Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22691 del 02/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 02/11/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 02/11/2011), n.22691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10018/2010 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO 12,

presso lo studio dell’avvocato GIANNARINI MARIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato RICCA LUCIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA – S.A.I. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 17/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 17/04/2009 r.g.n. 10/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato RICCA LUCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.L. ha impugnato il licenziamento intimatogli dalla SAI spa per giustificato motivo oggettivo, consistente nella chiusura della succursale di (OMISSIS) alla quale era addetto il lavoratore e nella dedotta impossibilità di ricollocarlo in altra attività, assumendo che sarebbe stato invece possibile per la parte datoriale procedere ad una sua diversa collocazione nell’ambito dell’organizzazione aziendale, come del resto era avvenuto per altri dipendenti che rivestivano la sua stessa qualifica (ispettore di produzione).

Il Tribunale di Catania ha respinto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’appello della stessa città, che ha ritenuto la legittimità del licenziamento sul rilievo della sussistenza della ristrutturazione aziendale che aveva portato alla chiusura di tutte le succursali, ivi compresa quella di Catania, con la sostituzione della rete di vendita con il sistema delle agenzie a gestione libera e la soppressione del ruolo dell’ispettore di produzione nell’organigramma aziendale, ed ha reputato che il datore di lavoro avesse assolto l’onere di dimostrare l’impossibilità di utilizzare il dipendente in altre mansioni di carattere equivalente, o anche inferiore, anche perchè il lavoratore non aveva neppure prospettato la disponibilità ad essere reimpiegato in mansioni inferiori, come quelle di consulente del ramo vita, e comunque, nell’impossibilità di procedere ad un riassorbimento totale degli ispettori di produzione, doveva ritenersi legittima e non discriminatoria la scelta aziendale di adibire alcuni colleghi del lavoratore alle mansioni di consulente del ramo vita o di impiegato amministrativo in ragione delle loro specifiche attitudini professionali.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione S.L. affidandosi a quattro motivi di ricorso.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

iL ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., e osservazioni scritte sulle conclusioni del pubblico ministero.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla ritenuta eliminazione della struttura aziendale (OMISSIS), che la Corte territoriale ha ritenuto di argomentare sulla base delle considerazioni svolte in altra sentenza avente ad oggetto analoga fattispecie di licenziamento nell’ambito della succursale di (OMISSIS), ignorando tuttavia che dalla stessa decisione risultava che erano stati mantenuti in servizio altri dipendenti con la qualifica di consulente rame vita e di impiegato amministrativo e che un altro ispettore era stato riassunto con le mansioni di impiegato amministrativo.

2.- Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c., sul rilievo che, per quanto riguarda la circostanza della soppressione della gestione diretta della rete di vendita dei prodotti assicurativi della Sai nella Provincia di (OMISSIS), la Corte territoriale avrebbe fatto esclusivo riferimento all’accertamento operato dalla stessa Corte in altro giudizio, svoltosi tra parti diverse, giudizio nel quale, peraltro, detto accertamento non costituiva neppure l’oggetto specifico della materia del contendere.

3.- Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, L. n. 300 del 1970, art. 18, art. 2697 e ss. c.c. in relazione alla statuizione con la quale la Corte di merito avrebbe ritenuto che “la prova gravante sul datore di lavoro L. n. 604 del 1966, ex artt. 3 e 5 relativa alla impossibilità di adibire il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo sia limitata alle sole mansioni equivalenti intercorse identiche e non debba essere invece estesa anche alle ipotesi di mansioni diverse o anche inferiori … quando tale sottoutilizzazione rappresenti l’unico mezzo per salvare il mantenimento del posto di lavoro”.

4.- Con il quarto motivo si deduce l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla permanenza della struttura organizzativa dell’attività di vendita dei prodotti assicurativi della SAI nella piazza di (OMISSIS) dopo il 1997, inequivocabilmente dimostrata dalla concreta possibilità di reimpiego offerta dalla società ad altri dipendenti.

5.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Questa Corte ha ripetutamente affermato – cfr. ex plurimis Cass. n. 42/2009, Cass. n. 14972/2006 – che la valutazione delle risultanze probatorie, e con essa il controllo sulla loro attendibilità e concludenza, e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito e sono sindacabili in cassazione solo sotto il profilo della adeguata e congrua motivazione che sostiene la scelta nell’attribuire valore probatorio ad un elemento emergente dall’istruttoria piuttosto che ad un altro. In particolare, ai fini di una corretta decisione adeguatamente motivata, il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con la decisione adottata. E’ stato altresì precisato che, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, il giudice di merito può utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche fra altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse (Cass. n. 28855/2008, Cass. n. 11426/2006, Cass. n. 12422/2000, Cass. n. 12288/2000), e che la sentenza civile, oltre a produrre gli effetti propri del giudicato, può anche avere la diversa efficacia di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che formi oggetto dell’accertamento giudiziale; tale efficacia indiretta di prova documentale rispetto ai terzi che non furono parti nel giudizio può essere invocata da chi vi abbia interesse, spettando al giudice di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e sottoporla alla sua libera valutazione, anche in relazione ad altri elementi di giudizio presenti negli atti di causa (Cass. n. 23446/2009, Cass. n. 11682/2003).

