Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22686 del 02/11/2011

Cassazione civile sez. un., 02/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 02/11/2011), n.22686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. LUPI Fernando – Presidente di Sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CHIARINI Margherita – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della Corte di cassazione, rappresentato e difeso per procura in atti

dall’avv. Davide Vinci;

– ricorrente –

nei confronti di:

Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Mantova;

-intimato –

per la cassazione della decisione n. 117/2010, depositata il

22/10/2010 dal Consiglio nazionale forense;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Relatore Cons. Francesco Tirelli;

Udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona

dell’Avvocato Generale dott. CENICCOLA Raffaele, il quale ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

LA CORTE

rilevato che in data 8/9/2009 il dr. T.A. ha presentato domanda d’iscrizione all’albo degli Avvocati di Mantova, giustificando la propria richiesta con il fatto di aver esercitato per ben 14 anni le funzioni di giudice di pace a Mantova;

che il Consiglio dell’Ordine ha, però, rigettato l’istanza perchè la legge professionale non consentiva l’iscrizione a tutti i magistrati, anche se onorari, ma soltanto a quelli professionali che avessero fatto parte per almeno cinque anni dell’Ordine giudiziario;

che il dr. T. ha presentato allora ricorso al Consiglio nazionale forense, che con la decisione in epigrafe indicata l’ha dichiarato inammissibile perchè redatto e sottoscritto dall’interessato in proprio senza la rappresentanza e l’assistenza di un difensore abilitato;

che il T. ha impugnato per cassazione, deducendo con il primo motivo la nullità della decisione per difetto di motivazione, in quanto il Consiglio nazionale si era limitato a richiamare due sue precedenti pronunce senza spiegare minimamente le ragioni per le quali la presentazione del ricorso in proprio doveva considerarsi inammissibile; che con il secondo motivo il ricorrente ha invece dedotto la violazione e/o falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 31 perchè dato anche il coinvolgimento diretto del Consiglio nazionale e lo “stesso assetto cui il (medesimo) si riporta(va)”, quello in materia d’iscrizione all’albo non poteva essere riguardato come un rimedio giurisdizionale, ma come una sorta di ricorso gerarchico improprio per il quale “l’ordinamento non prevede(va) la necessità del patrocinio legale”;

che con il terzo ed il quarto motivo, il dr. T. ha infine dedotto la violazione della L. 21 novembre 1991, n. 374, art. 5 e del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 26 in quanto sia il Consiglio locale che quello nazionale avrebbero dovuto riconoscergli il possesso del requisito necessario per l’iscrizione all’albo e, cioè, di quell’adeguata preparazione giuridica la cui sussistenza era stata, del resto, già riscontrata dai competenti organi in occasione del (duplice) rinnovo dell’incarico di giudice di pace; che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Mantova non ha svolto attività difensiva;

che invece il PG è intervenuto in udienza, concludendo per il rigetto del ricorso;

che il primo motivo è infondato perchè premesso in ogni caso che l’obbligo della motivazione sussiste solo con riferimento alla valutazione dei fatti e non alla decisione delle questioni giuridiche, la cui fondatezza non dipende dalle ragioni addotte dal giudice, ma dal contenuto e dalla portata della normativa di riferimento, a fronte della quale può essere, perciò, solo giusta o sbagliata, ma non scarsamente od erroneamente motivata, resta comunque indubbio che, nel concreto, il Consiglio nazionale non si è affatto limitato a dichiarare la inammissibilità del ricorso, ma ne ha offerto anche la spiegazione, ribadendo al riguardo quanto già stabilito in precedenza, ovverosia che per difendersi personalmente occorreva quello ius postulandi che soltanto l’iscrizione all’Albo poteva conferire;

che ugualmente infondato è anche il secondo motivo, perchè oltre ad essere concordemente riconosciuto sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza (v. da ultimo in tal senso C. cass. n. 11564 del 2011), il carattere giurisdizionale del procedimento davanti al Consiglio nazionale forense è anche inequivocabilmente confermato dalla legge professionale, che proprio per tale ragione ammette contro le relative decisioni il ricorso alle Sezioni Unite sia per quanto riguarda la materia disciplinare che quella dell’iscrizione agli Albi; che la statuizione adottata nel caso di specie dal Consiglio nazionale forense risulta, poi, conforme alla legge pure nella parte in cui ha subordinato l’ammissibilità della difesa personale all’iscrizione dell’interessato nell’Albo degli avvocati;

che anche questa Corte ha, infatti, da tempo stabilito che in materia disciplinare, non tutti gli incolpati possono difendersi da soli davanti al Consiglio nazionale ed alle Sezioni Unite, in quanto seppure non è necessaria l’iscrizione nell’albo speciale dei cassazionisti, occorre almeno quella nell’albo degli avvocati, dato che in mancanza di quest’ultima non si può avere quello ius postulandi che invece è indispensabile per stare in giudizio di persona (C. cass. nn. 7399 del 1998, 528 del 2000, 3598 del 2003 e 19358 del 2003); che partendo da tale presupposto, è stata pertanto esclusa l’ammissibilità del ricorso sottoscritto dal solo praticante avvocato, aggiungendosi che tale disparità di trattamento non determinava alcun vulnus degli artt. 3 e 24 Cost. stante la diversità di posizioni e di disciplina giuridica, a sua volta giustificata dalla differenza dei rispettivi titoli professionali e del percorso per accedervi che, assicurando una maggiore formazione degli avvocati, garantiva, oltretutto, ai praticante un più efficace esercizio del diritto di difesa (v. C. cass. nn. 3598 e 19358 del 2003); che gli stessi principi sono stati affermati pure in materia d’iscrizione all’albo da C. cass. nn. 11227 del 1994, 10940 del 1995, 257 del 2003 e 3396 del 2008; che la riconosciuta infondatezza dei primi due motivi comporta i rigetto del ricorso con assorbimento dei restanti due mezzi relativi al merito della vicenda;

che non occorre provvedere sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Mantova e la qualità di parte in senso solo formale del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione.

P.Q.M.

La Corte a Sezioni Unite, rigetta i ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2011

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