Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22692 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 08/11/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 08/11/2016), n.22692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18924/2015 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 28,

presso lo studio dell’avvocato LUCA MORANI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANTONIO HECTOR PORZIO, giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 168/6/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO del 1/12/2014, depositata il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Prozio Antonio Hector difensore del ricorrente che

si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

L.R. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 168/06/2015, depositata in data 21/01/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso per maggiore IRPEF dovuta in relazione all’anno 2007, a seguito di rideterminazione in via sintetica del reddito imponibile, conseguente al riscontro del possesso di autovetture di lusso e della proprietà (al 50% con il coniuge) di quattro immobili, oltre ad incrementi patrimoniali correlati all’acquisto, nel 2011, di altro immobile, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame del L., hanno sostenuto, nel merito, che, da un lato, correttamente il giudice di primo grado, “con ampia ed esauriente motivazione” aveva rilevato come il contribuente non avesse “documentato nulla che potesse inficiare l’accertamento presuntivo effettuato dall’Ufficio” e, dall’altro lato, neppure in appello erano stati presentati “argomenti che inficiassero tale assunto”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e art. 61, art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, art. 111 Cost., comma 6, e art. 24 Cost., avendo i giudici della C.T.R. omesso di illustrare le critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado.

2. La censura è fondata.

La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. n. 16736/2007). Con riferimento alla tecnica della motivazione delle sentenze “per relationem”, questa Corte (Cass. 28113/2013) ha, da ultimo, ribadito che “in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame” (cfr. Cass. 7347/12).

Ora, in relazione al secondo motivo di appello, i giudici della C.T.R. si sono limitati ad affermare che il giudice di primo grado aveva espresso “ampia ed esauriente motivazione”, non avendo il contribuente “documentato nulla”, e che anche in appello non erano stati offerti “argomenti che inficiassero” l’assunto dell’Ufficio. Motivazioni queste del tutto generiche ed apodittiche che non lasciano trasparire se il giudice dell’appello abbia effettivamente preso in esame le specifiche lagnanze dell’appellato.

3. Quanto alla denuncia riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo è assorbito.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Lazio in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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