (Cass. n. 4798 del 1999, cit.).

Ciò che in definitiva lega le due obbligazioni, rendendole “solidali”, è esclusivamente la funzione di garanzia svolta dal debito del responsabile civile rispetto all’obbligazione dell’assicuratore, ben potendo affermarsi che, in base al sistema di cui alla L. n. 990 del 1969, poi sostanzialmente recepito nel codice delle assicurazioni, obbligato principale è l’assicuratore, e solo il patrimonio di questi dovrà sopportare la decurtazione corrispondente all’intero ammontare del danno risarcito (salva l’incapienza del massimale).

Si consideri del resto che nel sistema della r.c.a. l’assicurato, che abbia eventualmente provveduto in prima persona a risarcire il danno, ha sempre diritto ad agire in regresso nei confronti dell’assicuratore per l’intero ammontare della somma pagata, cosicchè sull’assicurato-responsabile civile non grava alcuna “parte” dell’obbligazione in solido e, pertanto, nessuna “parte” di tale obbligazione può estinguersi a causa della riunione nella stessa persona della qualità di assicurato-responsabile civile e di danneggiato.

3.6. Tutto ciò non può che condurre a concludere per l’inapplicabiiità dell’art. 1303 c.c..

Posto che, come s’è detto, l’assicuratore resta l’obbligato principale e che sull’assicurato-responsabile civile non grava alcuna “parte” di tale obbligazione, nessuna “parte” di essa potrà nemmeno estinguersi a causa della riunione nella stessa persona della veste di assicurato-responsabile civile e di danneggiato.

Neppure l’eventuale diritto di rivalsa dell’assicuratore nei confronti del proprio assicurato, ex art. 144 cod. ass., comma 2 (“nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione”), potrebbe assumere rilievo quale fattore idoneo a determinare l’estinzione parziale per confusione dell’obbligazione del primo ex art. 1303 c.c..

Tale diritto di rivalsa costituisce invero non già ragione interna di divisione tra condebitori soggetti passivi del medesimo rapporto obbligatorio ma, trovando la propria fonte nel rapporto assicurativo interno tra assicuratore e assicurato, integra semmai un controcredito da far valere in compensazione a parziale estinzione del credito ceduto.

Proprio il carattere atipico e ad interesse unisoggettivo che caratterizza la solidarietà che lega le due obbligazioni, tale per cui quella principale deve considerarsi quella dell’assicuratore e solo accessoria e in senso lato di garanzia quella dell’assicurato, giustifica la conclusione opposta nel caso in cui la confusione si verificasse (per ipotesi astratta, ancorchè di difficile immaginazione) tra la posizione dell’assicuratore e quella del creditore; in tal caso infatti si estinguerebbe per intero anche l’obbligazione accessoria di garanzia dell’assicurato (salvo che per la parte di essa che eventualmente ecceda il massimale), in applicazione analogica dell’art. 1253 c.c., a mente del quale “quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella stessa persona, l’obbligazione si estingue, e i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati” (enfasi aggiunta).

Nel caso opposto invece l’estinzione per confusione dell’obbligazione accessoria non determina in alcuna misura anche l’estinzione dell’obbligazione principale dell’assicuratore.

Una diversa soluzione finirebbe del resto – seppure in ipotesi di confusione diverse da quella qui in esame, che postula di per sè l’avvenuto soddisfacimento dell’interesse del creditore cedente (quale ad es. il caso di coincidenza nel medesimo soggetto della duplice posizione di vittima, primaria o riflessa, e di erede del responsabile) – con il portare a risultati paradossali, tenuto conto che il legame istituito dalla L. n. 990 del 1969 tra compagnia assicuratrice e assicurato si regge, quale unica ratio, sullo scopo di rafforzare le garanzie del credito del danneggiato, affiancando ai debitore principale, rappresentato dall’assicuratore, un secondo debitore, evidentemente sussidiario rispetto al primo, rappresentato dal responsabile civile: sarebbe infatti singolare se tale rafforzamento della garanzia del credito, rivolgendosi contro le intenzioni del legislatore, si rilevasse controproducente per il creditore, il quale con l’estinzione dell’obbligazione sussidiaria del debitore aggiunto finirebbe con il vedere estinguersi anche l’obbligazione principale dell’assicuratore.

4. Non vi è ragione di mutare tale conclusione per il fatto che, nella specie, il credito ceduto sia fatto valere non nei confronti dell’assicuratore del responsabile ma, con azione diretta ex art. 149 cod. ass., nei confronti dell’assicuratore dello stesso danneggiato.

Come s’è detto, quest’ultimo deriva la sua legittimazione passiva non dal fatto di essere tenuto esso stesso in forza di rapporto autonomo e aggiuntivo ma nella veste, che la legge stessa espressamente gli assegna, di mandatario (senza rappresentanza) dell’assicuratore del responsabile.

Vi è solo da precisare che la norma delinea un sistema di rivalse interno che esclude che l’assicuratore del danneggiato convenuto dal cessionario del credito risarcitorio ex art. 149 cod. ass. possa opporre a quest’ultimo (in quanto responsabile civile, debitore in solido) il diritto di rivalsa che il di lui assicuratore potrebbe in ipotesi invece far valere, come detto, ex art. 144 cod. ass., comma 2 “nella misura in cui avrebbe contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione (assicurativa)”.

A norma dell’art. 149 cod. ass., comma 3 infatti, l’impresa di assicurazione del veicolo utilizzato dal danneggiato “a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime”.

Essa quindi potrà agire in regresso e, se del caso, anche per l’intero, nei confronti dell’assicuratore del responsabile; sarà quest’ultimo poi eventualmente a poter far valere il proprio diritto di rivalsa nei confronti del responsabile civile, “nella misura in cui avrebbe contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione (assicurativa)”.

5. Va in conclusione affermato il seguente principio di diritto:

“in tema di assicurazione per la r.c.a., nel caso in cui il danneggiato da sinistro stradale ceda al responsabile civile il credito risarcitorio che egli può azionare nei confronti della propria compagnia assicuratrice con azione diretta ex art. 149 cod. ass., la riunione in capo al cessionario delle qualità di creditore e debitore in solido non determina, in alcuna misura, l’estinzione per confusione dell’obbligazione, distinta e autonoma, gravante sull’assicuratore, non trovando in tal caso applicazione l’art. 1303 c.c., comma 1, attesa la peculiare forma di solidarietà passiva – atipica e ad interesse unisoggettivo – che si crea nell’assicurazione obbligatoria tra compagnia assicuratrice (e per essa la compagnia mandataria ex lege qual è l’assicuratore del danneggiato ex art. 149 cod. ass.) e responsabile civile”.

Avendo il Tribunale fatto applicazione di una opposta regola di giudizio, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Bologna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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