Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2272 del 30/01/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 2272 Anno 2018
Presidente: CANZIO GIOVANNI
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

Data pubblicazione: 30/01/2018

SENTENZA

sul ricorso 9698-2016 proposto da:
BONADONNA GIUSEPPE, CANDELA ROSARIO, elettivamente
domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE COZZO;
– ricorrenti –

AVILA DANIELA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE
104, presso la Sig.ra ANTONIA DE ANGELIS, rappresentata e difesa
dagli avvocati GIOVANNI IMMORDINO e GIUSEPPE ~ORDINO;
– ricorrente successivo contro

MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
BONADONNA GIUSEPPE, CANDELA ROSARIO, elettivamente
domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE COZZO;
– controrícorrenti all’incidentale nonché contro
PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE
DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE SICILIANA, RIGGIO
FRANCESCO, BONGIORNO CALOGERO;
– intimati sul ricorso 10121-2016 proposto da:
GATTUSO GIANGIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MARESCAIALLO PILSUDSKI 118, presso lo studio dell’avvocato
FABRIZIO PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LEONARDO CUCCHIARA;
– ricorrente contro

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PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente nonché contro

DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE SICILIANA, PROCURA
GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE,
BON GIORNO CALOGERO;
– intimati sul ricorso 11068-2016 proposto da:
LO NIGRO GASPARE CARLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO
MANGANO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente nonché contro
PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE
DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE SICILIANA;
– intimata avverso la sentenza n. 12/A/2016 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE
GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA PALERMO, depositata il 14/01/2016.

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PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto dei ricorsi; assorbito il ricorso

uditi gli avvocati Massimiliano Mangano per delega dell’avvocato
Giovanni Immordino e Fabrizio Paoletti.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto del 19 giugno 2007 a firma di Gaspare Carlo Lo
Nigro, Dirigente generale dell’Agenzia regionale per l’impiego e la
formazione professionale della Regione Siciliana, venne ammesso a
finanziamento per la somma di euro 7.048.433,65, con fondi della
Regione a valere su una provvista di origine comunitaria, il progetto
di consulenza, orientamento ed apprendistato (CO.OR.AP.) presentato
dal Centro interaziendale di addestramento professionale integrato di
Palermo (C.I.A.P.I.). Contestualmente, il decreto previde la
costituzione di un Comitato tecnico scientifico (CTS), composto di
undici persone, con il compito di assicurare la coerenza e validità dei
contenuti delle attività progettuali, garantire le relative scelte
metodologiche e assicurare la congruità tra gli obiettivi raggiunti e
quelli prefissati dal progetto. Il CTS fu composto, tra gli altri, dal
Presidente del C.I.A.P.I., che lo presiedeva, da Daniela Avila,
Giuseppe Bonadonna e Rosario Candela, rappresentanti dell’Agenzia
regionale per l’impiego e la formazione professionale, nonché da
Giangiuseppe Gattuso, designato dal C.I.A.P.I. siccome già
componente del Consiglio di amministrazione dell’ente.
Con successivi tre decreti a firma del medesimo Direttore Lo
Nigro, rispettivamente del 21 maggio, 23 settembre e 27 ottobre
2008, il progetto suindicato fu ulteriormente finanziato a spese della
Regione, raggiungendo la somma complessiva di euro 15.193.362,74.

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incidentale della Procura per il r.g. n. 9698/2016;

A seguito di controlli svolti dall’Ufficio europeo per la lotta
antifrode (OLAF), emersero una serie di criticità relative alla gestione
del progetto in questione, relative al reclutamento del personale
assunto a tempo determinato, alle procedure di fornitura di beni e
servizi, all’assegnazione delle consulenze esterne e dei contratti di