6.- Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto di utilizzare, ai fini dell’accertamento della ristrutturazione aziendale concretatasi con la chiusura delle succursali SAI e la sostituzione della precedente organizzazione di vendita con il sistema delle agenzie a gestione libera, gli elementi evidenziati in altra pronuncia emessa dalla stessa Corte in una fattispecie concernente il licenziamento di altro dipendente della società, pure addetto alla succursale di Catania, rilevando che neppure l’appellante aveva posto in discussione il dato storico costituito dalla ristrutturazione aziendale realizzata dalla SAI con la chiusura di tutte le succursali, ivi compresa quella di (OMISSIS), e che la scelta organizzativa di impostare la rete di vendita con il sistema della agenzie a gestione libera, insindacabile sotto il profilo dell’opportunità e della congruità della scelta aziendale, costituiva di per sè valida ragione di giustificazione oggettiva del recesso “per l’evidente cessazione delle attività gestite direttamente dalla società nelle varie sedi periferiche – attività nella quali sono subentrati i singoli agenti, legati da rapporti di lavoro autonomo con la società, come è incontroverso – e quindi per la soppressione delle posizioni di lavoro del personale dipendente originariamente assegnato alle soppresse succursali” (salva la prova dell’impossibilità di utilizzare il dipendente in altre mansioni, alla quale era riservata altra parte della sentenza). Si tratta di una valutazione di fatto, devoluta, come detto, al giudice del merito e, in quanto tale, non censurabile nel giudizio di cassazione in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria; dovendo rimarcarsi, al riguardo, che, come questa Corte ha costantemente ribadito, il controllo sulla motivazione non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sentenza impugnata può giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice di merito – poichè in questo caso il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dello stesso giudice di merito, che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione – ma solo in caso di motivazione contraddittoria o talmente lacunosa da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto alla base della decisione (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 18885/2008, Cass. n. 6064/2008).

7.- Il terzo motivo, con il quale si contesta alla Corte di merito di aver ritenuto che la prova relativa all’esistenza del giustificato motivo oggettivo sia limitata alla sola impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti, e non anche a mansioni diverse o inferiori, quando ciò rappresenti l’unico mezzo per salvaguardare il mantenimento del posto di lavoro, è inammissibile perchè non investe specificamente l’effettiva ratio decidendi posta alla base della decisione impugnata, e cioè quella costituita dall’affermazione secondo cui lo S. non avrebbe neppure prospettato la disponibilità ad un reimpiego in mansioni inferiori, nonchè le argomentazioni svolte dal giudice d’appello in punto di legittimità della scelta aziendale di ricollocare in altre posizioni impiegatizie solo alcuni degli ispettori di produzione addetti alla succursale di Catania in ragione del loro specifico curriculum professionale, cui si ricollega coerentemente il rilievo (espresso a pag. 8 della sentenza impugnata) che “in ogni caso, non risulta provato che all’atto del licenziamento dello S. fossero disponibili posizioni di lavoro di consulente ramo vita ovvero di impiegato amministrativo non attribuite a soggetti con tale qualifica”.

8.- Il quarto motivo, con il quale si contesta ai giudici di merito di non aver tenuto conto degli elementi probatori relativi alla concreta possibilità di reimpiego offerta ad altri dipendenti, resta assorbito dal rigetto del terzo.

9.- Le considerazioni da ultimo svolte rendono conto della sostanziale concordanza, rispetto a quanto emerso nel presente giudizio, del dato fattuale che risulta dalle considerazioni espresse da questa Corte nella sentenza n. 6625/2001 – richiamata dal ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., – relativamente all’esistenza o meno di altre posizioni di lavoro alle quali avrebbero potuto essere assegnati i lavoratori licenziati (anche nel caso esaminato nella citata sentenza risulta, infatti, che alcuni lavoratori “poterono conservare il rapporto di lavoro subordinato con il passaggio al settore amministrativo o con la trasformazione in “consulente a vita”) e, al tempo stesso, della inutilizzabilità, in questo giudizio, delle conclusioni cui è pervenuta la suddetta sentenza, considerato che, in quel caso, era stato proposto al lavoratore, come alternativa al licenziamento, un’attività di sub- agente, sicchè del tutto condivisibilmente questa S.C. ha ritenuto, con la stessa sentenza, che “l’onere della prova, a carico del datore di lavoro, della impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata … in un contesto in cui agli altri dipendenti vengono offerte più valide alternative, non può essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un’attività di natura non subordinata, ma autonoma, esterna all’azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, come quella di sub-agente”.

10.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto con la conferma della sentenza impugnata, dovendosi ritenere assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

11.- Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di cassazione stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2011

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