Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22704 del 28/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/09/2017, (ud. 28/04/2017, dep.28/09/2017),  n. 22704

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1493/2016 proposto da:

A.S., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO LOMBARDO LANZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositato il

09/06/2015, procedimento R.G.V.G. n. 261/2014, Rep. 544/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/04/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO

Con ricorso depositato il 3.6.2014 A.S. proponeva innanzi alla Corte d’appello di Messina opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, avverso il decreto del consigliere designato che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per equa riparazione, per la mancata produzione della documentazione a corredo, entro il termine semestrale di decadenza, relativa al processo civile presupposto, instaurato davanti al Tribunale di Catania nel 1993 e definito da questa Corte di cassazione nel 2013.

Resistendo il Ministero, la Corte territoriale rigettava l’opposizione con decreto depositato il 9.6.2015. Riteneva, in particolare, fondata la doglianza relativa al fatto che il giudice della fase monitoria avrebbe dovuto, in presenza di una documentazione insufficiente, invitare la parte ricorrente ad integrarla entro un dato termine, da fissare anche se ormai decorso quello semestrale di proposizione della domanda di equa riparazione. Tuttavia, osservava, anche in sede di opposizione il ricorrente non aveva prodotto la documentazione mancante, necessaria per ricostruire l’iter processuale presupposto e verificare l’addebitabilità del ritardo, ma ne aveva richiesto l’acquisizione d’ufficio. Nè era pertinente la giurisprudenza richiamata dal ricorrente per giustificare tale istanza. Infatti, la nuova formulazione della L. n. 89 del 2001, art. 3 e specificamente il richiamo all’art. 640 c.p.c., rendeva evidente che spettava alla parte ricorrente tale adempimento, cui quest’ultima avrebbe dovuto provvedere senz’altro in sede di opposizione.

Per la cassazione di tale decreto A.S. propone ricorso affidato a tre motivi.

Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

Attivato il procedimento camerale ex art. 380-bis c.p.c., comma 1, inserito, a decorrere dal 30 ottobre 2016, dal D.L.31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione delle L. n. 89 del 2001, in generale, e del suo art. 3, comma 3, in particolare, nonchè dell’art. 6 CEDU, art. 111 Cost. e art. 738 c.p.c., in relazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; il secondo motivo allega la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., la mancata pronuncia iuxta alligata et probata e il mancato esame di fatti decisivi e discussi; il terzo lamenta, ancora, la violazione o falsa applicazione dell’art. 640 c.p.c., comma 1, richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.

Tutti e tre i motivi deducono che la Corte territoriale avrebbe, da un lato, violato la giurisprudenza di questa Corte non provvedendo all’acquisizione d’ufficio dei documenti asseritamente necessari alla decisione, in base all’istanza espressamente formulata dal ricorrente già nel ricorso iniziale; e che ad ogni modo avrebbe dovuto indicare quali fossero i documenti mancanti rispetto a quelli prodotti (copia dell’atto di citazione del processo di primo grado e relativi verbali di causa, copia della sentenza di primo grado, copia dell’atto d’appello e della sentenza d’appello, copia del fascicolo di parte del giudizio di cassazione e relativa sentenza conclusiva di rigetto del ricorso), e accogliere la domanda ovvero fissare un termine perentorio per la produzione ritenuta mancante.

2. – I tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta correlazione, sono infondati.

Occorre precisare che è manifestamente privo di fondamento il richiamo al testo originario della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5 e alla relativa giurisprudenza di questa Corte, l’uno e l’altra non più applicabili alla fattispecie, la quale ricade sotto il governo delle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012. E dunque non ha senso la commistione che parte ricorrente opera anche nel riepilogo a pag. 2 della memoria, tra vecchia e nuova disciplina, l’una essendo incompatibile con l’altra.

Ciò premesso, il decreto impugnato risulta aver operato un’esatta applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3 e art. 5-ter, mediante il richiamo a Cass. n. 18539/14, cui va aggiunta, ora, Cass. n. 22763/15 (non massimata), secondo cui, respinta la domanda con decreto della L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 6, per la sua insufficiente documentazione, il ricorrente può produrre gli atti e i documenti mancanti nella successiva fase d’opposizione, che per la sua natura pienamente devolutiva non subordina l’esercizio di tale facoltà ad alcuna previa concessione, ora per allora, di quel medesimo termine non concesso ai sensi dell’art. 640 c.p.c., comma 1 (così, in motivazione).

Tale ultimo precedente ha, altresì, chiarito che la ricerca officiosa della prova, già prevista dall’originario della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, è inconciliabile con l’attuale struttura monitoria del procedimento, nel quale la domanda più che essere “decisa” è integrata dal giudice ai fini della successiva provocatio ad opponendum. Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno posto a carico della parte ricorrente l’onere di documentare in maniera compiuta la domanda, anche soltanto nella sede del giudizio d’opposizione.

La domanda, infine, avrebbe dovuto essere corredata dagli altri documenti richiesti dal medesimo comma 3, dell’art. 3 cit., mancando quanto meno i verbali del processo d’appello, di cui non v’è cenno nell’elencazione contenuta a pag. 10 del ricorso.

3. – Ne consegue che il ricorso è infondato e va respinto.

4. – Nulla per le spese, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

5. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2017

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