Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 227 del 09/01/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 227 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Taccini Giacomo, elettivamente domiciliato in Roma
Via G.Puccini 10, presso lo studio dell’Avvocato
Giancarlo Ferri, e rappresentato e difeso
dall’Avv.to Gaetano Mirmina, in forza di procura
speciale in calce al ricorso
– ricorrente
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in
persona del Ministro p.t.,
– intimati –
avverso
la
sentenza
n.
188/07/2007
della
Commissione Tributaria regionale della Sicilia,
Sezione Staccata di Siracusa,
depositata il
25/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/11/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott.
Vincenzo Gambardella,
che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto
di ragione.
Data pubblicazione: 09/01/2014
Ritenuto in fatto
Taccini Giacomo propone ricorso per cassazione,
affidato
a
cinque
dell’Agenzia
delle
nei
motivi,
Entrate
e
del
dell’Economia e delle Finanze
confronti
Ministero
(i quali non
resistono con controricorso), avverso la sentenza
n. 188/07/2007 del 7/12/2006, depositata in data
25/01/2007, della Commissione Tributaria Regionale
quale
in
una
controversia
concernente
l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa
per IRAP, non versata, dovuta (su provvigioni
passive corrisposte a collaboratori occasionali),
ai sensi dell’art.11, comma I, lett.c/2, d.lgs.
446/1997, per l’anno 1998,
oltre sanzioni ed
interessi, a seguito di controllo c.d. formale
della dichiarazione dei redditi, ex art.36 bis DPR
600/1973
(in
quanto
il
contribuente,
nella
dichiarazione dei redditi di quell’anno, non aveva
portato in detrazione, dalla base imponibile
calcolata ai fini IRAP, tali costi “per prestazioni
di lavoro occasionale”,
ma, successivamente, a
seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 137/1998,
norma ritenuta di natura interpretativa, lo stesso
non aveva versato la relativa imposta, limitandosi
a corrispondere quella dovuta sull’esatto ammontare
dell’imponibile,
determinato
compensi, ritenuti
in toto deducibili) – è stata
riformata
la
decisione
n.
detraendo
187/04/2003
tali
della
Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa.
La
C.T.P.
aveva
accolto
il
ricorso
del
contribuente, ritenendo decaduta l’Amministrazione
dalla potestà impositiva, avuto riguardo ai termini
prescritti dagli artt.36 bis DPR 600/1973 e 25 DPR
602/1973.
della Sicilia, Sezione Staccata di Siracusa, con la
I giudici d’appello hanno anzitutto respinto
l’appello incidentale del Taccini, accertata la
rituale notificazione dell’atto di appello, presso
il domicilio eletto del difensore, ai sensi del 1 0
comma dell’art.17 DPR 546/1992, mentre, sul gravame
principale dell’Agenzia delle Entrate, hanno
sostenuto, in particolare, che i giudici di primo
grado sono incorsi nel vizio di ultrapetizione,
sollevata dal contribuente, il quale si era
limitato a richiedere l’annullamento della cartella
esattoriale, ai sensi dell’art.11 d.lgs. 446/1997
(eccezione di decadenza, peraltro, infondata, ad
avviso dei giudici di secondo grado, essendo stati
il ruolo e la cartella
“emessi e notificati nei
termini previsti dall’art.1 comma 5 bis
1.156/2005”).
Decidendo anche nel merito, sulla fondatezza della
pretesa impositiva – questione rimasta assorbita in
primo grado – la C.T.R. ha rilevato la correttezza
della originaria dichiarazione dei redditi,
presentata dal Taccini e sottoposta al controllo
c.d. formale da parte dell’Ufficio e la legittimità
della cartella, emessa a seguito del mancato
versamento delle somme dovute sulla base di quanto
dichiarato, stante l’indeducibilità ai fini IRAP
dei compensi corrisposti ai collaboratori
occasionali, ai sensi dell’art.11 d.lgs. 446/1997.
