Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22717 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 20/10/2020), n.22717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15716-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EUROPEA TURISMO COMMERCIO SERVIZI DI SVILUPPO IMMOBILIARE & C.

SAS SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1458/2015 della COMM.TRIB.REG. di GENOVA,

depositata il 17/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 1458, depositata il 17 dicembre 2015, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria accolse l’appello proposto dalla società Europea Turismo Commercio Servizi S.a.s. di Sviluppo Immobiliare S.r.l. & C. (di seguito, per brevità, la società o la contribuente) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Genova, che aveva invece respinto il ricorso della società avverso provvedimento di diniego all’istanza di adesione formulata dalla contribuente a processo verbale di constatazione seguito ad accertamenti svolti nei confronti della società medesima per gli anni dal 2005 al 2009, in relazione ai quali erano emersi elementi di rilevanza penale.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

La società intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui ha ritenuto il summenzionato provvedimento di diniego autonomamente impugnabile, non essendo compreso nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, summenzionato art. 19 nè potendo ricondursi all’ipotesi ivi prevista di diniego di agevolazione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente, in subordine, lamenta violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis quale applicabile ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha accolto la domanda della società, sebbene la stessa dovesse considerarsi inammissibile, perchè condizionata all’esclusione dall’adesione della prima annualità d’imposta (2005) oggetto di accertamento, rispetto alla quale la contribuente assumeva che l’Amministrazione fosse incorsa in decadenza.

3. Con il terzo motivo, sempre in subordine, laddove la Corte dovesse ritenere che la statuizione resa dal giudice di merito investa una quaestio facti, l’Amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativo al non avere la CTR rilevato che l’istanza di adesione formulata dalla società non concernesse l’integrale contenuto del processo verbale di constatazione.

4. Infine, con il quarto motivo, ugualmente in subordine, la ricorrente lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata, facendo riferimento anche alla norma da ultimo citata, ha escluso che potesse trovare applicazione, nella fattispecie in esame, il c.d. raddoppio dei termini, che solo avrebbe giustificato la tempestività dell’accertamento in relazione all’anno d’imposta 2005.

5. Il primo motivo è infondato e va rigettato.

Questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 10 febbraio 2017, n. 3586, par. 4, in motivazione) ebbe a confermare, in punto di ritenuta autonoma impugnabilità del diniego di adesione, l’orientamento analogo (cfr. Cass. sez. 5, 27 novembre 2006, n. 25086, Cass. SU 26 marzo 1999, n. 185), già espresso in relazione al procedimento di accertamento con adesione in precedenza disciplinato dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, rilevando come l’attuale procedimento regolato dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 non costituisca altro che un’estensione di quello disciplinato dalla precedente normativa.

Detto indirizzo va confermato, non essendo stati addotti argomenti idonei a sollecitarne la revisione.

6. Deve viceversa essere accolto il secondo motivo di ricorso.

6.1. La sentenza impugnata, nell’annullare il provvedimento di diniego emesso, ha violato, infatti, il disposto del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis quale applicabile ratione temporis, il cui tenore letterale non può lasciar spazio a dubbi di sorta.

La norma, infatti, al comma 2, prevedeva, per quanto qui rileva, che l’adesione (…) “può avere ad oggetto esclusivamente” (grassetto dell’estensore della presente decisione) “il contenuto integrale del verbale di constatazione”.

Non vi è dubbio, quindi che l’esclusione esplicita, da parte della società, dell’adesione all’accertamento riferito alla prima annualità accertata (2005) si ponesse come fatto ostativo allo stesso esame della domanda di adesione, che deve, per espressa disposizione di legge, come sopra ricordato, riguardare il contenuto integrale del verbale di constatazione.

6.2. D’altronde va in questa sede osservato che il subordinare l’adesione all’esclusione di quanto oggetto di contestazione in riferimento alla più remota annualità d’imposta esula dallo schema procedimentale dell’accertamento con adesione, non richiedente l’espletamento di previo contraddittorio (contemplato solo dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 ter quale introdotto dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, applicabile agli avvisi di accertamento emessi dal primo luglio 2020), in forza del quale verificare l’eventuale fondatezza delle ragioni in proposito addotte dalla contribuente.

6.3. Nè può al riguardo ritenersi sacrificato irragionevolmente il diritto della contribuente ad esporre le proprie difese, essendo la richiesta di adesione frutto di scelta opzionale, laddove, qualora la contribuente avesse inteso sottoporre all’Amministrazione, anteriormente alla notifica degli atti impositivi, la propria contestazione, per effetto dell’eccepita decadenza, sul presupposto dell’affermata, da parte della contribuente, applicabilità della disciplina del c.d. raddoppio dei termini, ben avrebbe potuto svolgere le proprie deduzioni nel termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

7. Resta assorbito, per effetto delle precedenti considerazioni, l’esame del terzo e quarto motivo, la questione dedotta con l’ultimo motivo di ricorso, in questa sede solo subordinatamente proposto dall’Amministrazione ricorrente, essendo oggetto di esame nel giudizio pendente tra le parti presso questa Corte al n. RG 8312/2015, relativamente agli avvisi di accertamento emessi a seguito della mancata definizione dell’accertamento con adesione.

8. Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente, stante la legittimità del diniego di adesione.

9. Possono essere compensate, avuto riguardo all’andamento del giudizio, le spese del doppio grado del giudizio di merito, ponendosi a carico dell’intimata, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo e dichiarati assorbiti il terzo ed il quarto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna l’intimata al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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