Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22693 del 19/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 19/10/2020), n.22693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 4941/2014, proposto da:

Agenzia dell’Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G.T., rappresentata e difesa dall’avv.to Filippucci Fabrizio

che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al

controricorso, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma,

alla Via Fulceri Paolucci dè Calboli n. 5;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 88/24/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia (di seguito per brevità CTR), depositata

in data 09/07/2013;

udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

camera di consiglio del 23 ottobre 2019;

 

Fatto

RITENUTO

Che:

Con sentenza n. 88/24/13, depositata il 09/07/2013, non notificata, la CTR della Lombardia accolse l’appello proposto da G.T. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Monza, che aveva invece accolto il ricorso della contribuente avverso gli avvisi di accertamento per l’anno 2005 e 2006, con i quali l’Ufficio aveva determinato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, il reddito imponibile per l’anno 2005, in Euro 166.581,34.

Avverso tale sentenza, l’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR rilevato la nullità degli avvisi di accertamento per mancanza del contraddittorio endoprocedimentale, nullità mai dedotta dalla contribuente e non rilevabile d’ufficio.

Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la nullità degli avvisi opposti per non essere stati preceduti dalla fase del contraddittorio amministrativo.

Con il terzo motivo, deduce la violazione, falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, degli artt. 2697,2727,2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver i secondi giudici erroneamente qualificato le presunzioni di possesso di reddito quali presunzioni semplici e non legali relative, argomentando sull’erroneo presupposto che trattavasi di avvisi non preceduti dalla fase del contraddittorio.

Col quarto motivo, deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 laddove afferma, in maniera generica e omissiva, che: “L’accertamento dell’ufficio è pieno di errori evidenziati dalla contribuente e riconosciuti dall’ufficio che rendono da soli inattendibile e dunque nullo l’atto impugnato”.

Con il quinto motivo, sii deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 42, avendo la CTR violato i principi generali dell’accertamento sintetico e del giudizio tributario, nella parte in cui ha considerato gli avvisi inattendibili senza prendere in considerazione alcun elemento concreto in base al quale sarebbe stato possibile verificare la infondatezza dell’accertamento.

Con il sesto motivo, deduce, in sostanza, l’omessa pronuncia del fatto decisivo per la controversia che il reddito sinteticamente accertabile a carico della contribuente per l’anno 2006 si discostasse di almeno un quarto da quello dichiarato.

Resiste con controricorso la contribuente, eccependo in via preliminare il difetto di procura speciale conferita dall’Agenzia delle entrate all’Avvocatura generale; nel merito, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso e dei motivi ivi dedotti per violazione del principio di autosufficienza, ne deduce la totale infondatezza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

L’eccezione preliminare formulata dalla controricorrente, di omessa indicazione della parte proponente il ricorso per cassazione, ed in particolare di omessa indicazione dell’Agenzia territoriale agente in giudizio, in violazione dell’art. 366 c.p.c., è priva di pregio.

La giurisprudenza di questa Corte da tempo afferma, che “tutti gli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate hanno la capacità di stare in giudizio, in via concorrente ed alternativa al direttore, e si configurano quali suoi organi, che ne hanno la rappresentanza, sicchè, anche in caso di azione (o evocazione) e costituzione in giudizio di un ufficio territoriale diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, non sussiste alcuna difetto di costituzione delle parti, nè è necessario disporre la rinnovazione della notifica, poichè tutto ciò che riguarda l’articolazione organizzativa interna dell’Agenzia fiscale è processualmente irrilevante, dovendo l’attività difensiva essere riferita all’Agenzia fiscale quale persona giuridica di diritto pubblico e non al singolo ufficio periferico.” (cfr. Sez. 6- 5, Decreto n. 19828 del 04/10/2016, Rv. 641257-01; adde, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1113 del 21/01/2015,Rv. 634160-01).

Egualmente priva di pregio è l’ulteriore eccezione preliminare, sollevata dalla controricorrente, di difetto della procura speciale alle liti e conseguente violazione dell’art. 365 c.p.c., atteso che “l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5, inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello “ius postulandi” (peraltro, non necessario quando il patrocinio dell’Agenzia delle entrate sia assunto dall’Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore.” (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 22434 del 04/11/2016, Rv. 641646 – 01).

L’esame dei motivi, richiede preliminarmente di traguardare la ratio decidendi della decisione impugnata.

La CTR ha così motivato l’accoglimento dell’appello della contribuente: “La Commissione Tributaria Regionale ritiene di dovere accogliere l’appello della contribuente per tre ordini di motivi. Il primo, in quanto la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità precisione concordanza non è per legge determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati -meri strumenti di ricostruzione per l’elaborazione statistica della normale redditività- ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell’accertamento con il contribuente. In tale sede quest’ultima ha l’onere di provare senza limitazione alcuna di mezzi di contenuto la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente (cassazione, sezioni unite sentenza n. 26635 del 2009). Il secondo, in quanto l’ufficio ha fondato l’accertamento solo sui calcoli parametrici senza alcun elemento aggiuntivo pur costituendo questa presunzione semplice. Il terzo, in quanto l’accertamento dell’ufficio è pieno di errori evidenziati dalla contribuente e riconosciuti dall’ufficio che rendono da soli inattendibile e quindi nullo l’atto impositivo. Le spese seguono la soccombenza vengono liquidate come da dispositivo”. Dalla lettura della motivazione, è evidente che la prima ratio decidendi (individuabile secondo l’ordine indicato dalla stessa stessa CTR) riguarda l’obbligatorietà del contraddittorio, avendo la CTR ricondotto l’accertamento standardizzato di cui al citato D.P.r., art. 38, alla procedura dell’accertamento sintetico e conseguentemente, avendo affermato che tale procedura consente all’Ufficio di avvalersi della prova presuntiva solo in esito al contraddittorio da attivarsi obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento. La seconda ratio, attiene, invece, al superamento della prova presuntiva di determinazione del reddito, ritenendo i secondi giudici che l’Ufficio non aveva dimostrato l’applicabilità in concreto degli indicatori prescelti e non aveva motivato le ragioni per le quali erano state disattese le contestazioni sollevate dalla contribuente. In tale ratio è compresa anche l’ulteriore argomentazione riguardante la grossolanità degli errori compiuti dall’ufficio, tali da rendere l’accertamento del tutto illegittimo.