degli obiettivi prefissati.
Trasmessi gli atti alla Procura regionale siciliana della Corte dei
conti, il Procuratore citò a giudizio per danno erariale, tra gli altri, il
Dirigente generale dell’Agenzia regionale per l’impiego e la
formazione professionale della Regione Siciliana, Gaspare Carlo Lo
Nigro, e i componenti del CTS citato, ivi compresi i suindicati Avila,
Bonadonna, Candela e Gattuso.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione
Siciliana, con sentenza n. 326 del 2015, dopo aver riconosciuto la
sussistenza della propria giurisdizione, dichiarò che il credito per il
quale la Procura regionale aveva agito (pari all’entità del
finanziamento complessivo come sopra erogato) era in parte
prescritto (per la somma di euro 8.675.694,43); quanto alla parte
non prescritta, i primi giudici dichiararono infondata l’azione di
responsabilità, disponendo contestualmente l’inefficacia dei
provvedimenti di sequestro conservativo nelle more disposti sui beni
di proprietà dei convenuti.
2. La pronuncia è stata impugnata dal Procuratore regionale e la
Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione
Siciliana, con sentenza del 14 gennaio 2016, in riforma di quella di
primo grado, ha riconosciuto tutti i convenuti responsabili di danno
erariale e li ha condannati a restituire alla Regione Siciliana le
seguenti somme: quanto a Gaspare Carlo Lo Nigro, euro 1.063.535,
quanto a Daniela Avila, Giuseppe Bonadonna, Rosario Candela e
Giangiuseppe Gattuso, la somma di euro 598.239 per ciascuno; il

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lavoro a progetto e lavoro occasionale ed al mancato raggiungimento

tutto con rivalutazione, interessi ed il carico delle spese del doppio
grado di giudizio.
Ha premesso la Corte territoriale d’appello che l’eccezione di
difetto di giurisdizione della Corte dei conti risultava ribadita in sede
di appello dai soli appellati Bonadonna e Candela, mentre per tutti gli

essendovi stata sul punto alcuna impugnazione.
Dopo di che il giudice d’appello ha affermato, per quanto di
interesse in questa sede, che la sussistenza o meno della
giurisdizione doveva essere valutata in riferimento alla domanda
formulata dal P.M. contabile ed al relativo petitum sostanziale. Nella
specie, in conformità a quanto affermato dalle Sezioni Unite della
Corte di cassazione, qualora il fruitore dei fondi pubblici sia un ente,
«la responsabilità erariale attinge anche coloro che con l’ente abbiano
intrattenuto un rapporto organico, ove dai comportamenti da loro
tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine
pubblico cui erano destinati». In simili ipotesi, infatti, il destinatario
del contributo concorre alla realizzazione del programma della
pubblica amministrazione, per cui il beneficiario assume, ai fini della
giurisdizione contabile, la stessa posizione di un dipendente o
amministratore della pubblica amministrazione.
Nella specie, tra l’altro, il P.M. aveva agito nei confronti di
soggetti ritenuti legati da rapporto di servizio con la Regione Siciliana.
Né poteva assumere importanza, ai fini dell’appartenenza della
giurisdizione, la circostanza che il risarcimento del danno dovesse
essere chiesto, nell’assunto degli appellati, al C.I.A.P.I., perché
quell’aspetto era inerente piuttosto al merito della vicenda.
La sentenza d’appello ha infine aggiunto che gli organi
amministrativi del C.I.A.P.I. avrebbero dovuto svolgere, nel caso in
esame, un ruolo attivo e non meramente esecutivo delle
determinazioni del CTS; ragione per cui la Corte dei conti ha

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altri la questione era da ritenere coperta dal giudicato implicito, non

individuato, sotto il profilo del nesso di causalità, una quota di danno
pari al 30 per cento di quello complessivo da porre a carico di tali
organi amministrativi. A tal fine la pronuncia ha disposto la
trasmissione degli atti al Procuratore regionale per la Regione
Siciliana per le valutazioni e le decisioni di sua competenza in ordine

3. Contro la sentenza della Corte dei conti, Sezione
giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, sono stati promossi i
seguenti ricorsi.
Un primo ricorso (r.g. n. 9698 del 2016) è di Giuseppe
Bonadonna e Rosario Candela, con unico atto affidato ad un solo
motivo, al quale è stato accorpato (col medesimo numero di r.g.) il
ricorso di Daniela Avila, con atto affidato ad un motivo.
Ad essi resiste con due separati controricorsi il Procuratore
generale presso la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello
per la Regione Siciliana, il quale propone ricorso incidentale in
risposta al ricorso principale di Bonadonna e Candela.
Questi ultimi hanno proposto controricorso in relazione al ricorso
incidentale del P.M. contabile.
Vi è poi il ricorso di Giangiuseppe Gattuso (r.g. n. 10121 del
2016) con atto affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il
Procuratore generale presso la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale
d’appello per la Regione Siciliana.
Un terzo ricorso, infine (r.g. n. 11068 del 2016), è proposto da
Gaspare Carlo Lo Nigro con atto affidato ad un solo motivo, cui resiste
con controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei conti,
Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Rileva innanzitutto il Collego che i ricorsi devono essere riuniti,
ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., poiché hanno ad oggetto la
medesima sentenza e pongono una serie di problemi del tutto simili.

