Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22696 del 02/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 02/11/2011), n.22696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7023-2007 proposto da:

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, presso lo

studio dell’avvocato MASSAFRA PAOLA, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA VITE 7,

presso lo studio dell’avvocato MASINI MARIA STEFANIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NESPOR STEFANO, giusta

delega in atti;

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 171/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/02/2006 R.G.N. 1267/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Milano ha respinto l’appello proposto dall’INPDAP avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale era stato dichiarato il diritto di B.L. – già dipendente dell’Ente Poste, in servizio presso l’INPDAP in posizione di comando e trasferito allo stesso Istituto con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri emesso ai sensi del D.L. n. 163 del 1995, conv. in L. n. 273 del 1995 (che ha previsto il trasferimento dei dipendenti pubblici eccedenti in altra amministrazione su richiesta di quest’ultima) – all’inquadramento nella posizione B2 dell’area B dal 1.1.2001, anzichè nella posizione Bl della stessa area. A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta osservando che il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, emesso in attuazione della L. n. 273 del 1995, aveva previsto che il trasferimento doveva essere disposto nella “corrispondente” qualifica funzionale dei ruoli del personale INPDAP con decorrenza dalla data di stipula del contratto individuale di lavoro, sicchè, tenuto conto dell’obbligo dell’INPDAP di rispettare tale corrispondenza, e raffrontando le qualifiche dei due ordinamenti, non poteva dubitarsi che alla 5^ categoria – nella quale era originariamente inquadrato il B. quale dipendente dell’Ente Poste, poi confluita nell’Area operativa di cui al CCNL 1994/1997 – corrispondeva la qualifica funzionale di 6^ livello degli enti pubblici economici, poi confluita nella Area B, livello professionale B2.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPDAP affidandosi a tre motivi di ricorso cui resistono con controricorso B.L. e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il B. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del controricorso depositato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in quanto notificato solo a B.L., e non pure all’Istituto ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 370 c.p.c., secondo cui il controricorso va notificato al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso e, in mancanza di tale notificazione, la parte intimata può soltanto partecipare alla discussione orale.

1.- Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 102 e 106 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto carenti di legittimazione passiva la società Poste Italiane e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2.- Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 1321 e ss. c.c. – anche con riferimento al D.P.C.M. 18 ottobre 1999 e la D.P.C.M. 7 novembre 2000 – del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 1, 6 e 8 e L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, sul rilievo che l’inquadramento sarebbe stato operato in puntuale esecuzione dei D.P.C.M., che non lasciavano margini di discrezionalità. L’INPDAP avrebbe svolto, nella vicenda, un ruolo meramente esecutivo, attribuendo all’interessato il profilo professionale corrispondente all'”ultima qualifica funzionale posseduta presso l’INPDAP”. La ritenuta non corrispondenza dei due inquadramenti non sarebbe stata, comunque, adeguatamente motivata dalla Corte territoriale, che non avrebbe tenuto conto dell’iter dell’intera vicenda e delle declaratorie contrattuali. Il raffronto tra i due inquadramenti sarebbe già stato operato dal decreto e non vi sarebbe stata necessità di una ulteriore verifica, considerato anche i dipendenti, con la stipula del contratto individuale di lavoro, avevano accettato il disposto inquadramento.

3.- Con il terzo motivo si lamenta violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 e vizio di motivazione in relazione alla statuizione con la quale la Corte di merito avrebbe valutato direttamente, e non solo in via incidentale, la legittimità dell’atto amministrativo (il D.P.C.M.), sostituendosi all’Amministrazione in una valutazione di merito.

4.- I suindicati motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra loro, sono infondati. Le argomentazioni sulle quali si fonda la decisione della Corte territoriale sono infatti pienamente conformi ai principi recentemente stabiliti dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 503/2001, secondo cui “in tema di mobilità del personale, con riferimento al trasferimento del lavoratore dipendente dell’Ente Poste Italiane all’INPDAP, presso il quale già si trovava in posizione di comando, effettuato ai sensi del D.L. 12 maggio 1994, n. 163, art. 4, comma 2, convertito nella L. 11 luglio 1995, n. 273, verificandosi solo un fenomeno di modificazione soggettiva del rapporto medesimo assimilabile alla cessione del contratto, compete all’ente di destinazione l’esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti, senza che su tali profili possa operare autoritativamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui D.P.C.M. 7 novembre 2000 – atto avente natura amministrativa, in quanto proveniente da una autorità esterna al rapporto di lavoro – noti assolve alla funzione di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo all’esercizio di un siffatto potere, ma solamente a quella di dare attuazione alla mobilità (volontaria) tra pubbliche amministrazioni. Ne consegue che l’equiparazione della 6^ qualifica funzionale dell’Ente Poste Italiane all’area B, posizione economica B2, dell’INPDAP, contenuta nel citato D.P.C.M., non ha efficacia vincolante, dovendosi ritenere giuridicamente giustificata la verifica compiuta dal giudice di merito sulla correttezza dell’inquadramento spettante al lavoratore, sulla base dell’individuazione, nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile all’amministrazione di destinazione, della qualifica maggiormente corrispondente a quella di inquadramento prima del trasferimento”.

