Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22699 del 28/09/2017
Cassazione civile, sez. II, 28/09/2017, (ud. 10/02/2017, dep.28/09/2017), n. 22699
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3023-2013 proposto da:
U.L.M., (OMISSIS), S.G. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36/B,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FRANCESCO CERTOMA’, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO USSEGLIO
LAVIRETTA;
– ricorrenti –
contro
C.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PASQUALE STANISLAO MANCINI 2, presso lo studio dell’avvocato PIETRO
CICERCHIA, rappresentata e difesa dagli avvocati FORTUNATO
TAGLIORETTI, ANTONIO GIACOMO M. BOLONDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2476/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 05/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito l’Avvocato PIETRO CICERCHIA, con delega dell’Avvocato FORTUNATO
TAGLIORETTI difensore della ricorrente, che si è riportato agli
atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
I coniugi S.G. – U.M. convenivano in giudizio, nel 2003, C.D. innanzi al Tribunale di Milano.
Gli attori avevano acquistato dalla convenuta un appartamento con due box e cantina alla (OMISSIS) e chiedevano la condanna della C. al pagamento – a titolo di risarcimento- della somma di Euro 7.143,65, occorsa per riparazioni necessarie per la perdita sul circuito di distribuzione dell’acqua calda, in dipendenza del fatto che la venditrice aveva dolosamente occultato il vizio.
La convenuta contestava l’avversa domanda e ne chiedeva il rigetto.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 5854/2007 accoglieva la domanda degli attori.
Appellata, tale decisione, dalla C., la Corte di Appello di Milano – con sentenza n. 2476/2012 – in riforma della prima rigettava la domanda in origine proposta dai S.- U., condannandoli alla refusione delle spese del doppio grado del giudizio.
Questi ultimi, con atto fondato su due motivi, ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte territoriale.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Nell’approssimarsi dell’udienza ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la C..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1490 c.c. – art. 1491 c.c. e ss.”.
Parti ricorrenti pongono, in sostanza, la questione della riconoscibilità o meno dei vizi.
Tale aspetto risulta essere stato trattato, con valenza decisiva, dalla gravata decisione.
Con quest’ultima la Corte territoriale ha posto a fondamento del proprio decisum la ritenuta infondatezza della pretesa risarcitoria degli acquirenti per vizio occulto o celato.
La decisione della Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto e congruamente motivato la sussistenza, nell’ipotesi, della riconoscibilità del vizio e la conoscibilità dello stesso già al momento ed, addirittura, anche prima della consegna dell’immobile.
Più specificamente, ancora, l’impugnata sentenza ha correttamente dato e preso atto della risalente esistenza (di vari anni) del lamentato vizio e della perfetta conoscibilità dello stesso da parte degli acquirenti (che ebbero, quali condomini dello stesso stabile, finanche concorso a deliberare il conferimento di un incarico tecnico per l’accertamento, per l’appunto, delle perdite d’acqua a piano terra.
Nè, alla luce di tale circostanza, la Corte ha correttamente ritenuto sussistente un atteggiamento della venditrice consistito nella chiusura delle saracinesche e capace di evitare lo “scatenarsi del problema” e, quindi, l’evidenziazione delle già note condizioni dell’impianto.
Peraltro la gravata sentenza ha fatto buon governo dei principi applicabili ed, in particolare, di quello per cui la riconoscibilità del vizio e la conoscibilità dello stesso esclude il sorgere di una garanzia (Cass. n. 3644/2007), senza che parti ricorrenti abbiano addotto altro contrario principio o valide ragioni idonee a superare lo stesso.
In conclusione il motivo, in quanto infondato, va respinto.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di carenza motivazionale dell’impugnata sentenza.
Quest’ultima risulta, viceversa, del tutto immune – quanto alla sua parte motiva – da vizi logici riscontrabili e censurabili in questa sede.
Tanto alla stregua dello stesso ordine di ragioni già esposte innanzi sub 1.
Il motivo qui in esame deve, pertanto, ritenersi assorbito per effetto del rigetto del precedentè motivo.
3.- Alla stregua di quanto esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.
4.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.
PQM
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, 10 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2017