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a questo profilo.

2. Tanto premesso, le Sezioni Unite osservano che i ricorsi
proposti da Daniela Avila, Giangiuseppe Gattuso e Gaspare Carlo Lo
Nigro sono inammissibili – come correttamente ha rilevato il
Procuratore generale presso la Corte dei conti in ciascuno dei relativi
controricorsi – per essersi nei confronti dei medesimi determinato il

2.1. La ricorrente Daniela Avila, infatti, aveva eccepito nel
giudizio di primo grado il presunto difetto di giurisdizione della Corte
dei conti, sul rilievo che il C.I.A.P.I. non poteva essere considerato
affidatario del progetto finanziato dalla Regione Siciliana; tuttavia tale
eccezione non è stata dalla medesima riproposta, neppure tramite
appello incidentale condizionato, nel giudizio di secondo grado. Pur
essendo tutti gli odierni ricorrenti sostanzialmente vincitori (nel
merito) in primo grado, la proposizione dell’appello da parte della
Procura generale obbligava gli interessati a riproporre la questione di
giurisdizione, giacché sul punto essi non erano vincitori, posto che il
giudice di primo grado aveva, pronunciandosi sul merito,
implicitamente riconosciuto l’esistenza della giurisdizione; per cui, in
difetto di tale riproposizione, si è perfezionato il giudicato sul punto
ed il ricorso dell’Avila è inammissibile.
2.2. Ancora più evidente è l’inammissibilità del ricorso in
relazione alle posizioni dei ricorrenti Gattuso e Lo Nigro.
Il primo, infatti, non ha contestato il difetto di giurisdizione
nemmeno nel corso del giudizio di primo grado e, concludendo in
grado di appello, ha chiesto che il gravame della Procura generale
della Corte dei conti fosse dichiarato improcedibile, inammissibile per
il presunto decorso del termine di prescrizione e, comunque,
infondato nel merito.
Allo stesso modo, anche la difesa del ricorrente Lo Nigro è
incompatibile con la contestazione della giurisdizione. In primo grado,
egli si è limitato ad eccepire la prescrizione e a chiedere, nel merito, il

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giudicato sul punto.

rigetto della domanda avanzata nei suoi confronti; analoga è stata la
sua richiesta difensiva in appello, là dove egli ha ribadito l’eccezione
di prescrizione ed ha chiesto che il gravame fosse dichiarato
inammissibile.
È evidente, perciò, che l’assenza di contestazione in sede di

giurisdizione contabile, rende inammissibili i ricorsi dei suindicati
ricorrenti, posto che si è maturato nei loro confronti il giudicato
implicito sulla giurisdizione, come da ormai consolidata
giurisprudenza di queste Sezioni Unite (v. le ordinanze 16 ottobre
2008, n. 25246, e 28 gennaio 2011, n. 2067, nonché la sentenza 12
maggio 2017, n. 11799).
3. Con l’unico motivo di ricorso Giuseppe Bonadonna e Rosario
Candela lamentano, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 1),
cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 103 e 111
Cost., nonché dell’art. 362 cod. proc. civ., in relazione a due profili.
Col primo profilo essi, nella loro qualità di componenti del CTS,
eccepiscono che tale Comitato non aveva un rapporto di servizio né
con la Regione Siciliana né con il C.I.A.P.I.; i fondi in questione erano
stati infatti affidati a quest’ultimo per lo svolgimento in house del
progetto CO.OR.AP. sopra indicato. La sentenza impugnata, quindi,
avrebbe erroneamente sostenuto l’esistenza della giurisdizione
contabile; la giurisdizione si determina secondo la causa petendi fatta
valere dal P.M. il quale, nella specie, non aveva mai sostenuto che il
CTS potesse considerarsi organo della Regione o del C.I.A.P.I.; ma,
trattandosi di sentenza definitiva, l’esistenza della giurisdizione
avrebbe dovuto essere valutata anche in rapporto all’esito finale del
giudizio. Nel caso, l’assenza di compimento di atti di amministrazione
avrebbe dovuto indurre ad escludere la giurisdizione contabile in
relazione ai componenti del CTS.

