Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22694 del 19/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 19/10/2020), n.22694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 12104/2015, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Studio Associato Commercialisti C., T., L., in persona del

legale rapp.te, C.S., rappresentato e difeso,

dall’avv.to Leone Sebastiano, in virtù di procura in calce al

controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Banco di

Santo Spirito n. 48, presso l’avv.to d’Ottavi Augusto;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 858/16/15 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia, depositata in data 03/03/2015 e non

notificata.

Udita la relazione del Consigliere d’Angiolella Rosita svolta nella

camera di consiglio del 23 ottobre 2019.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

La CTR della Sicilia ha rigettato l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria contro la sentenza n. 137/2013 della CTP di Siracusa che aveva accolto il ricorso proposto dallo studio associato commercialistico C., T., L., avverso il rigetto dell’Amministrazione erariale della richiesta di rimborso dell’imposte IRPEF già versate per gli anni 1990, 1991 e 1992.

La CTR, superando l’eccezione dell’Ufficio, ha ritenuto che trattandosi di agevolazioni per i residenti in zone soggette al sisma del 1990 – a seguito dell’intervento legislativo di cui alla L. n.190 del 2014, art. 1, comma 665, il termine per la presentazione dell’istanza andava calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31 per cui le istanze potevano essere presentate fino al 1.3.2010.

L’Agenzia delle Entrate ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo, l’Amministrazione finanziaria deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e del D.Lgs. 3 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, secondo periodo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso invece presentata ben oltre cinque anni dalla data di entrata in vigore della L. n. 289 del 2002.

Col secondo motivo, la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE e regolamento CE n. 659 del 1999, art. 11, par. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver ritenuto la pregiudizialità necessaria dell’indagine avviata dalla commissione Europea e per non avere disposto di conseguenza la sospensione del giudizio.

Con il terzo, la ricorrente censura la nullità della sentenza per mancata disapplicazione dell’art. 295 c.p.c. nella parte in cui non consentirebbe la sospensione del giudizio pur in presenza di una procedura di indagine formale avviata dalla Commissione Europea, ed infine, con il quarto motivo, censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR errato a riconoscere al contribuente il diritto al rimborso delle imposte pur in presenza di attività di impresa.

Lo studio associato commercialistico ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, (Legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015) ha stabilito che “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’Ord. Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 …”. Tale disposizione è stata da questa Corte considerata quale norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data (primo marzo 2008) di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248 (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 22 luglio 2016, n. 15252; Cass. sez. 5, ord. 25 gennaio 2019, n. 2208).

Ne consegue che, poichè l’istanza di rimborso è stata presentata in data 27/02/2010, correttamente i giudici di secondo grado la hanno ritenuta tempestiva.

Passando all’esame degli altri motivi ricorso, in virtù del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la presente causa può essere decisa sulla base della questione posta col quarto motivo, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre censure. Tale questione, attiene al se il beneficio fiscale previsto dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, per i soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990 in Sicilia, sia applicabile in favore dei contribuenti che abbiano percepito redditi da partecipazione in uno studio associato (nel caso di specie, lo studio dei commercialisti C., T., L.).

La giurisprudenza di questa Corte, dopo alcuni arresti (v. Cass. n. 10084 del 2017) per i quali, ai sensi della citata legge, art. 1, comma 665, il diritto al rimborso del 90% delle imposte versate con l’eccezione di quanto pagato a titolo Iva, sarebbe spettato anche al contribuente libero professionista, recentemente si è assestata con un orientamento di segno contrario alla suddetta estensione (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 18106 del 2019; 30213 del 2018; 29483 del 2018, 26750 del 2018; 24376 del 2018; 19060 del 2018; 18246 del 2018; 16624 del 2018; 14328 del 2018, 13499 del 2018; 3070 del 2018).

Lo svolgimento di un’attività d’impresa costituisce, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, limite all’applicabilità del beneficio in esame, atteso che il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992, in misura superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’Ord. Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3”, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea”, anche perchè la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla L. n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’Iva, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.

