Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22718 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 09/11/2016, (ud. 11/10/2016, dep. 09/11/2016), n.22718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

S.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato Gianfranco

Ceci per procura speciale in calce al ricorso, elettivamente

domiciliato in Roma, viale Santi Pietro e Paolo n. 25, presso lo

studio dell’Avvocato Luigi Valensise;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

e contro

INPS – Gestione Ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimato –

per l’annullamento dell’ordinanza della Corte di cassazione, Sezioni

unite civili, 18 aprile 2013, n. 9406.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11

ottobre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Gianfranco Ceci;

sentito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La Corte dei conti, Seconda Sezione giurisdizionale centrale, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto da S.G., già maresciallo della Guardia di Finanza, nei confronti della decisione del 13 giugno 2005 che aveva rigettato l’appello avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale della stessa Corte per la Regione Lombardia, depositata il 7 gennaio 2002, con la quale era stata respinta la domanda dello stesso S. avente ad oggetto il riconoscimento del suo diritto alla doppia tredicesima e alla doppia indennità integrativa speciale sulla pensione e sullo stipendio per il periodo (OMISSIS), in applicazione di due sentenze della Corte costituzionale.

La Corte dei conti ha ritenuto che il ricorrente avesse dedotto non già un errore di fatto, ma un preteso errore di diritto, sostenendo la tesi secondo la quale la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale avrebbe travolto anche il giudicato formatosi sulla questione dallo stesso introdotta.

2. – Avverso tale decisione, il S. ha proposto ricorso per cassazione.

3. – Con ordinanza n. 9406 del 2013, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ai sensi dell’abrogato art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis, in quanto privo della formulazione del quesito di diritto richiesta, appunto a pena di inammissibilità, dalla predetta disposizione del codice di rito.

4. – Il S. ha proposto ricorso ex art. 111 Cost., art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 360 c.p.c., commi 1 e 3, chiedendo l’annullamento di tale ordinanza.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente chiede l’annullamento della impugnata ordinanza “a) sia perchè con la stessa è stato dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Sig. S. nel maggio 2010 contro la sentenza n. 255 del 26.03.2009 emessa in sede di giudizio di revocazione dalla Sezione Seconda Centrale della Corte dei Conti depositata il 14.05.2009 in quanto privo ai sensi dell’abrogato art. 366 bis c.p.c. della formulazione del motivo di diritto, mentre tale quesito non era dovuto trattandosi di applicazione di sentenze di accoglimento della Corte costituzionale; b) sia perchè da detta ordinanza, ai fini dell’osservanza delle norme che prevedono l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, non si evince che quest’ultimo sia stato informato dell’esistenza del procedimento (art. 70 c.p.c.)”, nonchè “per la consequenziale omessa pronuncia di merito sul ricorso stesso ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 4”.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – Avverso le sentenze e le ordinanze della Corte di cassazione pronunciate ai sensi dell’art. 375, comma 1, nn. 4) e 5), nonchè, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 2009, delle ordinanze pronunciate a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), è ammissibile, ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., il solo ricorso per revocazione per errore di fatto, di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4).

Tale errore è configurabile nelle ipotesi in cui la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (o esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (o escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cass. S.U., n. 26022 del 2008; Cass. n. 22868 del 2012). Esso, inoltre, deve presentare i caratteri dell’evidenza ed obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini, e deve riguardare atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 4456 del 2015).

2.2. – Nella specie, all’evidenza il ricorso non prospetta l’esistenza di un errore revocatorio.

Il ricorrente, anche nella intestazione del ricorso, precisa che lo stesso è proposto ai sensi dell’art. 111 Cost., art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 360 c.p.c., commi 1 e 3, così ipotizzando che una pronuncia di questa Corte sia suscettibile di essere impugnata con un normale ricorso per cassazione, ancorchè in ipotesi, per motivi attinenti alla giurisdizione.

Una simile pretesa, peraltro, si rivela del tutto infondata, atteso che, come già rilevato, avverso le sentenze e le ordinanze, anche quelle adottate ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1, è ammesso il solo rimedio del ricorso per revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, (art. 391-bis cod. proc. civ.).

2.3. – Nè il ricorso può essere ritenuto ammissibile supponendo che, con la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato, il ricorrente abbia inteso proporre l’unico rimedio esperibile avverso le decisioni di questa Corte, atteso che nel ricorso non viene in alcun modo individuato l’errore percettivo nel quale sarebbe incorso il Collegio nel dichiarare l’inammissibilità di un ricorso proposto avverso sentenza depositata tra il 2 marzo 2006 e il 4 luglio 2009, perchè l’unico articolato motivo dello stesso non era assistito dalla formulazione di un quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

Il ricorrente, anche in questa sede, sostiene che la Corte dei conti avrebbe dovuto riconoscere la fondatezza della pretesa azionata per effetto di due decisioni della Corte costituzionale, dichiarative della illegittimità costituzionale di norme preclusive dell’affermazione di quel diritto. Ma, a prescindere dalla fondatezza o no della premessa dalla quale muove il ricorrente, è certo che il vizio denunciato, peraltro riferibile alle decisioni assunte nel merito dalla Corte dei conti e non anche alla ordinanza in questa sede impugnata, non integra in alcun modo un errore revocatorio.

3. – Il ricorso è pertanto inammissibile.

Il ricorrente va condannato, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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