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merito, da parte di entrambi, in ordine alla sussistenza della

Col secondo profilo i ricorrenti lamentano che nel caso in esame
dovevano considerarsi esistenti due diversi rapporti: l’uno tra la
Regione ed il C.I.A.P.I. e l’altro tra il P.M. contabile ed i ricorrenti. La
sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto l’esistenza di una
responsabilità nella misura del 30 per cento a carico degli organi

finanziamento – avrebbe erroneamente escluso l’unicità dei due
accertamenti. La responsabilità dei ricorrenti, infatti, sarebbe di
natura sussidiaria, per cui la Corte dei conti avrebbe dovuto dare
ingresso ad un accertamento unitario, per evidenti ragioni di
interesse pubblico.
3.1. In relazione a tale ricorso, il Procuratore generale presso la
Corte dei conti ha osservato, nel proprio ricorso incidentale, che la
sentenza impugnata avrebbe errato nell’esaminare la questione di
giurisdizione. A suo avviso, i ricorrenti Bonadonna e Candela non
avevano proposto motivo di appello incidentale sul punto del difetto
di giurisdizione, essendosi limitati «a depositare una semplice
memoria con la quale avevano riproposto anche l’eccezione di difetto
di giurisdizione già espressamente dichiarata infondata dal Giudice di
primo grado». Tale linea difensiva avrebbe determinato la formazione
del giudicato esplicito sul punto, per cui la Sezione giurisdizionale
d’appello non avrebbe potuto esaminare ulteriormente la questione.
Da tanto consegue che anche il ricorso in esame dovrebbe essere
dichiarato inammissibile.
3.2. Ritengono queste Sezioni Unite che la richiesta del
Procuratore generale contabile non sia meritevole di accoglimento e
che sulla questione di giurisdizione non si sia perfezionato il giudicato
nei confronti dei ricorrenti Bonadonna e Candela.
Come risulta dall’esame degli atti, questi ultimi, vincitori nel
merito in primo grado come gli altri ricorrenti, si sono costituiti in
appello con una memoria nella quale (p. 51 e ss.) hanno chiesto la

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amministrativi del C.I.A.P.I. – il quale era tenuto alla restituzione del

riforma della sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione. Che
si tratti di un appello incidentale condizionato è reso evidente, a
prescindere dall’aspetto esteriore e dall’epigrafe dell’indicata
memoria, dalle espressioni usate dagli appellati. Costoro, infatti,
hanno esordito al punto 6 della memoria con la frase

«Qualora

deve essere riformata per i seguenti motivi»; ed hanno concluso,
dopo aver esposto il fondamento delle loro censure, con la frase
riportata alla p. 65 della citata memoria, sollecitando il giudice di
appello, qualora l’appello della Procura regionale dovesse essere
accolto, a «dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice contabile».
Poiché anche in materia processuale vige il principio della prevalenza
della sostanza sulla forma, è palese che una simile formulazione
contiene un vero e proprio appello incidentale condizionato; il che
esclude che sulla giurisdizione si sia formato il giudicato ed impone di
esaminare il merito del ricorso (v. di recente, in ordine al giudicato
interno sulla giurisdizione, la sentenza 8 maggio 2017, n. 11139, di
queste Sezioni Unite).
3.3. Ciò premesso, il ricorso in esame è privo di fondamento.
Giova premettere che la giurisprudenza di queste Sezioni Unite
ha affermato che l’amministratore di una società privata destinataria
di fondi pubblici, del quale si prospetti una condotta di dolosa
appropriazione dei finanziamenti, è soggetto alla responsabilità per
danno erariale e alla giurisdizione della Corte dei conti, atteso che la
società beneficiaria dell’erogazione concorre alla realizzazione del
programma della P.A., instaurando con questa un rapporto di
servizio, sicché la responsabilità amministrativa attinge anche coloro
che intrattengano con la società un rapporto organico (sentenza 9
gennaio 2013, n. 295). Allo stesso modo, è stato affermato che, ai
fini della sussistenza della giurisdizione contabile, tra la P.A. che
eroga un contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto

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l’appello della Procura dovesse essere accolto, la sentenza appellata

di servizio, sicché il percettore del finanziamento risponde per danno
erariale innanzi alla Corte dei conti, qualora, disponendo della somma
in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito
dall’ente pubblico (sentenza 25 gennaio 2013, n. 1774); così come
sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti i privati