Orbene, anche con riferimento al beneficio di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, la Commissione UE, con la decisione sopra richiamata (impugnata da una società siciliana dinanzi al Tribunale di primo grado UE, che l’ha confermata con sentenza del 26 gennaio 2018 e che, pertanto, è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante – Cass. n. 15354 del 2014 e n. 22377 del 2017), ha stabilito, in via generale, che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; (…) e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno, art. 108, paragrafo 3”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dei regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 della decisione) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione del regolamento (CE) n. 994/98, art. 1” (del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 (ora 87 e 88) del trattato che istituisce la Comunità Europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali) “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).

La Commissione UE ha precisato, a riguardo, che “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti, non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi, concessi nel quadro dello stesso regime, non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (p. 134 della “decisione”).

Le decisioni adottate dalla commissione Europea, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, sebbene siano prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono, in realtà, fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato e, quindi, vincolano il giudice nazionale rispetto ai giudizi oggetto della sua cognizione. Ne deriva che il giudice nazionale non può che dare attuazione al diritto comunitario anche attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso. In altri termini, la decisione della commissione Europea costituisce ius superveniens che deve essere rilevato ex officio dai giudici di secondo grado, ed in mancanza, deve essere esaminato in questa sede di legittimità.

Ciò posto, come già sopra anticipato, dirimente è per la controversia all’esame, l’individuazione della categoria dei soggetti che sono esclusi dal beneficio, posto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dalla forma giuridica di questa entità, costituendo attività economica qualsiasi attività che ha ad oggetto prestazioni di beni o servizi in un determinato mercato (cfr. Corte di Giustizia: 23/04/1991, Hofener & Helsen; 16/11/1995, Federation Francais des Societes d’assurance). Tale nozione di attività economica, d’altro canto, si raccorda sia con la normativa Europea (v. direttiva UE n. 2006/112/CE, artt. 9 e 51, , conf., direttiva UE, n. 77/388/CE, art. 4, secondo cui è soggetto passivo di imposta sul valore aggiunto chiunque esercita, in modo indipendente e da qualsiasi luogo, un’attività economica indipendentemente dallo scopo del risultato dell’attività), sia con la normativa Europea degli appalti pubblici, laddove stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore, prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere prodotti e servizi” (Direttiva UE n. 2004/18/CE, art. 1, p.8).

Di conseguenza, in base alla ricostruzione Eurounitaria della nozione d’impresa, ai fini del beneficio parola, senz’altro lo studio commercialistico contribuente esercita un’attività economica di impresa (cfr., per lo studio associato medico, Cass. n. 18106 del 2019).

Dando per assodato, quindi, lo svolgimento da parte dei contribuenti, facenti parte dello studio associato, di un’attività economica (nella specie, di tipo professionale), il giudice di merito dovrà verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. UE cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 TFUE, n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377 del 2017, cit.; conf. n. 29905 del 2017, cit.).

In difetto, il giudice di merito dovrà valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136 dec. cit.);il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (p. 148 dec. cit.); inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

Al riguardo, tenendo conto che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017 citata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello) e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono alle parti l’esibizione, in sede di rinvio, di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso, oltre Cass. n. 22377 del 2017, cfr., n. 29905 del 2017 e, da ultimo, n. 5923 del 2019, cit.).

Conclusivamente, il ricorso, fermo restando il rigetto del primo motivo, va accolto.

Alla stregua dei principi richiamati, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla competente CTR cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai citati principi di diritto, accertando se spettino o meno allo studio commercialistico contribuente le agevolazioni previste dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 9, non applicabili ai contribuenti esercenti attività di impresa, alla luce della decisione n. C-5549-final del 14/08/2015 della Commissione UE e, in particolare, se nella fattispecie ricorra l’ipotesi di un aiuto individuale idoneo a soddisfare le condizioni previste dai regolamenti UE sugli aiuti cd. de minimis, in ogni caso escludendo l’applicabilità in materia di Iva.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020

 

 

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