Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22686 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/08/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 11/08/2021), n.22686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2855-2020 proposto da:

M.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2218/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/05/2019 R.G.N. 437/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 30 maggio 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da M.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte ha valutato il narrato del richiedente asilo, che aveva dichiarato “di avere abbandonato il proprio paese, perché sospettato di essere omosessuale e tradotto in carcere con tale accusa”, giudicandolo “inverosimile, contraddittorio e non verificabile”, argomentando poi che, poiché il M. aveva dichiarato “di non essere omosessuale”, “non si comprende quale sia il rischio concreto ed attuale che gli deriverebbe dal rimpatrio”; quanto al riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la Corte ha escluso che nel luogo di provenienza dell’istante vi fosse una situazione di violenza indiscriminata per un conflitto armato interno o internazionale sulla scorta di fonti internazionali indicate; circa la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, la Corte non ha ravvisato una situazione di vulnerabilità soggettiva, in mancanza di allegazioni;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 3 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a e comma 4, per avere la Corte veneta negato la protezione richiesta, senza considerare che in (OMISSIS) le relazioni omossessuali sono punite come reato con pene severe fino all’ergastolo e che la circostanza che il M. abbia dichiarato di non esserlo non esclude che il fatto di essere stato invece accusato di esserlo non rilevi in caso di rientro in patria;

il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. b, per non avere i giudici d’appello tenuto adeguatamente conto delle dichiarazioni del M. e del rischio da questi corso, in caso di rientro forzoso, di persecuzioni o danni gravi, in relazione all’accusa di omosessualità;

2. i due motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono fondati;

questa Corte (Cass. n. 2875 del 2018) infatti ha osservato come, ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, non sia necessario che le accuse siano fondate e che quindi l’omosessualità debba sussistere, rilevando esclusivamente che quelle accuse siano state formulate e pertanto il soggetto sia esposto al rischio di persecuzione, potendo comunque subire le pene previste per via della sua condizione, supposta o reale, per cui oggetto dell’accertamento giudiziario è l’esistenza delle accuse, non dell’omosessualità; invero, in tema di protezione internazionale, posto che l’autorità amministrativa e il giudice di merito svolgono un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, con possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, ove il richiedente adduca il rischio di persecuzione, al fine di ottenere lo “status” di rifugiato, o il danno grave, ai fini della protezione sussidiaria, il giudice non deve valutare nel merito la sussistenza o meno del fatto, ossia la fondatezza dell’accusa, ma deve invece accertare, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 2 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), se tale accusa sia reale, cioè effettivamente rivolta al richiedente nel suo Paese, e dunque suscettibile di rendere attuale il rischio di persecuzione o di danno grave in relazione alle conseguenze possibili secondo l’ordinamento straniero (nella specie la Corte ha cassato con rinvio la sentenza d’appello impugnata, in una fattispecie relativa a cittadino del (OMISSIS) accusato di omosessualità, punita da quell’ordinamento con pene gravissime quali tortura, ergastolo, decapitazione)” (più di recente v. Cass. n. 7438 del 2020);

3. il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 per avere la Corte territoriale negato la protezione sussidiaria, senza valutare adeguatamente la situazione della regione di provenienza del richiedente protezione;

la censura è inammissibile in quanto la Corte, citando fonti internazionali attendibili (pag. 5) ha accertato in fatto che nella regione di provenienza dell’istante non fosse in atto una situazione assimilabile a quella di un conflitto armato generatore di violenza indiscriminata; lo stabilire se tale accertamento sia corretto o meno è questione di fatto, come tale incensurabile in questa sede se non evidenziando l’omesso esame di un fatto decisivo o la manifesta irrazionalità della decisione, censure neanche prospettate dall’odierno ricorrente (di recente: Cass. n. 6897 del 2020); in realtà chi ricorre si limita a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perché si esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e si invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (da ultimo, tra molte, v. Cass. n. 2563 del 2020);

4. conclusivamente, dichiarato inammissibile il terzo mezzo, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, con cassazione del provvedimento impugnato in relazione ad essi, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo a nuovo esame ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e invia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

 

 

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