Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22698 del 19/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 19/10/2020), n.22698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 27775/2012 RG proposto da:

Vesta s.r.l., in persona del legale rapp.te pro tempre, elett.te

dom.to in Roma, al viale Parioli n. 43, presso lo studio dell’avv.

D’Ayala Valva Francesco, dal quale è rapp.ta e difesa, unitamente

all’avv. Moschetti Francesco, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Equitalia Nord S.p.A., Equitalia Polis, in persona del legale rapp.te

pro tempore, domiciliata in Roma, via Favarelli n. 22, presso lo

studio dell’avv. Arturo Maresca, rapp.to e difeso dall’avv. Paolo

Alvigni e Arturo Maresca, giusta procura in atti;

– controricorrente –

Avverso la decisione n. 135/22/2011 della Commissione tributaria

regionale del Veneto, depositata il 20/10/2011 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre

2019 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La controversia promossa da Vesta s.r.l. contro Equitalia Nord s.p.a. e contro l’Agenzia delle entrate è stata definita con la decisione in epigrafe che, in seguito ad annullamento con rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 16098 del 2010 e alla conseguente riassunzione, ha accolto gli appelli proposti dall’Agenzia delle entrate e dal concessionario Equitalia Polis s.p.a. (poi Equitalia Nord s.p.a.) contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Padova n. 54/01/05 che aveva accolto il ricorso della società contribuente avverso la cartella di pagamento Irpeg ed Ilor, relativa all’anno 1996, in quanto priva della sottoscrizione e dell’indicazione del responsabile del procedimento. Il ricorso proposto da Vesta s.r.l. si articola in quattro motivi.

Resistono con controricorso l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Nord s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per errata interpretazione dei motivi di doglianza relativi alla cartella di pagamento e, comunque, l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Commissione tributaria regionale escluso l’invocato motivo di nullità dell’intervenuta decadenza per tardività del potere di notifica.

Il motivo è infondato.

Nell’articolata doglianza, la contribuente, in buona sostanza, si duole del fatto che l’eccezione di decadenza dell’agente di riscossione dal potere di notifica della cartella di pagamento, per inosservanza del termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, proposta in primo grado, non era stata presa in considerazione dai giudici di secondo grado che, così, avrebbero violato le norme sull’interpretazione previste dal codice civile nonchè avrebbero omesso di motivare su di una questione decisiva per la controversia.

Il giudice di appello con la sentenza impugnata, dopo aver delimitato l’ambito del giudizio di rinvio, chiarendo che “il giudice di rinvio non può oltrepassare i limiti della devoluzione”, sicchè non possono essere proposti i motivi non dedotti nel giudizio di primo grado e ciò “a prescindere dal contenuto della pronuncia annullata che incidentalmente (ed erroneamente) assume per deciso un motivo non proposto nel giudizio di prime cure, vale a dire quello relativa all’eccepita decadenza per tardività del potere di notifica della cartella di pagamento”, ha ritenuto che l’originario ricorso introduttivo del contribuente non contenesse l’eccezione di decadenza dalla facoltà di notificazione della cartella, proposta inammissibilmente soltanto con memoria successiva e che, quindi, poichè la relativa questione non faceva parte dei motivi di ricorso non poteva essere delibata dal giudice di primo grado; ha concluso, dunque, affermando che “il giudizio di primo grado si era concluso con l’accoglimento del solo (secondo) motivo di ricorso, che è stato a sua volta… motivo unico ed esclusivo della decisione di appello annullata con rinvio”; di qui,il giudice del rinvio ha escluso l’ammissibilità del primo motivo di appello in riassunzione attinente alla tardività della notifica della cartella.

Il ragionamento seguito nella sentenza qui impugnata, appare immune da censure considerato che il motivo di ricorso attinente alla tardività della notifica non risulta proposto in prime cure.

Ed invero, dalla consultazione del fascicolo di parte (trattandosi di questione afferente alla violazione di norma processuale, va attivato il potere-dovere del giudice di legittimità di esame degli atti)) non risulta affatto formulata la relativa eccezione rinvenendosi soltanto un accenno nelle premesse del ricorso (“la notifica è avvenuta ben 31 mesi dopo la consegna del ruolo al concessionario della riscossione…”), senza che a tale accenno segua alcuna deduzione di illegittimità della cartella o comunque la formulazione di conclusioni in tema: le conclusioni della società contribuente come pure riportate nei controricorsi di Equitalia Nord s.p.a. (v. pagg. 12-14 del controricorso) e dell’Agenzia delle entrate smentiscono totalmente l’assunto di parte ricorrente circa la proposizione di tale eccezione.

D’altro canto, la ricorrente omette di trascrivere il capo del ricorso di primo grado e le conclusioni formulate con lo stesso in relazione a tale eccezione di tardività, profilandosi per questa via anche l’inammissibilità del motivo per violazione del principio di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c..