Nella sentenza qui impugnata, viene specificato che
detti compensi sono da inquadrare, anziché nella
lettera i), proprio nella lettera l) del comma 1
dell’art.81 del TUIR, come indicato nell’art.11
del d.lgs. 446/1997, vigente (con la prescrizione
dell’indeducibilità ai fini dell’imponibile IRAP
dei relativi costi), trattandosi di prestazioni
3
decidendo su di un’eccezione (decadenza) non
“fornite da soggetti che potrebbero anche svolgere
altra attività di lavoro indipendente ed assimilato
e vengono inquadrati tra i soggetti autonomi, che
presentando la dichiarazione indicano i redditi nel
quadro “L” e non sono soggetti all’imposta IRAP” .
Vi è in atti diniego, in data 19/7/2012, da parte
dell’Ufficio di Siracusa dell’Agenzia delle
Entrate, del condono richiesto dal Taccini, ai
“trattasi di cartella emessa per omessi
versamenti”.
Considerato in diritto
Il contribuente avanza, in ricorso, quattro motivi
per violazione e/o falsa applicazione di norme di
diritto, ai sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c., in
relazione: 1) all’art.17 d.lgs. 546/1992, avendo i
giudici tributari respinto l’appello incidentale,
non correttamente valutando che il domicilio eletto
presso il difensore in Siracusa era mutato dal
2004, senza necessità di comunicazione da parte del
domiciliatario della variazione di indirizzo, e che
inoltre la notifica dell’atto di appello era stata
invece rivolta direttamente al difensore e non alla
parte presso tale procuratore; 2) agli artt.11,
comma l, lett c/2, d.lgs. 446/1997 e 2033 c.c.,
avendo i giudici ritenuto legittima l’applicazione
dell’IRAP sui compensi erogati ai procacciatori
d’affari per prestazioni occasionali; 3) all’art.17
DPR 602/1973 e 25 DPR 600/1973, nella parte in cui
i giudici della CTR hanno ritenuto legittima la
pretesa impositiva esercitata oltre i termini di
decadenza, essendo avvenuta
“la formazione del
ruolo nell’anno 2003, come si evince dal numero di
rispetto ad una
cartella esattoriale”,
dichiarazione dei redditi presentata nel 1999; 4)
(
4
sensi dell’art.39 comma 12 DL 98/2011, perché
in relazione agli artt.81
lett.i)
del DPR
917/1986-TUIR e 8 d.lgs. 546/1992, avendo i giudici
tributari escluso la sussistenza di un’incertezza
normativa, al fine della esenzione dalle sanzioni,
pur in presenza di dubbi sulla corretta
interpretazione della indeducibilità, prevista
dall’art.11 d.lgs. 446/1997, con riguardo ai costi
sostenuti per redditi corrisposti ai procacciatori
TUIR, quali
“redditi derivanti da attività
commerciali non esercitate abitualmente”).
Il Taccini lamenta inoltre un vizio di omessa,
insufficiente, contraddittoria motivazione su fatto
decisivo e controverso, ai sensi dell’art.360 n. 5
c.p.c., in relazione ai motivi nn. 1, 3 e 4.
Il primo motivo, con il quale il ricorrente censura
la statuizione dei giudici di rigetto
dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, pur
avendo l’Agenzia delle Entrate effettuato la
notifica presso un domicilio del difensore, diverso
da quello risultante dalla stessa sentenza,
essendovi stata variazione dello stesso “nell’anno
2004”,è infondato.
Come già chiarito da questa Corte (Cass.2907/2013,
conforme a Cass.12666/2000),
“in tema di
notificazione dell’atto di appello avverso la
decisione della commissione tributaria provinciale
effettuata al difensore al domicilio inizialmente
indicato per il giudizio, mediante consegna a
persona dichiaratasi abilitata a riceverlo quale
collaboratore, a nulla rileva che il difensore
destinatario abbia nel frattempo comunicato la
variazione dello studio, attestando la relata di
notifica la conservazione di una relazione, tale da
autorizzare la presunzione che il difensore
5
di affari, rientranti nella lett. i) dell’art.81
medesimo sia
stato informato del
dell’atto notificato;
il
contenuto
rilevato vizio non
attiene, invero, ad un profilo di insussistenza,
bensì solo di nullità della notificazione che, ai
sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992,
permette di stabilire l’inammissibilità
dell’impugnazione tardivamente proposta solo se
l’impugnante prova che detta nullità gli ha
Peraltro, nella specie, l’appellato risulta essersi
costituito in appello, cosicché l’ipotizzata
nullità della notifica dell’atto di appello era
stata comunque sanata per raggiungimento dello
scopo ai sensi dell’art.156 c.p.c. (Cass.
