Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22721 del 02/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 02/11/2011), n.22721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

S.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL

VIGNOLA 5, presso lo studio dell’avvocato RANUZZI LIVIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato QUERCIA LUIGI, giusta procura

alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende,

ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di BARI del 6.5.08, depositata il 22/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La CTR della Puglia con sentenza dep. il 22/10/2008 ha, accogliendo l’appello dell’ufficio, riformato la sentenza della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso di S.D. (poi deceduta e per essa gli eredi) avverso gli avvisi di accertamento per Irpef 1989 e 1990 quale socia al 33,33% della società “Centro Servizi di Labombarda & C sas”.

Ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, la contribuente deducendo in primo luogo la non integrità del contraddittorio trattandosi di accertamento del reddito di socio di società di persone e vizio motivazionale. L’Agenzia ha resistito con controricorso. Il primo motivo è palesemente fondato.

Le SS.UU (sent. n. 14815 del 4/06/2008) hanno ritenuto che, in materia tributaria, l’unità dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla 1) percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società sia tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario originario.

Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno solo dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) e il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio.

Nel caso in esame, ricorre l’ipotesi di interferenza sostanziale delle controversie come individuata dalle SS.UU. che imponeva la necessità della integrazione del contraddittorio.

Non appaiono ricorrere le condizioni, individuate da questa Corte in Cass. n. 22122/2010, Cass. n. 9760/2010, n. 3830/2010, n. 2907/2019 e n. 3420/2009 (piena consapevolezza di ciascuna una parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo e delle difese processuali svolte dalle altre parti, identità oggettiva dei ricorsi) che renderebbero inutile la declaratoria di nullità di tutti i processi per violazione del litisconsorzio necessario originario perchè porterebbe unicamente alla celebrazione(allo stato puramente formale) di un simultaneus processus, ma nella sostanza comporterebbe un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità realmente superflue, proprio perchè la restante compagine sociale è rimasta estranea alla vicenda processuale.

Il ricorso può, pertanto decidersi in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., con l’accoglimento del primo motivo di ricorso per manifesta fondatezza e assorbimento del secondo, dichiarandosi la nullità della sentenza di primo e di secondo grado, con rimessione delle parti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari per la rinnovazione del giudizio previa integrazione del contraddittorio.

Le spese possono giustamente compensarsi essendo l’intervento chiarificatore delle SS.UU. intervenuto dopo la pronunzia delle sentenze di merito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, dichiara la nullità della sentenza di primo e di secondo grado e rimette le parti alla CTP di Bari. Compensa interamente le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2011

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