interesse ma rientranti in un piano o programma che la P.A. si
propone di realizzare, che distolgano le risorse ottenute dalle finalità
cui erano preordinate così arrecando all’amministrazione stessa un
danno corrispondente al mancato conseguimento degli obiettivi da
essa perseguiti (ordinanza 24 novembre 2015, n. 23897).
Ancora più di recente, queste Sezioni Unite hanno affermato che
in tema di danno erariale è configurabile un rapporto di servizio tra la
pubblica amministrazione erogatrice di un contributo o finanziamento
statale ed i legali rappresentanti di società persone giuridiche private
percettrici dei medesimi, ovvero coloro che con quelle intrattengano
un rapporto organico, che, disponendo della somma erogata in modo
diverso da quello preventivato o creando i presupposti per la sua
illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dalla
P.A., distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano
preordinate (sentenza 31 luglio 2017, n. 18991). Tutto questo
nell’ambito del principio generale per cui ai fini del riconoscimento
della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, non deve
aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce il denaro
pubblico, che può anche essere un privato o un ente pubblico non
economico, bensì alla natura del danno e degli scopi perseguiti. Ne
consegue che, qualora l’amministratore di un ente, anche avente
natura privata, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida
negativamente sul modo di essere del programma imposto dalla P.A.,
alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l’atto di
concessione del contributo, in tal modo determinando uno sviamento

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K

destinatari di fondi pubblici, concessi per attuare interventi di loro

dalle finalità perseguite, egli provoca un danno per l’ente pubblico,
del quale deve rispondere davanti al giudice contabile (così
l’ordinanza 23 settembre 2009, n. 20434).
Va poi ricordato, in relazione proprio ai corsi di addestramento
professionale gestiti dalla Regione Siciliana, che l’affidamento, da

addestramento professionale), della gestione di corsi di formazione
professionale disciplinati e finanziati dalla pubblica amministrazione
instaura un rapporto di servizio con detto ente e ne implica,
conseguentemente, l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte
dei conti in materia di responsabilità patrimoniale per danno erariale,
non rilevando, in contrario, né la natura privatistica dell’ente stesso,
né la natura privatistica dello strumento contrattuale (appalto di
servizio) con il quale si sia costituito ed attuato il rapporto in
questione (ordinanza 22 gennaio 2002, n. 715).
3.4.

Così

richiamate alcune

recenti affermazioni della

giurisprudenza di queste Sezioni Unite nella materia in esame, si
rileva che la sentenza qui impugnata ha fatto buon governo dei
menzionati principi.
Occorre premettere che ai fini della determinazione della
giurisdizione vale il principio del petitum sostanziale, da identificarsi
per come oggettivamente risulta dal complesso delle richieste e dei
fatti allegati (Sezioni Unite, sentenza 21 maggio 2014, n. 11229, in
linea con una pacifica giurisprudenza).
Nella specie, la domanda proposta dal Procuratore regionale
della Corte dei conti aveva ad oggetto la richiesta di risarcimento del
danno erariale derivante dalla cattiva gestione di un finanziamento
concesso dalla Regione Siciliana, tramite l’Agenzia regionale per
l’impiego e la formazione professionale della Regione Siciliana, per
l’esecuzione di un progetto presentato dal C.I.A.P.I. e destinato a
favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di giovani che avevano

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parte di quest’ultima ad un ente privato (in quel caso, Ente nazionale

completato il primo ciclo di istruzione. La sentenza qui in esame,
come si è già detto, ha precisato che il decreto di concessione del
finanziamento prevedeva l’istituzione di un Comitato tecnico
scientifico con il compito di assicurare la coerenza e validità dei
contenuti delle attività progettuali, garantire le relative scelte

quelli prefissati dal progetto. La sentenza ha poi chiarito che
l’affidamento dell’iniziativa di formazione al C.I.A.P.I. «assumeva
dichiaratamente i connotati dell’in house providing, trattandosi di
ente strumentale della Regione ed anzi articolazione della medesima
nel settore della formazione professionale», tanto che era esclusa la
necessità di una polizza fideiussoria per l’adempimento delle
obbligazioni assunte con la Regione.
L’impostazione della domanda di risarcimento in questi termini è
di per sé un indizio di come si sia in presenza di un’ipotesi di danno
erariale, rimessa pertanto alla giurisdizione della Corte dei conti.
Non giova agli odierni ricorrenti l’insistenza sul fatto che essi, in
quanto componenti del CTS, non potevano considerarsi organi della
Regione o del C.I.A.P.I. e non erano quindi titolari di un rapporto di
servizio rilevante ai fini della giurisdizione, avendo esercitato una
«specifica funzione, tecnica e meramente ausiliaria», senza «alcuna
relazione di servizio con la Regione Siciliana, ente che si assume
essere stato danneggiato» (così il ricorso, pp. 11-12). Anche volendo
trascurare la circostanza che i ricorrenti Bonadonna e Candela erano
componenti del CTS in qualità di rappresentanti dell’Agenzia regionale
per l’impiego e la formazione professionale – il che dimostra ancor più
il collegamento con la Regione Siciliana – è decisiva, ai fini della
sussistenza della giurisdizione, la circostanza per cui il CTS aveva un
compito diretto di indirizzo e di controllo in vista del raggiungimento
degli obiettivi per i quali il finanziamento era stato concesso. La
sentenza in esame ha spiegato che era stato proprio il CTS il vero e

