Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22684 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.27/09/2017),  n. 22684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11754-2013 proposto da:

M.P., ME.AD., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato CARLO RIENZI, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1671/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del,19/07/2017 dal, Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 6 dicembre 2012, la Corte di Appello di Milano ha ritenuto la legittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro intercorsi fra Me.Ad. e M.P. – quali docenti – con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed ha respinto le domande di risarcimento del danno e di riconoscimento della anzianità di servizio ai fini della equiparazione stipendiale ai docenti assunti a tempo indeterminato;

che per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso il Me. ed il M. a tre motivi cui resiste il MIUR con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis C.P.C., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. con quale si insiste per l’accoglimento del ricorso, in particolare del terzo motivo;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della Direttiva del Consiglio 1999/70/CE del 28 giugno 1999, nonchè del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7, 10) delle considerazioni generali dell’Accordo Quadro CES-UNICE-CEEP, della clausola 1, lettera b, della clausola 2, punto 1), della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE – CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e allegato alla,direttiva comunitaria 1999/70/CE; violazione c/o falsa,applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1,4,5 (commi 4 e 4 bis), 10, 11, anche in combinato disposto con la L. 4 giugno 1999, n. 124, art. 4” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto l’impugnata sentenza, in palese elusione delle norme di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001 applicabili alla fattispecie in esame, si era limitata a richiamare il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 senza considerare che, una volta accertata la illegittimità della reiterazione, doveva essere disposta la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato, essendo il personale da immettere definitivamente nei ruoli del Ministero individuato sulla base della posizione rivestita nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle supplenze annuali sicchè, nell’ambito scolastico, alla pronuncia di conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico concorso dal quale il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria, prescindeva;

– con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della Direttiva 1999/79/Cl cit., della clausola 1, lettera b, della clausola 2, punto 1), delle clausole 4 e 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE – CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, del D.Lgs. n. 369 del 2001, artt. 1, 4 e 5 nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non ricorrendo nel caso in esame – contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale – alcuno dei presupposti richiesti dalla normativa interna e da quella comunitaria per una legittima apposizione del termine (specifiche ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo, sostitutivo indicate in modo chiaro e sufficientemente specifico nel contratto e la cui ricorrenza in concreto deve essere provata dal datore di lavoro; il rispetto del limite temporale di durata – non superiore ai trentasei,mesi – e, quindi, la temporaneità delle esigenze che con il contratto a termine si intendono soddisfare). Si sollevano, quindi, “eccezioni di illegittimità costituzionale e comunitaria del D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, e della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 violazione degli artt. 3,4,11 e 117 Cost.”;

– con il terzo motivo viene dedotta violazione c/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 con riferimento alla clausola 4 nonchè alla clausola 8, n.3, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalla direttiva 1999/70/CE e violazione e falsa applicazione del principio di non discriminazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la Corte di Appello aveva negato il riconoscimento del diritto ad una piena anzianità di servizio, assumendosi che il principio di non discriminazione, come riconosciuto) dalla Corte di Giustizia, fa parte dell’ordinamento e del diritto comunitario e che, nella specie, rispondendo le assunzioni ad una precisa programmazione, non vi erano ragione obiettive che potessero escluderne l’applicazione, atteso che a parità di mansioni doveva attuarsi un adeguamento stipendiale parametrato all’anzianità di servizio prestata, non potendo la natura temporanea del rapporto di lavoro giustificare trattamenti differenziati;

che le questioni oggetto dei primi due motivi sono già state. scrutinate da questa Corte nelle decisioni del 2016 nn. da 22552 a 22557, 23534, 23533 e da numerose altre successive, in relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame ed ai principi affermati in dette pronunce va data continuità e va, pertanto, ribadito che:

– A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità.

– B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”.

– C. Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

– D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1 realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

– Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali.

– F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

– G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

– H. Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

che, pertanto, in applicazione dei predetti principi alla fattispecie in esame si rileva che per gli attuali ricorrenti non è configurabile alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine in quanto le assunzioni ebbero ad oggetto supplenze temporanee e supplenze su posti di “organico di fatto”, nè risulta, poi, che i predetti abbiano allegato che vi fu nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico) di fatto un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio e nemmeno che abbia allegato e provato circostanze concrete atte a dimostrare che negli Istituti in cui la prestazione fu eseguita non sussisteva un’effettiva esigenza temporanea;

che, peraltro, – le questioni di illegittimità costituzionale sollevate risultano ormai superate dalle pronunce della Corte Costituzionale, della CGUE e dallo ius superveniens costituito dalla L. 23 luglio 2015, n. 107 intervenuti successivamente alla proposizione del ricorso in esame;

che, invece, la censura di cui al terzo motivo è fondata in quanto la sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, si pone in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.”;

che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accorcio Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il controricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c. integralmente condivise dal Collegio;

che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del relatore, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo, l’impugnata sentenza cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione che deciderà in ossequio ai summenzionati principi e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte, accoglie terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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