Ciò posto, il primo motivo di ricorso risulta fondato e va accolto, previo assorbimento del secondo.

La fondatezza del primo motivo di ricorso, consegue alla prima ragione della decisione della sentenza impugnata, laddove la CTR, incorre nel vizio di ultra petizione, ravvisando la nullità degli avvisi per non essere stati preceduti dalla fase amministrativa del contraddittorio, il che, oltre ad esulare dal tipo di accertamento che interessa la controversia (che, si ripete, trova al sua fonte nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, cd. redditometro), non ha costituito oggetto di eccezione della parte interessata, la quale ha fondato le proprie difese sull’insufficienza ex sè degli indicatori di capacità contributiva.

In ogni caso, per mera completezza si evidenzia che in base agli esiti della giurisprudenza di questa Corte in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria, sia per i tributi armonizzati che per quelli non armonizzati, è, si, gravata dall’obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, ma sempre che esso risulti specificamente sancito (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 65245601, seguita da Sez. 5, Sentenza n. 22644 del 11/09/2019, Rv. 655048-01; v. altresì, Sez. U. n. 24823 del 2015, Rv. 637604 01; cfr. sez 6-5- n. 6219 del 2018, Rv. 647328-01; n. 27421 del 2018 Rv. 651437-01). Per l’accertamento sintetico di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, tale prescrizione è stata introdotta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti oggetto del presente ricorso, in quanto relativi a precedenti annualità, sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (cfr. Sez. 6 5, Ordinanza n. 11283 del 31/05/2016, Rv. 639865-01; n. 21041 del 2014 Rv. 632519 – 01).

I motivi terzo e quarto si esaminano congiuntamente, in quanto strettamente connessi, riguardando, il terzo, la verifica degli indici di capacità contributiva posti a base dell’accertamento e, quindi, le regole di riparto dell’onere probatorio (artt. 2697 e 2727-2729 c.c.), ed il quarto l’omessa motivazione sull’idoneità degli elementi probatori offerti in controprova a superare la determinazione induttiva del reddito. Essi sono fondati per i motivi di cui appresso. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi che regolano la prova presuntiva che accompagna la determinazione induttiva del reddito secondo la procedura di cui al citato D.P.R., art. 38 D.P.R..

Il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato che la disciplina del “redditometro” introduce una presunzione legale relativa imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni “l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicchè il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni.” (cfr. Cass. nn. Sez. 6-5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016, Rv. 640989-01; n. 21335 del 2015, Rv. 637006-01, n. 930 del 2016, Rv. 638706). In tal senso è stato soggiunto che, benchè l’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, resta individuata nei decreti, sìcchè l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ciò non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 21142 del 19/10/2016, Rv. 641453-01; n. 16912 del 2016, Rv. 64096801)

Questa Corte di Cassazione ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria offerta da contribuente per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente “sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere” (cfr. Cass. n. Sez. 6-

5, Ordinanza n. 12889 del 2018; n. 12207 del 2017; n. 1332 del 2016; n. 22944 del 2015; n14885 del 2015).

Venendo al caso all’esame, la CTR non ha fatto buon governo dei principi appena illustrati.

Ed invero, come ogni verifica che riguarda il metodo inferenziale, il giudice di secondo grado, era tenuto (liberamente) a valutare tanto l’applicabilità dei parametri al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente, non limitata dalle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo. Viceversa, nella specie, il giudizio espresso dai secondi giudici è completamente scevro dalla valutazione delle prove offerte dalla contribuente (riportate genericamente nella parte narrativa della sentenza quali “fatti” allegati nei motivi di appello), limitandosi i secondi giudici ad un laconico quanto generico rinvio alla grossolanità dell’accertamento (l’accertamento è pieno di errori), senza suffragare tale convincimento da alcun elemento concreto che abbia attinto al confronto tra gli indici di capacità contributiva e elementi a contrario. La CTR si limita a riportare in parte motiva le allegazioni della contribuente (di aver percepito dal 2000 al 2007 redditi sempre in crescita; nel 2005 di aver disinvestito somme per circa Euro 80.000; di aver permutato la sua vecchia imbarcazione ricevendone una somma di circa Euro 30.000,00, etc.), ma alcuna valutazione compie circa l’idoneità di tali elementi a superare gli indici applicati. Tanto meno, la sentenza dà conto di uno sforzo argomentativo in tal senso, limitandosi a motivare “che l’Ufficio ha fondato l’accertamento solo su calcoli parametricì…è pieno di errori evidenziati dalla contribuente e riconosciuti dall’Ufficio, che rendono da soli inattendibili e quindi nullo l’atto impositivo”.

In conclusione, in accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, perchè proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi su esposti; i giudici di rinvio sono tenuti a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020

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