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metodologiche e assicurare la congruità tra gli obiettivi raggiunti e

proprio dominus della gestione dell’intero progetto. Ciò in quanto i
componenti del CTS avevano un rapporto organico con il C.I.A.P.I. di
cui il primo era un’emanazione, il che era evidenziato dalla
circostanza che il Presidente del C.I.A.P.I. era anche Presidente del
CTS. Elementi, tutti questi, che confermano ancora di più la

conseguente sussistenza della giurisdizione contabile.
Non deve essere trascurato, inoltre, che la sentenza impugnata,
nel pervenire alla pronuncia di condanna nei confronti di tutti i
soggetti convenuti, ha posto in luce, fra l’altro, anche la sostanziale
inutilità dell’attività svolta, rilevando che l’intera operazione «è
apparsa più orientata al raggiungimento di improprie finalità di spesa
piuttosto che alla piena e fattiva realizzazione del progetto ed al
raggiungimento dello scopo (pubblico) sotteso al suo
confezionamento». È da ricordare, sul punto, che queste Sezioni
Unite, con la sentenza 8 maggio 2017, n. 11139, hanno riconosciuto
la legittimità del sindacato esercitato dalla Corte dei conti anche in
ordine alla economicità della gestione della P.A. ed alla verifica
dell’esistenza di un equilibrio tra gli obiettivi conseguiti ed i costi
sostenuti; il che vale ad escludere, in relazione al caso odierno, che
sia in qualche modo ipotizzabile un eccesso di potere giurisdizionale
inteso come sconfinamento dai limiti della propria funzione.
3.5. Resta infine da osservare che la seconda parte della censura
proposta dagli odierni ricorrenti (pp. 12 e ss. del ricorso) è, quando
non inammissibile, comunque priva di fondamento.
Con essa si sostiene che, avendo la sentenza impugnata
riconosciuto la sicura esistenza di una responsabilità degli organi
amministrativi del C.I.A.P.I. – tanto da trasmettere gli atti alla
Procura regionale della Corte dei conti per quanto di sua competenza
– l’accertamento avrebbe dovuto svolgersi in via unitaria, in
considerazione dell’esistenza di due rapporti: l’uno tra la Regione ed il

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correttezza della prospettazione di un danno erariale e la

C.I.A.P.I. e l’altro tra il P.M. contabile e gli odierni ricorrenti,
quest’ultimo in posizione di responsabilità sussidiaria.
Tale questione, che attiene alle modalità di esercizio ed alle
regole processuali della giurisdizione contabile e che comunque non
ne contesta la sussistenza, esula evidentemente dai limiti del

giurisdizione contabile ma riguardando, semmai, un

error in

procedendo; né con essa si prospetta alcuna lesione tale da integrare
un «sostanziale diniego di tutela giurisdizionale» oppure un eccesso di
potere giurisdizionale nei termini già esaminati da questa Corte (v. la
sentenza 3 aprile 2014, n. 7847).
4. In conclusione, è rigettato il ricorso di Bonadonna e Candela,
mentre sono dichiarati inammissibili i ricorsi di Avila, Gattuso e Lo
Nigro.
Non occorre provvedere sulle spese, non potendosi l’atto di
costituzione del Procuratore generale presso la Corte dei conti,
Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, equiparare
ad un atto di costituzione di parte privata.
Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da
parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi numeri 9698, 10121 e 11068 del 2016,
rigetta il ricorso proposto da Giuseppe Bonadonna e Rosario Candela
e

dichiara

inammissibili i ricorsi proposti da Daniela Avila,

Giangiuseppe Gattuso e Gaspare Carlo Lo Nigro.
Ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater, del d.P.R. 30 maggio

2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il
versamento, da parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Ric. 2016 n. 09698 sez. SU – ud. 05-12-2017

-16-

presente ricorso, non attingendo il problema dei limiti esterni della

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite
Civili della Corte di cassazione, il 5 dicembre 2017.

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Il Consigliere est

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