Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22676 del 25/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 25/09/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 25/09/2018), n.22676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11977-2016 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO

BONI 15, presso lo studio dell’avvocato ELENA SAMBATARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPA RESTIVO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

R.A.P. – RISORSE AMBIENTE PALERMO S.P.A., domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CONCETTA CODIGLIONE,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il OV/03/2016 R.G.N. 1144/2015;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

Che la Corte di appello di Palermo con la sentenza n. 289/2016 emessa in sede di procedimento L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 47 e segg. riformando la sentenza del tribunale della stessa sede, aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento intimato da Risorse Ambiente Palermo (RAP) spa nei confronti di A.G.;

che la Corte territoriale aveva preliminarmente disatteso l’eccezione di inammissibilità del reclamo sollevata dal lavoratore, ritenendo inapplicabile la disciplina dell’art. 434 c.p.c. al reclamo e comunque chiaramente enucleati nello stesso i motivi specifici di impugnazione;

che aveva invece ritenuto violato da parte dell’ A. il dovere di custodia dei locali, mobili macchinari ed attrezzature, cui era tenuto in ragione delle mansioni di addetto alla distribuzione del carburante a lui assegnate, in occasione di tre operazione di prelievo illegittimo del carburante effettuato da altri dipendenti, rispetto al quale alcun intervento impeditivo era stato effettuato dall’ A., pur presente;

che la società aveva altresì contestato al dipendente il concorso nell’attività fraudolenta;

che avverso la suddetta decisione l’ A. proponeva ricorso affidandolo a quattro motivi ed a successiva memoria, cui resisteva la società RAP spa con controricorso, nel quale eccepiva la inammissibilità ed improcedibilità del ricorso per cassazione per difetto di procura speciale, ed ulteriore inammissibilità ed improcedibilità dello stesso per mancata indicazione degli atti processuali e documenti su cui si fonda;

che venivano altresì depositate conclusioni da parte del pubblico Ministero ex art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

1)- che preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione del controricorrente sul difetto della procura speciale, ritenuta generica, in quanto, come già affermato da questa Corte, “L’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’attribuire alla parte la facoltà di apporre la procura in calce o a margine di specifici e tipici atti del processo, fonda la presunzione che il mandato così conferito abbia effettiva attinenza al grado o alla fase del giudizio cui l’atto che lo contiene inerisce, per cui la procura per il giudizio di cassazione rilasciata in calce o a margine del ricorso, in quanto corpo unico con tale atto, garantisce il requisito della specialità del mandato al difensore, al quale, quando privo di data, deve intendersi estesa quella del ricorso stesso, senza che rilevi l’eventuale formulazione genericamente omnicomprensiva (ma contenente comunque il riferimento anche alla fase di cassazione) dei poteri attribuiti al difensore, tanto più ove il collegamento tra la procura e il ricorso per cassazione sia reso esplicito attraverso il richiamo ad essa nell’intestazione dell’atto di gravame” (Cass. n. 15538/2015).

Nel caso in esame lo specifico richiamo al procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, inserito nella procura in calce al ricorso, ne evidenzia la validità.

2)- che con il primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 434 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, per aver, la Corte territoriale, ritenuto non applicabile la disciplina della norma richiamata con riguardo ai requisiti del ricorso medesimo.

Deve rilevarsi al riguardo che la Corte territoriale ha fondato la valutazione circa la dedotta inammissibilità del reclamo, non soltanto sulla non applicabilità dell’art. 434 c.p.c. al rito speciale, ma anche alla chiarezza e sufficienza dei motivi enucleati in ricorso, sicchè alcun rilievo assume la doglianza odierna rispetto ad una valutazione siffatta del giudice di merito. Il motivo è infondato;

3)- che con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver, la Corte, fondato la valutazione della condotta del lavoratore solo con riguardo all’obbligo di custodia, non considerando che la originaria contestazione dell’addebito, nonchè il verbale di arresto, riguardava condotte commissive del lavoratore e non omissive, ed aveva così introdotto in giudizio elementi estranei alla contestazione.

Il motivo risulta prima ancora inammissibile oltre che infondato.

Parte ricorrente, nel censurare la valutazione della corte territoriale in riferimento alla contestazione ed al verbale di arresto, non inserisce nel ricorso i detti documenti, così violando il principio di autosufficienza e non consentendo l’esame delle ragioni dedotte. Peraltro lamentando la valutazione della Corte, richiama le “condotte poste in essere dal ricorrente nell’area carburante dell’autoparco RAP la mattina del 17.12.2013 a partire dalle 7.00 circa e sino al suo arresto”, ritenendo che tale inciso si riferisca solo a comportamenti commissivi.

In realtà lo stesso senso letterale delle parole usate nella contestazione, per come riportata dallo stesso ricorrente, evidenzia il riferimento a tutti i comportamenti del dipendente in un dato posto ed in un dato arco temporale, sicchè non possono certo escludersi i doveri di custodia cui lo stesso era tenuto. Il motivo risulta quindi anche infondato;

4)- che con il terzo motivo è denunciata la violazione degli artt. 2104 e 2106 c.c., per non aver, il giudice d’appello, considerato e valutato la natura della prestazione del lavoratore e la qualifica rivestita, al fine di accertare la consapevolezza dello stesso in ordine alla illiceità dei fatti cui assisteva, rientranti in una prassi aziendale.

Il motivo riguarda la valutazione del giudice del merito sulla individuazione degli elementi di responsabilità del ricorrente e risulta quindi inammissibile perchè diretto a invocare una nuova valutazione dei fatti non proponibile in questa sede;

5)- che con il quarto motivo è censurata la violazione dell’art. 66, comma 1, lett. b, f, g, i, art. 68, commi 1 e 3 del CCNL servizi ambientali di federambiente ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere, la Corte, inflitto la sanzione del licenziamento in difformità dalla previsione contrattuale sulle fattispecie generative della massima sanzione espulsiva.

Il motivo risulta inammissibile in quanto non risulta indicazione in ricorso dell’avvenuto deposito del ccnl richiamato e neppure delle disposizioni invocate. Questa Corte ha precisato che “L’onere di deposito degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o degli accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso, sancito, a pena di sua improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ed applicabile anche in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, è soddisfatto: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, mediante il deposito di quest’ultimo, specificandosi, altresì, nel ricorso l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile; b) se il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che lo stesso è depositato nel relativo fascicolo del giudizio di merito, benchè, cautelativamente, ne sia opportuna la produzione per il caso in cui quella controparte non si costituisca in sede di legittimità o la faccia senza depositare il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso, oppure attinente alla fondatezza di quest’ultimo e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante il suo deposito, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso”. (Cass. SU n. 25038/2013; conf. Cass. n. 27745/2017);

che parte ricorrente non ha indicato quale delle suddette circostanze ricorresse nel caso di specie.

Il ricorso deve essere rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2018

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