10464/2011: “La notificazione dell’atto di appello
consegnato ad un avvocato qualificatosi collega di
studio del difensore ed avvenuta presso il
domicilio professionale esistente al momento della
costituzione in giudizio, anzichè in quello variato
in corso di causa e risultante dall’albo
professionale, non deve ritenersi inesistente ma
nulla, in quanto l’atto, pur se viziato, perché
eseguito fuori dalle prescrizioni contenute nel
primo e terzo comma dell’art. 330 cod. proc. civ.,
non può ritenersi effettuato in luogo non avente
alcun riferimento con il destinatario della
notifica. Pertanto, ove la parte sia rimasta
contumace in appello, deve essere disposta la
rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art.
291 cod. proc. civ.”).
Quanto poi al profilo relativo al destinatario
dell’atto, il procuratore domiciliatario in luogo
della parte, questa Corte ha da tempo affermato il
principio della equivalenza tra notificazione
effettuata
“al procuratore costituito”
,2
6
/
7
e
impedito la materiale conoscenza dell’atto”.
notificazione eseguita
procuratore stesso”,
“alla parte presso il
soddisfacendo l’una e l’altra
forma all’esigenza che l’impugnazione sia portata a
conoscenza della parte per il tramite del suo
rappresentante processuale (in relazione
all’art.330 c.p.c.: Cass.17299/2005; Cass.
8147/2001; Cass. 5440/2000; Cass. 6720/1996; con
riguardo proprio al processo tributario ed
Unite, nella sentenza n. 5785/1994, sarebbe invece
ravvisabile una nullità, in ogni caso sanabile con
la costituzione dell’altra parte).
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, nel
merito della pretesa impositiva, la violazione
dell’art.11 comma l lett.C/2 del d.lgs. 446/1997 e
dell’art.2033 c.c..
Il motivo è inammissibile.
Invero, avuto riguardo al quesito di diritto
formulato
(“Incorre in vizio di violazione e falsa
applicazione di norma di diritto, il Giudice di
merito che ritiene legittima l’applicazione
dell’IRAP sul compensi erogati al procacciatori
d’affari per prestazioni occasionali, violando il
disposto dell’art.11 comma 1 lett. C/2 del d.lgs.
446/1997 del d.lgs. 546/1992”; “Viola l’art.2033
del codice civile il Giudice che, ritenendo
legittima l’IRAP sui compensi per prestazioni
occasionali erogate ai procacciatori d’affari,
procura un ingiusto arricchimento per
l’Amministrazione Finanziaria”),
lo stesso non
risponde al disposto di cui all’art.366 bis c.p.c.
(norma questa pienamente operante, trattandosi di
sentenza impugnata pubblicata nel gennaio 2007),
risultando, per una parte, non esaustivo (essendo
in contestazione, in giudizio, la deduzione, ai
all’art.17, Cass. 13812/2007; secondo le Sezioni
fini della determinazione della base imponibile
IRAP,
dei costi sostenuti dal contribuente per
compensi a terzi a fronte di prestazioni
occasionali e, specificamente, per prestazioni di
lavoro autonomo non esercitate abitualmente, non
l’assoggettamento ad IRAP di detti compensi),
rispetto alle affermazioni contenute nella sentenza
della C.T.P., e, per altra parte, inconferente
parte dell’Amministrazione Finanziaria).
