Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2270 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16567-2006 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PIRENEI

1, presso lo studio dell’avvocato GENTILE ALFONSO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SPRIO ANNA, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 13/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il resistente l’Avvocato DE STEFANO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE UMBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di

ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. T.R. propone ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di liquidazione Invim, la C.T.R. Lombardia, in riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente, rilevava che quest’ultimo aveva chiesto di avvalersi del sistema automatico di valutazione ai sensi del D.L. n. 70 del 1988, art. 12, con la conseguenza che l’Ufficio non doveva fare altro che emettere avviso di liquidazione contenente i dati di classamento e di rendita per consentirgli, eventualmente, di impugnare la rendita, se ritenuta non conforme ai parametri legali, ma che nella specie il ricorso era stato rivolto solo avverso l’avviso di liquidazione e non introduceva doglianze nei confronti dell’UTE, che non risultava chiamato in causa.

2. Col primo motivo, deducendo violazione e omessa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 e art. 102 c.p.c. e art. 2909 c.c., il ricorrente, premesso che l’atto tassato ai fini Invim consisteva nel trasferimento di un quota di immobile da parte di due comproprietari (l’attuale ricorrente e T.O.), che i medesimi avevano impugnato l’avviso con diversi ricorsi distintamente trattati, che, infine, la sentenza d’appello emessa nel procedimento instaurato da T.O., favorevole al contribuente, era passata in cosa giudicata, rilevava che nella specie doveva ritenersi la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra i proprietari cedenti, e in ogni caso che, una volta trattate distintamente le cause, il giudicato favorevole formatosi in relazione ad uno dei cedenti doveva estendersi anche all’altro.

La censura è infondata nei termini di cui in prosieguo.

E’ innanzitutto da evidenziare che dottrina e giurisprudenza hanno sempre escluso che diano luogo ad una situazione sostanziale unica plurisoggettiva ed inscindibile le cd. obbligazioni solidali paritarie che nascono ogni volta che un certo presupposto di imposta sia stato realizzato congiuntamente da più soggetti, ad es. più acquirenti ai fini dell’imposta di registro, o, come nella specie, più alienanti ai fini dell’Invim, in quanto esse danno luogo ad un litisconsorzio meramente facoltativo perchè generano un “fascio di obbligazioni distinte” collegate dall’identità del titolo e del contenuto ma non da una necessaria uniformità in ordine allo svolgimento delle vicende processuali La presenza di un insieme di vincoli di pari rango da luogo a tanti rapporti quanti sono i coobbligati solidali non ad un unico rapporto plurisoggettivo, le cui vicende non impongono di essere discusse alla presenza di tutti i contitolari (Cass. 7053 del 1991).

E’ vero che troverebbe nella specie applicazione il principio del giudicato riflesso, ovvero il principio per cui. un coobbligato può avvalersi, ex art. 1360 c.c., del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da altro coobbligato anche se non vi ha partecipato, tuttavia tale giudicato non emerge dagli atti, risultando soltanto la produzione della sentenza d’appello relativa ad T.O. senza alcuna attestazione relativa al passaggio in giudicato.

In proposito, giova rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, affinchè il giudicato esterno, per quanto rilevabile d’ufficio, possa far stato nel processo, in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione della sentenza posta a fondamento dell’eccezione medesima, completa della motivazione, e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. (v. Cass. n. 27884 del 2008 e n. 10623 del 2009).

Col secondo motivo, deducendo violazione ed omessa applicazione degli artt. 101, 102 e 354 c.p.c., il contribuente, premesso che già la commissione provinciale e l’appello dell’Ufficio avevano riconosciuto che fin dal ricorso introduttivo egli aveva eccepito che il maggior valore accertato sarebbe derivato da una errata classificazione catastale operata dall’UTE, rileva che i giudici d’appello, dato atto della sussistenza di tale motivo di doglianza, avrebbero dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’UTE. Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa interpretazione degli artt. 102 e 112 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, il ricorrente rileva che, ove invece si ritenesse che nell’ipotesi sussista solo un litisconsorzio facoltativo con l’UTE, allora avrebbero errato i giudici d’appello nel ritenere intangibile, benchè contestata dal contribuente, la valutazione dell’UTE per il fatto che il suddetto Ufficio non era stato chiamato in causa.

I due motivi sopra esposti, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

Prescindendo infatti da ogni altra possibile considerazione, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), “la facoltà, riconosciuta al contribuente dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, d’impugnare l’atto di attribuzione della rendita catastale, precedentemente non notificato, unitamente all’avviso di liquidazione della maggiore imposta che in funzione di esso veda definita la sua base imponibile, è condizionata alla proposizione dell’impugnativa non solo nei confronti dell’Ufficio che ha emanato l’avviso di liquidazione, rispetto al quale l’atto di classamento si configura come atto presupposto, ma anche nei confronti dell’UTE o dell’Agenzia del territorio, che tale atto hanno emesso. Il carattere impugnatorio del processo tributario, avente un oggetto circoscritto agli atti che scandiscono le varie fasi del rapporto d’imposta, e nel quale il potere di disapplicazione del giudice è limitato ai regolamenti ed agli atti amministrativi generali, implica infatti che legittimati a contraddire in merito all’impugnativa dell’atto presupposto siano unicamente gli organi che l’hanno adottato. Questi ultimi, peraltro, non assumono la posizione di litisconsorti necessari nel giudizio d’impugnazione dell’avviso di liquidazione, la cui autonomia rispetto all’impugnazione dell’atto di classamento comporta che alla carente instaurazione del contraddittorio non può rimediarsi attraverso l’ordine di integrazione ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ.: tra le due cause, infatti, sussiste soltanto un vincolo di pregiudizialità logica, che potrebbe dar luogo al “simultaneus processus” solo in via di riunione successiva ovvero di iniziale litisconsorzio facoltativo (v. Cass. n. 7386 del 2006 e n. 6386 del 2006).

Alla luce di quanto sopra esposto, deve ritenersi l’assorbimento del quarto motivo, col quale, deducendo violazione e falsa applicazione del D.L. n. 70 del 1988, art. 12 conv. in L. n. 154 del 1988 nonchè vizio di motivazione, il ricorrente si duole che i giudici d’appello non abbiano considerato che nella specie la valutazione catastale sulla base della quale era stato emessa la liquidazione opposta derivava dalla revisione generale degli estimi catastali ex D.M. 20 gennaio 1990.

3. Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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