Nella motivazione della citata sentenza le sezioni unite hanno precisato che “non rileva valutare se nel D.P.C.M. 7 novembre 2000 si fosse inteso attribuire valore meramente descrittivo o vincolante alle specificazioni relative all’inquadramento dei dipendenti presso l’Inpdap, dato che in ogni caso le specificazioni al riguardo non potevano avere efficacia vincolante, per la (radicale) mancanza di potere al riguardo”, con la conseguenza che, al fine di contestare la correttezza dell’inquadramento attribuitogli dall’INPDAP, non sarebbe stato necessario che il lavoratore avesse dedotto specifici vizi dell’atto amministrativo riconducigli alle ipotesi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, per ottenerne la disapplicazione in senso tecnico, essendo sufficiente la deduzione della erroneità dell’inquadramento in relazione alla posizione ricoperta nella precedente fase del rapporto di lavoro e alla corretta individuazione della posizione corrispondente secondo la disciplina applicabile nell’ambito dell’amministrazione di destinazione. Ed hanno altresì rilevato che, a questi fini, tenuto conto della particolarità della vicenda relativa al trasferimento di lavoratori – ormai formalmente alle dipendenze di un ente pubblico economico – ad una pubblica amministrazione, doveva ritenersi che correttamente il giudice a quo avesse fatto riferimento all’inquadramento rivestito nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico dai dipendenti postali transitati alle dipendenze dell’INPDAP, dovendo considerarsi anche che tale criterio trovava ulteriore giustificazione nella maggiore omogeneità tra i criteri di inquadramento in vigore nell’ambito delle due amministrazioni pubbliche e nella circostanza della minore idoneità specificativa delle dilatate e meno numerose categorie di inquadramento introdotte dalla contrattazione collettiva dopo la privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti postali.

5.- Alla stregua dei suindicati principi giurisprudenziali, le censure svolte dal ricorrente si rivelano tutte prive di fondamento, e così in particolare quelle formulate in ordine al ruolo rivestito dall’ente nella vicenda in esame, alle diverse attribuzioni conferite dalla legge alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla natura del D.P.C.M., alla verifica compiuta dal giudice di merito circa la correttezza dell’inquadramento riconosciuto dall’INPDAP al B. ed ai criteri per stabilire il corretto inquadramento spettante al lavoratore.

Anche nel caso in esame la verifica dell’esatto inquadramento spettante al lavoratore è stata condotta dai giudici di merito facendo corretto riferimento all’inquadramento rivestito dal dipendente nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico dell’Ente Poste, tenuto conto della maggiore idoneità di tale criterio ad accertare la reale corrispondenza delle qualifiche attribuite al lavoratore nel vecchio e nel nuovo ordinamento. Del tutto generiche e prive di riscontro sono, infine, le critiche mosse dall’Istituto ricorrente in ordine alla ritenuta non corrispondenza tra le mansioni della 5^ categoria dei dipendenti postali e quelle dell’area B, posizione B1, dell’ordinamento INPDAP; anche perchè il ricorrente non ha riportato in ricorso il contenuto delle clausole dei contratti collettivi ai quali fa riferimento (con violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione), sicchè le censure espresse sullo specifico punto rimangono confinate ad una mera contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dalla Corte d’appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di motivazione di quest’ultima.

6.- Il ricorso deve essere pertanto respinto con la conferma della sentenza impugnata.

12.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei confronti del controricorrente. Non deve provvedersi in ordine alle spese nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tenuto conto della ritenuta inammissibilità del controricorso depositato da quest’ultima e della mancata partecipazione della stessa alla discussione orale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del resistente B. L., liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali; nulla per le spese nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2011

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