La sentenza impugnata è corretta anche nella parte in cui evidenzia i confini del giudizio di rinvio, la cui natura di giudizio a struttura chiusa, comporta la preclusione della proposizione di nuove domande o eccezioni (o di nuove prove), ovvero di motivi non dedotti nel giudizio di primo grado, salvo che la necessità di nuove conclusioni sorga dalla stessa sentenza di cassazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 900 del 17/01/2014 (Rv. 62924901; Sez. 3, Sentenza n. 20064 del 02/09/2013, Rv. 627653-01; Sez. 3, Sentenza n. 6481 del 17/03/2010, Rv. 612221-01).

L’inammissibilità del primo motivo è evidente, altresì, anche in relazione all’altro parametro di censura evocato di omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, non solo perchè nella sentenza impugnata vi è motivazione sul punto (ritenendosi che la questione non era stata proposta come motivo di ricorso, v. sentenza pag. 4 secondo cpv.), ma soprattutto perchè la censura non riguarda valutazioni di fatti, ma questioni di natura squisitamente giuridica (tardività della notifica della cartella), travalicando, così, il disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 5, che, riguarda l’omesso accertamento dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (norma applicabile alla controversia in esame nella vecchia formulazione).

Con il secondo motivo di ricorso, la società assume la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la Commissione regionale pronunciato su un motivo di appello non riproposto in fase di rinvio; il passo della sentenza al quale la ricorrente intende riferirsi è quello in cui la CTR afferma: “…la sentenza di prime cure afferma incidentalmente in ordine alla intervenuta decadenza del termine di notifica della cartella. Deve quindi concludersi sul punto che il giudizio di prime cure si è concluso con l’accoglimento del solo (secondo) motivo di ricorso che è stato a sua volta, come già chiarito, il motivo unico ed esclusivo della decisione di appello annullata con rinvio”. In buona sostanza, secondo la società ricorrente, la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto l’eccezione di decadenza come non proposta avendo essa stessa affermato che i giudici di primo grado si erano pronunciati anche sulla domanda relativa alla decadenza per tardività del potere di notifica.

Fermo restando che, come sopra detto, nel giudizio di rinvio, il giudice reinvestito della controversia, è tenuto ad esaminare tutto quanto oggetto del rinvio, nella specie, poichè la società contribuente ha riproposto in sede di rinvio la questione del mancato esame dell’eccezione di decadenza (a suo dire già proposta in prime cure), correttamente il giudice del rinvio si è pronunciato su tale questione, escludendo che tale questione era stato oggetto di motivo di ricorso, e delimitando l’esame al solo secondo motivo di ricorso quale motivo unico ed esclusivo della decisione di appello annullata con rinvio, ritenendo, conseguentemente, l’irrilevanza dell’affermazione fatta incidentalmente dai primi giudici circa la decadenza del termine di notifica (v. sentenza pag. 4).

Con il terzo motivo, la società ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 ter e bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver i secondi giudici ritenuto che non è prevista alcuna fase obbligatoria di contraddittorio anticipato, e, comunque, assume l’omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere ritenuto l’assolvimento dell’onere di comunicazione dell’avviso bonario trascurando che l’avviso era stato solamente “stampato”.

La Commissione regionale sul punto ha ritenuto che:”Non c’è dubbio che la contribuente, che non contesta in parte qua l’iscrizione a ruolo, conoscesse i motivi del controllo formale della dichiarazione e il relativo esito, dal momento che nel ricorso si duole non tanto del fatto che il controllo formale non potesse avvenire, ma della mancata attivazione dello stesso.”.

Anche tale doglianza è infondata.

L’assunto della commissione regionale non è erroneo anche alla luce dei principi enunciati da questa Corte secondo cui in materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462 del 1997. (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016, Rv. 640341 – 01). Nella specie, dunque, non solo, come rilevato dai secondi giudici, parte ricorrente era a conoscenza dei motivi del controllo non avendo contestato i motivi dell’iscrizione a ruolo, ma non v’era necessità della comunicazione d’irregolarità trattandosi di omessi o tardivi versamenti di imposte dichiarate, accertati con la procedura di controllo automatizzato. Con il quarto motivo, deduce l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (difetto di motivazione della cartella) là dove la pronuncia afferma l’infondatezza dei motivi di ricorso assorbiti o non esaminati in primo grado senza indicare le ragioni su cui si fonda tale assunto. Posto che la sentenza di merito risulta sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficienti a giustificare la decisione adottata, sicchè ben ha potuto ritenere irrilevante l’esame degli altri motivi di ricorso, risultando assorbiti dalle ulteriori motivazioni, il motivo di ricorso risulta inammissibile, proprio perchè non indica quali sarebbero i fatti, proposti nei motivi di ricorso dichiarati assorbiti, in relazione ai quali, se esaminati, vi sarebbe stata soluzione decisiva della controversia, in favore della società ricorrente.

In più, l’inammissibilità si profila anche considerando che il motivo è stato formulato con riguardo al vizio di motivazione, pur riguardando, in realtà, una questione meramente processuale.

Il ricorso va dunque integralmente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza della società ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della Agenzia delle Entrate e di Equitalia Nord, liquidate nella misura di Euro 3.000,00 per ciascuna, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020

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