Il ricorso poi non è, sul punto, autosufficiente,
non essendo stato chiaramente descritto in che cosa
sono consistiti i compensi corrisposti a terzi dal
contribuente, della cui deduzione o meno dal
calcolo della base imponibile a fini IRAP si
discute: in sentenza, si parla di
occasionali”
o di
occasionali”,
in
“provvigioni
“costi per prestazioni
ricorso,
genericamente,
di
“provvigioni passive a collaboratori occasionali”
di
“provvigioni
d’affari”,
e
riconosciute a procacciatori
senza specificazione ulteriore
(pur
utile, stante la necessità, atteso il testo,
vigente ratione temporis,
della norma, art.11 comma
l lett.C/2 del d.lgs. 446/1997, come interpretata
dal d.lgs. 137/1998, di distinguere tra la lettera
“l” dell’art.81 comma l ° del TUIR e la lettera i)
della stessa disposizione).
Il terzo motivo, inerente violazione degli artt. 17
DPR 602/1973 e 25 DPR 600/1973, è del pari
inammissibile.
Invero, quanto all’eccepita tardiva iscrizione a
ruolo, rispetto al termine prescritto dal D.P.R. n.
602 del 1973, art. 17 (entro il 31 dicembre del
secondo anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione, nella specie dunque il 31
8
(laddove fa richiamo all’ingiusto arricchimento da
dicembre 2001, vertendosi in tema di dichiarazione
presentata nel 1999, in relazione ai redditi
dell’anno 1998), deve osservarsi che il motivo non
coglie la ratio decidendi,
autonoma, della sentenza
impugnata.
I giudici tributari, pur avendo, anche accertato la
tempestività della formazione del ruolo e della
notifica della cartella, ai sensi dell’art. l comma
pregiudizialmente, accolto l’unico motivo di
appello dell’Agenzia delle Entrate, relativo al
vizio di ultrapetizione, in cui erano incorsi i
giudici di primo grado pronunciando la decadenza
dell’Ufficio dalla potestà impositiva, malgrado il
contribuente si fosse limitato alla
“generica
richiesta di annullamento della cartella di
pagamento, chiaramente riferita alla violazione
dell’art.11/446″.
Tale
statuizione
non
viene
contestata
dal
ricorrente.
Con il quarto motivo, il Taccini invoca poi la
violazione
dell’art.81
lett.
richiamato dall’art.11,
i)
del
TUIR,
e dell’art.8 del DPR
546/1992, in punto di esenzione dalle sanzioni, in
ipotesi di incertezza interpretativa della norma.
I giudici tributari hanno motivato il rigetto
dell’eccezione, sollevata dal contribuente sin dal
primo grado, ritenendo non sussistenti, nel
concreto, ragioni
della norma”,
“di incertezza interpretativa
alla luce del contenuto dell’art.11
d.lgs. 446/1997, comma l lett. c), come modificato
dal d.lgs. 137/1998.
Con detta motivazione essi si sono conformati a
quanto da questa Corte affermato in ordine al
concetto di oggettiva incertezza normativa,
/
9
–
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5 bis 1. 156/2005, hanno, in rito,
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N. 131
~TRIB
2,41-C4A
richiamato dall’art.8 della disciplina del processo
tributario (Cfr., da ultimo, Cass. 3245 e
4522/2013:
“In tema di sanzioni amministrative per
violazioni
norme tributarie, l’incertezza
di
normativa oggettiva che, al sensi dell’art. 8 del
d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, costituisce causa
di esenzione de/ contribuente dalla responsabilità
amministrativa tributaria, richiede una condizione
inevitabile incertezza sul contenuto,
sull’oggetto
e
sui
destinatari
della
norma
tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità
del risultato conseguito attraverso il procedimento
d’interpretazione normativa, riferibile non già ad
un generico contribuente, o a quei contribuenti che
per la loro perizia professionale siano capaci di
interpretazione normativa qualificata (studiosi,
professionisti legali,
operatori giuridici
di
elevato livello professionale), e tanto meno
all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico
soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il
potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una
determinata interpretazione”; Cass.18434/2012).
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese,
non avendo gli intimati
resistito con controricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 13/11/2013.
di